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Boris e i riflessivi ricordi su papà, tra il lavoro, la Lega e gli affetti

Una mattina in Via Monte Boglia nell'ufficio del Nano, ma con l'erede politico della famiglia Bignasca che racconta, e si racconta con moderazione e trasparenza – Talvolta facendo autocritica e ammettendo alcuni errori
© CdT/ Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
06.03.2023 06:00

L’appuntamento con Boris Bignasca è alle 10, nella storica sede di famiglia in Via Monte Boglia. Nel tragitto verso il quartiere di Molino Nuovo la mia memoria torna ai tempi passati, ormai oltre 10 anni fa, quando mi recavo in quel palazzo ad intervistare suo padre, Giuliano, il conducator della Lega, del quale a breve, il 7 marzo, ricorrerà il decennale dalla scomparsa. Dal padre al figlio, che oggi non è più un ragazzo-adulto, ma un imprenditore che gestisce società di famiglia e altre costituite da lui. E che tiene sostanzialmente le redini della Lega generata ormai oltre 30 anni da suo padre. Boris mi accoglie nello storico ufficio del Nano, con una massiccia scrivania in marmo, qualche pubblicazione a carattere economico e statistico accatastate ai lati e con alle spalle il ritratto del Nano nella consueta espressione: mano tra mento e labbra e occhiali da vista a sostenere sulla fronte il lungo ciuffo ormai grigio: «In realtà avevo pensato di arredare diversamente l’ufficio, ma alla fin dei conti mi piace così» afferma Boris. Dietro le tende si scorge la bandiera della Lega con a fianco quella svizzera e quella ticinese.

È lunedì mattina e c’è una nuova settimana all’orizzonte con impegni e appuntamenti che si cumulano, ma mai s’intrecciano. «Sono piuttosto ordinato e metodico nel definire i miei impegni di lavoro e politici. È il migliore sistema per gestire tutto e, ovviamente, delegare compiti. Non sono un accentratore, a chi lavora con me do fiducia, ma chiedo tanto impegno» attacca Bignasca per rompere il ghiaccio.

La sua settimana e le sue origini

«Il lunedì mattina vado in Via Monte Boglia e mi occupo delle organizzazioni che hanno sede qui, la A&G Bignasca, storica società della famiglia e che affonda le sue origini nel nonno Anselmo, bisonno Francesco e trisnonno pure di nome Anselmo». Sembra aver studiato il copione, cita a memoria? «Mi hanno consegnato qualche tempo fa il bollettino genealogico della Svizzera italiana. Il testo giunge alla conclusione che non siamo originari della Riviera e di Lodrino, ma dal ‘600 i Bignasca sono di Sonvico, trasferitisi poi a Lodrino per l’attività estrattiva». La A&G Bignasca oggi è sostanzialmente una società che gestisce immobili. «Il lunedì è pure il giorno della Lega e tra un po’ arriverà il nostro segretario Pierre Vescovi con il quale faccio il punto, anche per quanto concerne la campagna in vista delle cantonali» aggiunge. La Lega è molto impegnativa? «Quelli trascorsi sono stati due anni importanti, abbiamo rivisto la nostra macchina, gli statuti e abbiamo riformato il sistema di funzionamento attribuendo più importanza a deputati e municipali nei processi decisionali». Il martedì è dedicato alla politica di Palazzo «con la riunione della Commissione della gestione e a seguire pranzo politico e incontri di varia natura». Il mercoledì «mi occupo della Beta Costruzioni della quale sono proprietario e amministratore unico che ha sede a Viganello e il direttore è Lukas Bernasconi». Il giovedì torna a Bellinzona per riunioni commissionali e per sondare un po’ il terreno, politicamente parlando. Lui non ha per contro responsabilità per il Mattino della domenica, mentre gestisce il portale Mattinonline come pure alcune attività no-profit, a partire dalla Fondazione Bignasca. Lei lavora tanto? «Mi viene da dire che lavoro il giusto per gestire tante attività, ma mi piace pure ritagliarmi del tempo per stare con chi mi vuole bene».

Lui, per me e per molte persone che nella sua vita ha aiutato, rimarrà unico

A 10 anni dalla morte del Nano

Siamo ormai nell’imminenza dell’anniversario per i 10 anni dall’improvviso decesso di suo padre. Quanto è cambiato lei in questo lasso di tempo? «Cominciamo con il dire che alla sua scomparsa avevo 26 anni ed è stato un lutto forte e improvviso che, ovviamente, non mi ha colto preparato. Devo dire di avere avuto la fortuna di non potere pensare molto, ma ho dovuto agire. Il Nano talvolta mi dava delle informazioni sulle varie attività, ma da qui a prendere in mano tutto il passo è stato impegnativo. Ho avuto la fortuna di non pensare, ma di dover agire per assumere la responsabilità operativa. Lui, per me e per molte persone che nella sua vita ha aiutato, rimarrà unico». Lo sguardo di Boris è sereno, ma nello stesso tempo gli scappa una smorfia che sembra voler stoppare il sottoscritto, perché la perdita di un padre rimane per sempre una ferita. D’altronde lui lo sa, essere il figlio di qualcuno che ha fatto cose importanti e d’impatto (positivo o negativo lo dirà la Storia) non è mai facile. Né quando il paragone avviene con entrambi in vita, né con lo stesso esercizio nel quale tutti, volenti o nolenti, si esercitano con un perenne paragone tra padre e figlio.

Una persona riservata

Boris con il passare dei minuti mostra un modo di essere pacato, equilibrato e un eloquio misurato, riflessivo e controllato, senza mai nessun eccesso, anche quando accenna a qualche scoglio che si è trovato sul cammino: «Non amo particolarmente mettermi a disposizione dei media, questa chiacchierata la faccio volentieri perché siamo in campagna e rientra tra i miei doveri, ma non verrà replicata a breve. Io sono una persona riservata, non mi piacciono sempre gli show. Anche nelle attività professionali sono di solito prudente». Va bene, ma cosa ne dice dello scivolone del sindacato (?) TiSin? «Mi piace essere attivo e costruire. Stare con le mani in mano non mi si addice, mi annoia. La nascita di TiSin è un po’ un caso emblematico del mio modo di essere, oggi posso dire che ci voleva più prudenza e forse altre persone al mio fianco. Quella proposta nella mia testa era concepita in un modo e invece da altri in altro modo. Lo dico serenamente, ho compiuto degli errori. Capita. Oggi faccio autocritica e dico che prima di lanciarmi sarebbe stato meglio un qualche trimestre di incubazione».

Il Governo non vuole intervenire per abbassare le imposte di circolazione? E chissenefrega, noi andiamo avanti con le nostre idee.

Cambia la Lega e cambia tutto

C’è poi un discorso ormai eterno: ma quanto è cambiata la Lega dopo la scomparsa di papà Nano e zio Attilio? «Chi parla di una Lega cambiata si è forse dimenticato di dire che la Lega è evoluta da sempre. C’era la prima Lega, dedita alla ribellione, ma anche molto sociale, poi quella dal 2005 via che si è fatta vieppiù sovranista e populista. Dagli Accordi bilaterali si è spostata a destra. Poi nel 2011 è arrivata la responsabilità dei due seggi in Governo che, giocoforza, ha modificato le cose». Boris si ferma, riflette e riparte: «Ci ha cambiato forse troppo, un processo di istituzionalizzazione probabilmente eccessivo. È un processo che però, per quanto mi concerne cerco di attenuare. Cito un caso concreto. Il Governo non vuole intervenire per abbassare le imposte di circolazione? E chissenefrega, noi andiamo avanti con le nostre idee. Il Governo non vuole aumentare le deduzioni dei premi di cassa malati? E chissenefrega, noi andiamo avanti con la nostra iniziativa popolare». Ma la ribellione oggi non funziona più? La carovana della libertà bis fu un flop, anche se si sperava in un successone: «È vero, le cose cambiano e anche i cittadini cambiano».

© Boris Bignasca
© Boris Bignasca

Le vacanze e il dialogo

Questo genere di chiacchierate le inizio sempre dai ricordi dell’infanzia, ma Boris è una persona che prima di esprimersi cerca una sorta di fiducia, entrare in confidenza non è un passetto da nulla. Allora, ci siamo un po’ ammorbiditi? «Certo, ho vissuto la mia infanzia, ad Albonago con mia mamma, sono stato in casa fino a quando ho fatto il militare, poi avevo bisogno di un po’ di libertà. Certamente l’infanzia è stata particolare dato che i miei genitori non convivevano e papà veniva a trovarci 2-3 sere la settimana». Con l’avanzare dell’età le discussioni con papà erano «la politica locale, l’economia, e la politica internazionale che seguiva con grande attenzione. Ci si sintonizzava su tutti i telegiornali possibili, una passione che ho fatta mia, come le partite con lui con qualche gioco di società e le carte, in particolare Scala 40». Negli anni Novanta il Nano era entrato in maniera dirompente in politica ma «per quanto potesse starmi vicino in quell’epoca, lui vicino mi è stato». Boris aggiunge poi che il Nano «tra i tre, tra me, mamma e appunto lui, risultava essere il meno testardo». C’è magari un viaggio o una vacanza che è rimasta in mente? «Papà è sempre stato un grande lavoratore e le vacanze non erano una priorità e il raggio delle vacanze si è man mano ridotto con il passare degli anni. Ma se devo citarne una direi la Bretagna, poi i Grigioni e alla fine le abbiamo sempre fatte in Ticino. Sostanzialmente il periodo di vacanza era Natale, con Il Mattino chiuso, il Municipio chiuso. Poi qualche volta in agosto nel corso delle vacanze dell’edilizia». Venendo agli studi «un incontro casuale tra mio papà e altri ha voluto che iniziassi le scuole private, dai ciellini per capirci. Non credo che ci fosse dietro una questione politica, ma probabilmente mio papà aveva l’idea di inseririmi in un contesto più piccolo e protetto. Era un genitore abbastanza ansioso». Una istruzione che in qualche modo ha lasciato un’impronta? «Dicono che vado molto d’accordo con i popolari democratici (ndr. oggi Il Centro)». E in effetti Fiorenzo Dadò parla sempre bene di Boris. Oltre alla politica c’è amicizia? «È così e con Fiorenzo ho un ottimo rapporto, ma anche con i colleghi capogruppo Maurizio Agustoni, Ivo Durish e Alessandra Gianella vado molto d’accordo. Comunque sono una persona che distingue i rapporti personali da quelli politici per fortuna. L’amicizia può aiutare in politica, ma se diventa l’elemento che regola i rapporti politici, rischia di rovinare entrambe le cose».

Ho fatto 600 giorni di servizio, ma sola cosa che mi è sempre costata una gran fatica era la diana, alzarmi dal letto a certi orari

Gli studi e il Parlamento

Ci manca qualche elemento di studio di Boris, che ha fatto il liceo classico e la maturità federale. E dopo? «Dopo il liceo e il militare ho perso tempo – ammette senza troppi giri di parole – ho sì iniziato a studiare diritto a Zurigo, i primi semestri anche con discreti risultati, poi ho voluto coniugare lo studio con l’attività di deputato in Gran Consiglio e alla fine ho fatto entrambe le cose maluccio. Entrambe le cose sono finite e da quella esperienza ho capito dai miei stessi errori. Dal 2009 direi che de facto ero l’assistente di mio papà, da cui ho tentato di imparare il più possibile».

Il militare e l’indigesta diana

La mentalità un po’ rigida, ha portato Boris a gettarsi con entusiasmo in grigioverde. La scuola reclute è stata di grande insegnamento e «ho pure conosciuto molti amici, alcuni famosi come Giorgio Fonio e poi nel corso della scuola ufficiali Michele Bertini. È stato un periodo nel quale mi ero messo in forma, ho imparato le lingue nazionali e mi piaceva la vita ordinata, con regole chiare. Ho fatto 600 giorni di servizio, ma sola cosa che mi è sempre costata una gran fatica era la diana, alzarmi dal letto a certi orari».

«Per me è un periodo felice»

Siamo alle battute finali, c’è da organizzare la volata finale della campagna. Ma anche per un ultimo spiraglio di vita privata, che lui non ama troppo fare conoscere all’esterno: «Per me è un periodo felice, da un anno e mezzo convivo con la mia compagna Amanda e abbiamo un cane, Ares, che adoriamo e che porto volentieri a spasso. Diciamo che Ares mi ha reso un po’ più mattiniero».

© Boris Bignasca
© Boris Bignasca
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