Il bilancio

Cala il sipario sulla stagione sciistica: «Al Ticino serve un bagno di realismo»

Reazioni contrastanti tra i gestori degli impianti di risalita - Molte destinazioni hanno registrato un calo dei primi passaggi - Il contesto climatico è sempre meno affidabile - Tra i fattori negativi il rialzo repentino delle temperature avuto tra febbraio e marzo
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Francesco Pellegrinelli
27.03.2024 06:00

C’è chi piange e chi brinda. E chi guarda con realismo alla stagione appena conclusa riconoscendo la necessità di un cambiamento di rotta deciso.

La stagione sciistica in Ticino è agli sgoccioli. L’ultimo comprensorio a chiudere i battenti, lunedì prossimo, sarà Airolo-Pesciüm. Nelle altre destinazioni, invece, il sipario è già calato. Le reazioni tra gli operatori sono variegate, anche se non possono fare astrazione di un quadro climatico sempre meno affidabile. Del resto, per sciare servono neve e bel tempo. Come è andato dunque questo 2024?

Segnali di ripresa

A Carì il bicchiere è mezzo pieno. Il direttore degli impianti Alessandro Jelmini si dice soddisfatto. «Rispetto alle ultime due stagioni, abbiamo triplicato i primi passaggi». Un segnale di ripresa che, tuttavia, va inserito in un quadro di riferimento più ampio. Gli ultimi due inverni sono stati infatti contraddistinti dalla quasi assenza di neve. «Chiudiamo questa stagione con 26.500 passaggi», aggiunge Jelmini. Numeri che collocano la stagione di Carì nella media pluriennale. Come detto, però, Jelmini resta positivo e intravede nell’inverno appena concluso un potenziale di crescita: «Nelle ultime stagioni il desiderio di sciare in Ticino si era affievolito, ora sembra che la passione sia finalmente tornata».

Cifre nere, cifre rosse

Dalla Leventina a Campo Blenio. «Non è certo una stagione da incorniciare», ammette dal canto suo il direttore degli impianti Denis Vanbianchi. La stazione sciistica bleniese ha chiuso lo scorso 17 marzo con un calo dei primi passaggi, passati da 18 a 14 mila. «Peccato perché la stagione era partita bene», commenta Vanbianchi. «Addirittura, dicembre e gennaio sono andati meglio dell’anno prima. I corsi di sci erano al completo e le scuole montane si sono svolte regolarmente». Il problema, avverte Vanbianchi, è stato febbraio. «Le temperature hanno subito un’impennata e il manto nevoso ne ha risentito». Tra febbraio e marzo poi è arrivato il secondo fattore di stress, con il brutto tempo che ha colpito duramente alcuni week-end consecutivi. Il risultato, come detto, è un calo piuttosto marcato del numero di passaggi. «Chiudere la stagione nelle cifre nere sarà difficile», ammette Vanbianchi, il quale però guarda avanti con fiducia: «In vista dell’inverno prossimo vogliamo migliorare l’impianto di innevamento. L’obiettivo è fare più neve in minore tempo. Abbiamo inoltrato una domanda di costruzione. Ora è nelle mani del Cantone dove è pendente un’opposizione».

Sotto l’asticella

«Chiuderemo i conti nelle prossime settimane», commenta dal canto suo il presidente degli Amici del Nara, Matteo Milani, il quale definisce «discreta» l’annata appena conclusa. «Non dobbiamo lamentarci troppo». Soprattutto se si considera che le ultime due stagioni sono state praticamente senza neve. Eppure, guardando al numero di passaggi, anche in questo caso, ci troviamo sotto l’asticella delle aspettative: «Abbiamo totalizzato 15 – 16 mila primi passaggi, a fronte di un obiettivo fissato a 20 mila». A influire negativamente – spiega il presidente – sono state le temperature particolarmente elevate del periodo di Natale, e gli ultimi tre weekend di marzo. «A causa del brutto tempo abbiamo preferito tenere chiusi gli impianti». Un modo per contenere le perdite ma anche per evitare spese inutili agli utenti, aggiunge Milani. Il bicchiere, quindi, è mezzo pieno o mezzo vuoto? Difficile dirlo. Qualche indicazione maggiore arriverà dai conti. Intanto, gli amici del Nara guardano alla prossima sfida legata alla stagione estiva. «Fra qualche settimana inaugureremo una nuova pista per le biciclette MTB “mountain bike” di 4 chilometri». Un investimento che cerca di ridurre la dipendenza invernale secondo la logica della destagionalizzazione.

Il coraggio di cambiare

A Bosco Gurin la stagione è andata male, confessa senza tanti giri di parole Giovanni Frapolli. «È il terzo anno consecutivo. Parlare ancora di ciclo di innevamento positivo e negativo ormai non ha più senso. A Natale abbiamo fatto il 60% in meno dei normali ricavi invernali. Considerato che durante le festività natalizie si realizza il 50% delle entrate di tutta la stagione, i calcoli sono presto fatti». Recuperare il terreno poi diventa difficile, soprattutto in un contesto climatico poco affidabile, commenta Frapolli, secondo il quale il Ticino avrebbe bisogno di un bagno di realismo: «Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che in Ticino il clima è cambiato e che ormai sotto i 1500 metri di quota è difficile garantire anche il solo innevamento programmato». Non ci sono più le temperature adeguate, dice Frapolli. «Le mete turistiche legate agli sport invernali hanno senso unicamente sopra i 2000 metri. Sotto è difficile». Inoltre, secondo Frapolli, in mancanza di un meteo favorevole occorrerebbe intervenire almeno sulle infrastrutture ricettive. «Dovremmo costruire alberghi e spa. Insomma, avere qualcosa da offrire al turista che sale in valle». Una visione che, secondo Frapolli, troppo spesso deve fare i conti con resistenze di vario tipo. «La politica dovrebbe incoraggiare e sostenere chi ha ancora il coraggio di investire in questo settore. Purtroppo, manca di visione e coerenza».