La guerra

Botta e risposta, ma la tregua sembra reggere

Nella notte Trump annuncia il raggiungimento di un cessate il fuoco ma i bombardamenti sui due fronti sono proseguiti – L’ira del presidente americano: «Non sanno cosa stanno facendo» – Dopo 12 giorni, segnali di distensione da Israele e Iran
© EPA/FRANCIS CHUNG / POOL
Giona Carcano
24.06.2025 21:15

Il tono trionfale, il petto gonfio: «Raggiunto un accordo fra Israele e Iran per il cessate il fuco». Donald Trump, sul suo social Truth, nella notte fra lunedì e martedì ha sparigliato di nuovo le carte del Medio Oriente. Trovando però la conferma di Netanyahu, che ha fatto sapere di aver accettato la proposta «alla luce del raggiungimento degli obiettivi dell’operazione». Tutto bene, dunque? No. Dopo alcune ore concitate, è infatti arrivato il verdetto: la tregua tanto pubblicizzata – seguita all’attacco «telefonato» da parte iraniana alla base americana in Qatar – non ha retto alla prova dei fatti. Almeno all’inizio. E questo perché, fin dalle prime ore del mattino, Israele e Iran hanno continuato ad attaccarsi. Da un lato, i civili hanno dovuto recarsi nei rifugi nel nord dello Stato ebraico per l’arrivo di alcuni missili lanciati da Teheran; dall’altro, gli aerei da guerra hanno compiuto dei raid in Iran, colpendo infrastrutture militari come una vecchia stazione radar nei pressi della capitale. Nel mezzo, come riportano fonti di stampa, una telefonata dai toni tesissimi fra Trump e Netanyahu, in cui il presidente americano ha ribadito a Israele di fermarsi. «Israele. Non sganciate quelle bombe. Se lo fate, è una violazione grave. Riportate a casa i vostri piloti, subito!», ha quindi scritto sui social il tycoon. Poco prima di partire verso il vertice NATO nei Paesi Bassi, a L’Aja, Trump ha accusato entrambe le parti di non rispettare l’accordo di cessate il fuoco raggiunto solo poche ore prima. «Non sanno più cosa c...o stanno facendo», è esploso di fronte ai giornalisti.

La fine del caos

Dopo il caos, tuttavia, è arrivato un barlume di speranza. L’accordo di tregua – immediatamente violato probabilmente per una mera questione di rapporti di forza da «vendere» internamente – nel corso del pomeriggio e in serata ha tenuto. Dopo 12 giorni di guerra e di pericolose escalation, con il coinvolgimento degli Stati Uniti che hanno bombardato i siti nucleari, le parti sembrano intenzionate a rallentare. Il presidente iraniano Masud Pezeshkian si è detto infatti pronto a tornare «al tavolo delle trattative». Un segnale di apertura positivo, e che va nella direzione asupicata da un’altra potenza, la Cina, che in giornata aveva chiesto a Israele e Iran di salvaguardare l’accordo di cessate il fuoco. Anche l’ONU, per bocca del Segretario generale Antonio Guterres, ha espresso soddisfazione per quanto raggiunto. Invitando quindi i due Paesi a «rispettare pienamente l’accordo». «I combattimenti devono cessare, le popolazioni hanno già sofferto troppo - ha aggiunto -. Spero sinceramente che questo cessate il fuoco possa essere replicato negli altri conflitti nella regione». Segnali di distensione sono quindi arrivati anche da Israele: con l’approvazione del ministro della Difesa Israel Katz, il comando del fronte interno dell’esercito israeliano (Idf) ha comunicato alla popolazione la fine delle restrizioni nel Paese attuate finora per la guerra con l’Iran. Un ulteriore messaggio di stabilità.

La guerra dei 12 giorni

Quella che ormai sembra passata alla storia come «la guerra dei 12 giorni», come è stata ribattezzata, aspetta ancora una chiave di lettura più ampia. Solo il tempo dirà se l’obiettivo di Israele - distruggere il programma nucleare iraniano - è stato raggiunto. Ma intanto, le parti in conflitto iniziano a prendersi i meriti delle rispettive vittorie, in quella che è ormai la classica narrazione post-bellica. Sul fronte di Teheran, il presidente iraniano Masud Pezeshkian ha annunciato «la fine della guerra dei 12 giorni imposta» al suo Paese da Israele, in un messaggio scritto indirizzato alla nazione e pubblicato dall’agenzia di stampa Irna. «Oggi, dopo l’eroica resistenza della nostra grande nazione, che sta scrivendo la storia con la sua determinazione, assistiamo all’instaurazione di una tregua». Una lettura di parte, evidentemente, come quella dello Stato ebraico, che riconosce a Bibi Netanyahu il pieno successo dell’operazione. A fornire il punto di vista israeliano sulla «vittoria» contro Teheran ci ha pensato il ministro della Difesa Israel Katz: «Abbiamo avuto il controllo dei cieli iraniani e avremmo potuto continuare, ma fin dall’inizio avevamo stabilito di raggiungere gli obiettivi principali e di concludere da una posizione di forza», ha dichiarato nel pomeriggio davanti alla commissione Esteri della Knesset. Adesso, si volta pagina. Quanto l’esito della breve guerra abbia effettivamente raggiunto gli obiettivi si saprà tra mesi. Forse anni. Ma di sicuro, per il premier israeliano ora si torna all’altra spinosa questione: la tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi. Il risultato della guerra all’Iran «è storicamente un passo avanti. Spero che questo possa aprire la strada al ritorno a casa dei nostri ostaggi», ha dichiarato Herzog.

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