Carta o contanti? Ecco l'Italia dei 60 euro

Carta o contanti? Una domanda che in Svizzera non si fa quasi più, e non certo perché sia difficile usare il contante, in Italia è tornata di strettissima attualità. Merito o colpa dei contenuti della manovra economica del governo Meloni, che fra le altre cose stabilisce in 60 euro la soglia sotto cui i commercianti potranno rifiutare i pagamenti con carte o bancomat. Ma davvero cambierà qualcosa per gli italiani o per chi va in Italia a fare la spesa?
La carica dei 5 mila
Detto che mentre stiamo scrivendo queste righe la notizia non è ancora ufficiale (manca la discussione in Parlamento), la linea del nuovo governo italiano è chiara e va nella direzione di una maggiore possibilità di uso del contante: dal primo gennaio 2023 infatti il limite per i pagamenti in contanti passa da 2.000 euro a 5.000. E per quanto riguarda i negozianti sparisce il divieto di rifiutare carte, bancomat e app varie per i pagamenti tuttora in vigore. Nella prima bozza della legge si era stabilito un limite di 30 euro, sotto cui il commerciante potesse dire «no», limite che adesso è diventato di 60. Con le associazioni del commercio non ancora contente, così come dall’altro lato quelle due consumatori. Sempre da ricordare, anzi da tatuarsi sul braccio, che una facoltà non è un obbligo: i negozianti più illuminati accetteranno carte e app anche per pagamenti di 10 centesimi, i clienti con maggiore personalità di rifiuteranno di comprare in negozi che non accettano tutte le forme di pagamento.
Cartelli
Al di là delle regole, in Italia e in misura minore anche in Svizzera, la differenza viene fatta dall’atteggiamento. Che cambia a seconda dei singoli e delle categorie. Impensabile che un bar, un negozio di abbigliamento o le grandi catene operanti in Italia non accettino, come minimo, il Bancomat, mentre negli esercizi di altro tipo, si pensi soltanto ai panettieri o alle edicole, non è raro anche adesso trovare cartelli del tipo «Non si accettano carte o POS per acquisti sotto i 10 euro». Cartelli finora illegali ma che fra poco diventeranno legali mettendo la cifra di 60. E senza tanti cartelli tanti locali, dalla piazzetta di Portofino (davvero) alla periferia più lurida, adottano la stessa politica. Poi è evidente che il comportamento dei commercianti è coerente con le richieste dei clienti, visto che ogni classifica italiana di uso del contante vede il Sud davanti al Nord. E anche restringendo il discorso alle 14 città metropolitane, quelle con un’economia teoricamente più evoluta, agli ultimi sei posti ci sono Reggio Calabria, Messina, Napoli, Palermo, Catania e Bari, ultima classificata, mentre sul podio ci sono Firenze, Milano e Genova.
Il caso taxi
Fanno storia a sé i tassisti italiani, allergici alle carte di credito e pagamento con qualsiasi legge e qualunque tipo di cliente. Eppure gli importi sono ben diversi da quelli di due focacce o di un giornale: una corsa da Malpensa a Milano costa 100 euro, da Malpensa a Lugano non meno di 140, all’interno di Milano o Roma uno spostamento normale è sui 30 euro. Ecco, a prescindere dalla cifra il tassista medio italiano detiene il record mondiale di scuse per il cattivo funzionamento del lettore di carte. «È tutto oggi che non va» (anche alle sette del mattino), «Non c’è linea» (quando gli smartphone hanno 15 tacche e sono coperti anche dal 7G), «Con X abbiamo problemi» (X è sempre il circuito della carta di credito presentata), fino all’immancabile «L’avevo appena spento», come se un lettore digitale fosse alimentato con il carbone e avesse bisogno di mezz’ora per scaldarsi. Il tassista italiano è insomma un amante del contante, che spesso ricambia con ricevute in bianco, gioia assoluta per chi lucra sui rimborsi spese. Il tassista non fa nemmeno l’offerta al ribasso per far condividere i benefici dell’evasione fiscale con il cliente: se al ristorante 100 euro proposti con il cosiddetto pre-conto (un semplice foglietto) possono diventare 80 pagando in contanti, i 30 euro del taxi rimangono 30.
La fuga dei Bancomat
Le dispute ideologiche sull’uso del contante sono sempre le solite: per qualcuno è simbolo di libertà e di difesa della privacy, per altri di evasione fiscale e di arretratezza. Nella pratica è curioso che il contante torni di moda in Italia proprio in un momento storico in cui è sempre più difficile reperirlo. Gli sportelli Bancomat sono infatti sempre di meno, perché sempre di meno sono gli sportelli bancari (ed ovviamente anche i dipendenti, il cui allontanamento con ogni mezzo è la vera causa di queste ristrutturazioni) a cui devono essere collegati: nel 2020 erano 23.481, nel 2021 erano calati a 21.650, per il 2022 non ci sono cifre definitive ma il trend è simile. Nel 2009 gli sportelli bancari in tutta Italia erano 34.036… Come a dire che fra un paio d’anni ritirare soldi contanti, al di là delle leggi, sarà il doppio più scomodo rispetto a prima. E comunque già adesso degli 8.000 comuni italiani ben 2.800 non hanno alcuno sportello Bancomat. Insomma, il negoziante che pretenderà i 59 euro in contanti avrà spesso di fronte un cliente in difficoltà. Sì, ma i due tipi di incasso quanto costano al negoziante? Se si dà un valore al tempo e alle spese di gestione, la risposta è simile: sia con i contanti sia con le carte il costo medio per ogni incasso è fra i 70 centesimi e l’euro. Tanto, in ogni caso.
E la Svizzera?
Al di là della percezione e del concetto sempre vago di «meglio», ci si chiede se davvero in Svizzera i pagamenti digitali vadano meglio, tecnicamente e nel sentimento popolare. La realtà, secondo i dati della BNS, è che ancora oggi il 45% dei pagamenti in Svizzera avviene in contanti: quasi la metà del Paese vuole pagare, per vari motivi, come pagavano i genitori. In tanti posti anche molto popolari, come il Pouletbourg di Atthinghausen, le carte non siano accettate e le app nemmeno nominate: ma qui un comportamento simile almeno è legale, al di là della sorpresa del classico turista nordeuropeo, convinto di pagare il pollo al cestello con una delle sue dieci carte di credito. In Canton Ticino molti esercenti adottano senza problemi la soluzione all’italiana: carta di credito sì, ma soltanto oltre una certa soglia. Una posizione condivisa anche da molti clienti, viste le commissioni bancarie e la possibilità di fatto senza limiti di usare il contante. Alla fine, se il discorso evasione fiscale è neutro, è soltanto questione di comodità.