Case demolite: la dura legge e il sudore dei contadini

Al proprietario di quelle due case demolite a Certara non poteva andare diversamente. Non lo dice la Città, che un anno fa ha ordinato la distruzione delle abitazioni perché costruite fuori zona edificabile. Lo fa capire la CATEF, l’associazione ticinese dei proprietari immobiliari. Da noi contattata, la segretaria cantonale Renata Galfetti ricorda come le norme in materia siano «abbastanza chiare» e rette da «principi molto severi». Dura lex sed lex, come dicevano i latini: la legge, per quanto possa essere difficile da accettare, è sempre la legge. E la legge, in questi casi, impone al Municipio di ordinare la demolizione delle opere abusive entro un certo termine. In caso di mancata esecuzione, l’autorità procede per conto suo. Proprio quello che è successo a Certara, dove il privato ora contesta la fattura inviatagli da Palazzo civico per i lavori: 270 mila franchi. «Non ho i mezzi per pagarla» ci ha detto l’uomo. «La mia situazione è estremamente critica, perché nelle proprietà di Certara avevo investito tutti i miei beni». Anche su questo aspetto specifico però, come fa sapere sempre l’avvocata Galfetti, le regole non lasciano margini d’interpretazione. «Se non provvede ad eseguire i lavori entro il termine imposto, le spese sono a carico del proprietario». La segretaria cantonale della CATEF aggiunge che «la disobbedienza a ordini dell’autorità potrebbe pure essere punita a livello penale». In altre parole, al privato poteva andare peggio. L’uomo tuttavia, pur riconoscendo che avrebbe dovuto verificare la regolarità degli immobili quando li ha comprati, sente di essere stato vittima di un’ingiustizia, anche perché «a mia conoscenza, in Ticino, ci sono ancora migliaia di violazioni delle leggi edilizie che non vengono punite». «Ma il principio della parità di trattamento – spiega Galfetti – non può essere invocato nelle situazioni di illegalità. Il fatto che in un caso la legge non sia stata applicata o non sia stata applicata in maniera corretta, non fa nascere il diritto a un trattamento analogo e di fatto in contrasto con la legge. Come CATEF – conclude – tuteliamo gli interessi dei proprietari immobiliari e vegliamo affinché le leggi emanate tengano in adeguata considerazione anche i loro interessi. Una volta che entrano in vigore, però, vanno applicate: non possono essere rimesse in discussione per interessi particolari, altrimenti verrebbe a mancare la sicurezza del diritto». Chi vuole acquistare una casa fuori zona edificabile, deve quindi ottenere la prova della legalità dell’immobile. Sul caso di Certara, la questione ancora aperta riguarda la fattura per la demolizione: se il Consiglio comunale autorizzerà la Città a stare in lite, a decidere sarà il Tribunale distrettuale di Meilen.
Quegli ordini non eseguiti
Il caso è raro alle nostre latitudini, ma non unico. Una vicenda simile è avvenuta a Miglieglia, dove una stalla era stata trasformata in una casa secondaria e il promotore del progetto, alla fine, aveva avuto la peggio. Due anni fa, il Tribunale federale aveva infatti confermato la validità di «un ordine di demolizione e rimozione integrale della casa d’abitazione e di tutte le costruzioni e opere di sistemazione esterna, ripristinando il terreno al suo stato naturale». Al di là del caso in sé, i giudici sottolineavano che «il problema delle costruzioni fuori zona edificabile, in Ticino, non concerne tanto gli ordini di demolizione, ma la loro mancata attuazione, asseritamente perché non si troverebbero imprese edili ticinesi disposte a eseguirli». Non è chiaramente un lavoro simpatico, quello di radere al suolo la casa di una persona. A maggior ragione in un contesto socialmente denso dove tutti (estremizziamo, solo per capirci) conoscono tutti. Il TF aveva però lanciato un vero e proprio appello al nostro cantone: «I principi della legalità e dell’uguaglianza di trattamento – leggiamo nella sentenza su Miglieglia – impongono che queste opere vengano rettificate o demolite allo scopo di non premiare l’inosservanza della legge, e svantaggiare coloro che la rispettano. A tale scopo, nulla impedisce alle autorità comunali – e in caso di inosservanza al Dipartimento del territorio – di far capo a ditte provenienti da fuori cantone».
Un altro mondo
La legge sarà la legge, ma quanto accaduto in Val Colla continua a lasciare dubbi e amarezza tra alcuni suoi abitanti. «Non sarebbe bastata una multa?» ci aveva detto l’ex sindaco di Certara Marco Moresi. Un anno dopo, non ha cambiato idea. «Quei fabbricati erano stati costruiti tra fine Ottocento e inizio Novecento come stalle per il bestiame: lavori che i contadini del paese avevano fatto a mano, senza mezzi di trasporto, sudando camice e soprattutto con tanta miseria. Negli anni Settanta gli edifici erano stati abbandonati, poi venduti a persone che li avevano riattati come case di vacanza. Il loro ultimo proprietario – racconta sempre Moresi – li aveva comprati e sistemati per passare qualche giorno di riposo in Ticino, con spese non indifferenti, in un luogo in cui non davano fastidio a nessuno, o magari solo a certe persone gelose». Su quel terreno, tuttavia, case a parte, la Città aveva riscontrato varie irregolarità edilizie, come la realizzazione di un ponticello per attraversare il fiume e l’allargamento, o proprio la creazione, della strada che portava alle due abitazioni. «Il ponticello era stato costruito negli anni Sessanta in fase di raggruppamento di terreni, e lo stesso vale per la strada. Da notare – incalza l’ex sindaco – che durante le trattative per l’aggregazione, i rappresentanti di Lugano avevano dichiarato verbalmente di accettare tutto quello che era stato fatto dagli allora Comuni. Ora viene applicata una legge che porta alla distruzione senza rispetto, soprattutto per i nostri defunti. Una legge insensata, fatta a tavolino da persone che non hanno vissuto quei tempi».