Bloccare i permessi G? «Non si può»

Bloccare i permessi G e, nel settore pubblico o parapubblico, introdurre l’obbligo di spostare il proprio domicilio in Ticino entro due anni dall’assunzione? Non si può, per incompatibilità con il diritto superiore. È quanto ha ribadito il Consiglio di Stato nel rapporto con il quale invita il Parlamento a respingere una mozione presentata il 12 aprile scorso dalla deputata Sabrina Aldi (Lega).
Questione di Libera circolazione
Nella sua presa di posizione, il Governo fa presente di essersi più volte espresso su questo tema, prendendo posizione su atti parlamentari analoghi presentati nel 2013, nel 2014 e nel 2020, sempre da deputati leghisti. Già in queste risposte era stato messo in evidenza l’assoggettamento del diritto cantonale al diritto superiore, sia nazionale (la Legge sugli stranieri) che internazionale (l’Accordo sulla libera circolazione delle persone). Anche in questo rapporto, il Governo ricorda che «i Cantoni non hanno alcuna possibilità di adottare delle norme o delle misure discordanti con l’Accordo sulla libera circolazione». Fatta questa premessa il Consiglio di Stato rammenta che la giustificabilità giuridica del blocco dei permessi G, ossia «di un’azione contro il diritto federale e internazionale, davanti ai Tribunali nonché alle Autorità federali di riferimento, sarebbe difficilmente sostenibile». Un blocco dei permessi potrebbe essere giustificato soltanto in casi eccezionali e attuato «solo sulla scorta di una precisa base legale introdotta a livello federale». Per esempio, «quando si realizzano le condizioni per applicare la clausola dello stato di necessità».
Pubblico e parapubblico
Tornando alla seconda richiesta formulata nella mozione (l’introduzione dell’obbligo di trasferire il proprio domicilio in Ticino entro due anni dall’assunzione per i titolari di permessi di lavoro per frontalieri – qualora non fosse possibile reperire manodopera indigena – per il settore pubblico e parapubblico, e più in generale per tutti quei settori che ricevono finanziamenti pubblici), il Consiglio di Stato precisa «che pure detta richiesta comporta le stesse criticità giuridiche sia dal lato legale che da quello costituzionale» sopra citate. Inoltre, questa richiesta va ben oltre quanto previsto dalla Legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti (LORD) ossia che «a giudizio del Consiglio di Stato la nomina può essere subordinata al domicilio effettivo in Svizzera o nel Cantone».
Le cifre
Il tema del frontalierato è tornato d’attualità proprio negli scorsi giorni dopo che il loro numero in Ticino è aumentato a 74.199 (vedi l’edizione del 5 novembre 2021, ndr.).