Vallese

Blatten, «le radici superano la paura»

Nonostante un maggiore ottimismo da parte degli esperti, gli abitanti dei villaggi minacciati vivono giornate con il fiato sospeso – La presidente della Conferenza dei Governi dei Cantoni alpini Carmelia Maissen: «I tagli previsti dalla Confederazione sulle zone montane sono sbagliati»
© JEAN-CHRISTOPHE BOTT

Si continua a guardare verso l’alto, nella Lötschental. Al cielo, perché le precipitazioni potrebbero far pericolosamente alzare il livello del lago formatosi a monte della frana, ma anche alla gigantesca massa di detriti che si è depositata a Blatten e che in alcuni punti supera addirittura i 100 metri di altezza. Il timore è che la frana - composta da sei milioni di metri cubi di ghiaia e da tre milioni di metri cubi di ghiaccio - possa non tenere nel caso in cui il ghiaccio dovesse sciogliersi. «Se si verificassero più eventi contemporaneamente, dovremmo evacuare i villaggi di Gampel e Steg», ha in effetti spiegato Raphaël Mayoraz, responsabile del Servizio dei pericoli naturali del Canton Vallese. Proprio gli abitanti dei due villaggi a valle stanno vivendo giorni di interminabile attesa. Venerdì, le autorità avevano raccomandato alla popolazione di tenersi pronta a evacuare, invitandola a organizzare in anticipo un alloggio al sicuro, fuori dal perimetro di Gampel e Steg. Lo stato di allerta, con la montagna in movimento, potrebbe protrarsi ancora. E, malgrado gli esperti siano cautamente ottimisti, per la popolazione locale significa dover vivere ogni giorno con il timore di essere costretti a lasciare la propria casa e la propria vita. Oltretutto, senza sapere se e quando sarà possibile fare ritorno.

Il peso di chi resta

«L’incertezza e l’insicurezza sono un grande peso per la popolazione colpita», spiega in proposito Carmelia Maissen, presidente della Conferenza dei Governi dei Cantoni alpini e consigliera di Stato grigionese a capo del Dipartimento infrastrutture, energia e mobilità. Secondo Maissen, vista la situazione fragile, «è importante prepararsi allo scenario peggiore, avere in valigia l’essenziale e tenersi regolarmente informati». A spaventare la popolazione locale, però, non è solo il rischio di essere chiamati a lasciare le proprie case all’improvviso. A pesare, e molto, sono anche le incognite sul futuro. Sarà davvero possibile ricostruire Blatten, oppure questi territori sono destinati a rimanere abbandonati? «Non sono in grado di giudicare come verrà valutata in futuro la situazione di pericolo nella regione, e quali misure di protezione siano necessarie e possibili per garantire che la vita nella Lötschental sia di nuovo sicura», premette Maissen. «Tuttavia, non ci sarà mai una sicurezza al cento per cento da nessuna parte. Questo era già un dato di fatto in passato. In montagna, si deve convivere con i rischi naturali. E le persone che vi abitano lo sanno bene». Non a caso, secondo la presidente della Conferenza dei Governi dei Cantoni alpini non c’è correlazione tra lo spopolamento delle zone più discoste e il timore per i fenomeni estremi che, via via con maggiore intensità, si stanno abbattendo sulla Svizzera. «La migrazione verso le città - dice - non è dovuta a frane o colate detritiche, ma ha cause completamente diverse». Anzi, «l’esperienza dimostra che la maggior parte della popolazione di montagna colpita dai rischi naturali vuole rimanere nell’area, anche quando si delinea un trasferimento definitivo». A prevalere, per chi abita un luogo, nonostante questo venga considerato non più sicuro, è l’attaccamento emotivo. «E questo legame, nella popolazione di montagna verso i propri villaggi e le proprie valli, è molto forte». Senza dimenticare poi i risvolti più pratici. Nel caso di un massiccio spopolamento delle valli alpine, «chi si occuperebbe delle foreste protettive, della manutenzione delle infrastrutture di trasporto, ad esempio sull’asse nord-sud, o della manutenzione delle dighe per la produzione di energia elettrica?».

Adattamento e prevenzione

Quel che è certo, è che - complice il cambiamento climatico - intere aree che fino a pochi anni fa non erano considerate a rischio, oggi si trovano a fare i conti con smottamenti, alluvioni ed eventi estremi. «Le mappe dei pericoli - spiega in proposito Maissen - vengono costantemente aggiornate e integrate con le ultime scoperte, comprese quelle sui cambiamenti climatici. Su questa base vengono implementate o ampliate le misure di protezione». Il riscaldamento globale, tuttavia, «è una sfida globale che non può essere risolta solo dalla Svizzera. Dobbiamo quindi adattarci alle mutate condizioni. E da questo punto di vista, la popolazione di montagna ha una grande esperienza in fatto di adattamento». Tuttavia, osserva la presidente, un importante compito spetta alla politica. E qui, Maissen non ha dubbi: «La Confederazione non dovrebbe tagliare ciò che sta facendo attualmente. Il pacchetto di misure di risparmio che Berna intende applicare dal 2027 prevede ampi tagli nel settore ambientale. Tagli che avranno un impatto particolarmente grave sulle regioni montane e sulla protezione a lungo termine contro i pericoli naturali. Risparmiare in questo ambito è l’approccio sbagliato». Anche perché «essendo un Paese ricco, con una lunga tradizione di ricerca e molta innovazione tecnica, negli ultimi decenni la Svizzera è riuscita a costruire un buon sistema di protezione e prevenzione dei rischi naturali». Un patrimonio di conoscenze che il nostro Paese non può permettersi di perdere.

Dalla perequazione all’aiuto allo sviluppo: idee per trovare fondi

«I nostri pensieri sono rivolti a tutti i residenti e alla famiglia del pastore ancora disperso. Siamo con voi e potete contare su di noi». Con queste parole, in apertura di sessione, la presidente del Nazionale Maja Riniker (PLR) ha voluto testimoniare la vicinanza delle Camere alla popolazione della Lötschental colpita dalla catastrofe. «La natura non ha portato via solo case e strade, ma anche beni, ricordi, tutto ciò che le persone avevano di caro» ha detto la prima cittadina svizzera. Ma il caso è giunto in Parlamento anche sotto forma di richieste concrete di intervento a sostegno della regione. Atti parlamentari e domande saranno inoltrati formalmente in questi giorni. Richieste che andranno ad aggiungersi a quella già presentata lo scorso settembre dal consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Centro) per la creazione di un fondo dedicato alla gestione delle emergenze causate da catastrofi naturali .«È inutile continuare a nascondere la testa sotto la sabbia», aveva dichiarato sabato il «senatore» al CdT. «Eventi simili saranno sempre più frequenti. Lo dicono gli esperti». Lo scopo del fondo è di garantire le necessarie risorse per indennizzare rapidamente ed efficacemente le comunità colpite. Di fronte a tragedie simili occorre evitare, come avvenuto per la Vallemaggia, «di dover andare ogni volta a supplicare in ginocchio il Consiglio federale per ottenere un aiuto supplementare, aspettando oltretutto un anno per poter ricevere qualche fondo in più».

Lunedì prossimo, il capo del Dipartimento dell’ambiente Albert Rösti dovrebbe fornire in aula le prime risposte alle richieste puntuali che saranno fatte in settimana. Ma sono annunciate anche proposte più elaborate. Il verde vallesano Christophe Clivaz presenterà una mozione per chiedere una revisione dei criteri della perequazione finanziaria. Quest’ultima, oltre ai criteri geotopografici e sociodemografici, dovrà tener conto anche del rischio di calamità naturali: in futuro, stando alle anticipazioni del «Blick», le regioni minacciate da eventi quali frane, incendi boschivi o siccità riceveranno maggiori finanziamenti. Ne trarrebbero beneficio soprattutto le zone montane. Da parte sua, l’UDC intende chiedere al Governo di congelare metà dei fondi per lo sviluppo a favore della ricostruzione di Blatten. «Negli ultimi trent’anni i fondi per lo sviluppo sono triplicati», ha dichiarato al quotidiano il presidente del partito e consigliere nazionale svittese Marcel Dettling. «E se una località in Svizzera ha urgente bisogno di aiuto, allora i fondi dovrebbero poter essere utilizzati anche per la popolazione locale». 

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