Camillo Vismara, l'evoluzione di macchine e tecnologie

«In punta di gru» è un bel libro che Paolo Vismara, CEO della Camillo Vismara SA, ha scritto con Bruno Dardani di Star Comunicazione, ripercorrendo una lunga storia segnata non solo dall’evoluzione nelle tecniche di sollevamento e di trasporto, ma dalla capacità di adattamento al mutamento del mercato, addirittura anticipandone le tendenze.
È Paolo Vismara stesso a evidenziare i punti salienti del percorso. «Siamo giunti alla quarta generazione di un’attività nata alla fine dell’800 finchè, nel ’57-’58, la visione tecnologica di mio padre Camillo ha determinato una svolta. Mio padre ha costruito la prima gru sullo chassis di un camion americano, commerciato in pezzi di ricambio, ottenendo la prima autorizzazione cantonale per il ritiro degli autoveicoli inservibili. Negli anni ‘90, con la partecipazione dei miei fratelli, si è formalizzata la nuova struttura dedicata al sollevamento e al trasporto, in forme sempre più avanzate. Le piattaforme di lavoro elevabili sono venute da un’idea maturata a Las Vegas durante una mostra e qui sono state da noi inizialmente affittate ad artigiani, elettricisti, pittori, installatori, che le operavano in forma autonoma senza esperienza specifica. Abbiamo presto capito quanto il tema della sicurezza fosse importante. La SUVA in questo campo muoveva i primi passi e, sul solco dell’esperienza britannica, abbiamo istituito in Ticino il primo centro di formazione, che ha ospitato inizialmente 15 persone, mentre oggi da esso ne passano 1.500 ogni anno. In parallelo con l’arrivo di nuove macchine sempre più sofisticate - oggi sono oltre 200 - abbiamo sviluppato i servizi di assistenza e di pronto intervento con un picchetto operativo su richiesta 24 ore su 7 giorni. Abbiamo agito su più fronti: le certificazioni ISO su tutte le fasi dell’attività e molto lavoro in termini di informatica, nuovi software sofisticati, trasferimento su cloud, introduzione di fibre ottiche, digitalizzazione di procedure, contrattualistica, così da integrare dati su manutenzione, utilizzo dei mezzi, statistica degli interventi, per ottimizzare il servizio al cliente, avere dati ed indicatori sempre a portata di mano, anche da remoto. Questa evoluzione molto intensa, visto che si è compiuta negli ultimi 5-6 anni, è riflessa anche nelle scelte di direzione, che mi vedono affiancato da giovani manager la cui l’età media è di 33 anni.
Dunque una forte caratterizzazione rispetto ai concorrenti ? «A caratterizzarci è soprattutto la filosofia operativa. Non prendiamo un lavoro come un semplice mandato, ponendo tutto a carico del cliente, ma verifichiamo preventivamente ed in dettaglio la fattibilità, ogni aspetto tecnico, le condizioni in cui si opera, il piano di sicurezza. Questo approccio, la specializzazione e l’esperienza si rivelano utili quando trattiamo un macchinario così come un’opera d’arte. Abbiamo movimentato opere di Segantini al LAC così come le sculture del Museo Vela. Abbiamo operato all’estero, dall’Italia al Marocco per committenti svizzeri».
Non a tutti i costi
Accade che un lavoro venga rifiutato? «Sì, se comporta un rischio eccessivo. Possediamo sofware in grado di anticipare virtualmente tutti i parametri e tutte le condizioni, pesi precisi, movimenti, influenza del vento, condizioni del terreno od altri fattori. Forniamo una consulenza che può portarci ad indirizzare il cliente verso un concorrente, oppure a proporre soluzioni alternative, come l’impiego di un elicottero. Esistono diverse sensibilità sul tema sicurezza, sia da parte dei clienti, sia delle imprese». Da quali settori proviene la vostra clientela? «Rispetto al passato diminuiscono le richieste dell’edilizia, mentre crescono quelle dell’industria, per servizi puntuali e precisi, oltre all’artigianato ed al campo delle grandi opere, come quelle infrastrutturali. In alcuni casi gestiamo l’intera filiera, ad esempio per le case in legno, che custodiamo e trasportiamo. Il post-COVID, le vicissitudini della logistica, i prezzi delle materie prime e dell’energia hanno influito e determinato una pressione sui costi. Per noi hanno determinato la scelta di offrire spazi in depositi particolarmente attrezzati alla nostra clientela per magazzinaggi temporanei. Vendere qualità è più difficile ma il cliente, di fronte a tariffe particolarmente basse, dovrebbe porsi qualche domanda, su rischi e le eventuali responsabilità cui va incontro».
L’elettrificazione è un sogno
Anche il tema della sostenibilità influenza il vostro lavoro? «In Ticino la sollecitazione da parte dei clienti non è forte. Del resto il trend è influenzato dall’ideologia. Pensiamo solo a un parco di centinaia di automezzi che dovesse essere completamente elettrificato. A prescindere da problemi di autonomia e di prestazioni, richiederebbe da solo più di una centrale nucleare, trasformatori e linee di distribuzione che oggi sono del tutto insufficienti. Il motore termico di ultima generazione (Euro 6 e in futuro Euro 7) rimane a mio avviso una valida alternativa, soprattutto se abbinata all’utilizzo di carburanti alternativi».
Come giudica l’andamento dell’economia ticinese? «Sta un po’ soffrendo, complice la forza del franco per chi esporta, ma soprattutto la mancanza di mano d’opera specializzata che la politica del frontalierato tenderà ad aggravare nei prossimi anni, per la burocrazia e più in generale per l’atteggiamento della sfera pubblica, che dovrebbe operare più in sintonia con l’economia privata. Del resto anche l’ente pubblico è un’azienda, mentre a volte, nei rapporti con alcuni funzionari, sembra quasi di parlare due lingue diverse».