Sottoceneri

Camosci, sul Generoso la carica dei 111

Confortanti i primi risultati del progetto di conservazione della specie – Preoccupa solo la scarsità di cuccioli
© Federico Tettamanti
Giuliano Gasperi
23.04.2024 06:00

Abbarbicati lassù fra prati e roccette, incuranti delle vicende umane, i camosci del Generoso non se la stanno passando male, anche se pare che la loro popolazione, come quella umana, negli ultimi anni sia invecchiata. È quanto emerge dal bilancio, seppur provvisorio, del progetto di conservazione promosso dal Comitato distrettuale dei cacciatori del Mendrisiotto con il sostegno di Migros Ticino, Cantone, WWF ed altri enti e condotto da Federico Tettamanti dello Studio alpino di Lodano. Il perché sia importante salvaguardare questa specie, l’abbiamo chiesto proprio a Tettamanti. «Il camoscio è un emblema del Generoso, un’icona di questa montagna: stiamo cercando di capire i motivi per cui è in declino e cosa possiamo fare per tutelarlo. In generale ci teniamo a difendere la biodiversità: è fondamentale non essere soli su questo pianeta».

Quasi tutti parenti

Per prima cosa, i ricercatori hanno voluto contare gli esemplari presenti nel comprensorio. «Abbiamo fatto un censimento insieme ai cacciatori e ai guardiacaccia, e abbiamo individuato 111 camosci. Calcolando la ‘parte nascosta’ e tenendo conto delle particolarità del Generoso, che è zona impervia, pensiamo che in realtà possano essere circa 170: abbastanza in linea con quanto ci aspettavamo». Vicino alle attese, certo, ma lontano dai numeri di un ventennio fa, quando se ne contavano 320. «Si sono dimezzati, ma fortunatamente negli ultimi tempi il calo si è stabilizzato. Il problema – prosegue Tettamanti – è che stiamo vedendo pochissimi cuccioli. E l’età media dei 17 esemplari che abbiamo catturato per le nostre analisi – e che poi verranno rilasciati – è abbastanza alta. Siamo sopra i dodici anni. Questo invecchiamento potrebbe nascondere un problema di riproduzione e portare a un ulteriore calo dei camosci nei prossimi anni». Un’ipotesi, ancora da confermare, è che si tratti di un problema causato dalla consanguineità. Prendendo in prestito un’espressione degli umani: sono tendenzialmente tutti parenti. «Del resto quella del Generoso è una popolazione ‘chiusa’, quindi manca uno scambio con altri gruppi delle Alpi. Una situazione simile si è verificata sul massiccio del Grappa, in Veneto, dove è in corso uno studio simile al nostro». Se il nodo fosse davvero questo, un’idea per scioglierlo ed evitare derive genetiche potrebbe essere quella di «importare» dei camosci da altre zone, «ma è una misura da valutare bene, anche perché i costi non sarebbero indifferenti».

Attenti al lupo

Sono meno di un tempo e mediamente invecchiati, ma in quanto a salute i camosci del Generoso non sono messi male. «Le analisi condotte finora escludono la cheratocongiuntivite, la salmonellosi – che causerebbe problemi di fertilità agli esemplari femmina – e problemi agli zoccoli. Entro la fine di quest’anno potremo dire se ci sono o meno problemi con la consistenza delle corna, che spesso è un sintomo di scarso nutrimento». Parlando di rischi per la salute dei camosci, il pensiero corre inevitabilmente anche al lupo. «Sul Generoso non abbiamo riscontrato casi di attacchi ai camosci – spiega sempre Tettamanti – ma la presenza del predatore potrebbe averli resi più vigili e diffidenti». Gli esemplari di casa sul monte, nota meta turistica, sono comunque abbastanza abituati alla presenza delle persone. «Ricordo il caso di un camoscio che stazionava appena sotto il Fiore di Pietra e a cui avevamo messo un rilevatore GPS: per tre stagioni non si è praticamente mai mosso di là. Sono animali abbastanza sedentari. Quando notano qualcuno in avvicinamento, si guardano fra loro. E se la distanza si riduce a una trentina di metri, scappano verso luoghi scoscesi».