Mondo professionale

C'è carenza di manodopera, «ma questo è solo l'inizio»

Gli imprenditori ribadiscono: in futuro mancheranno sempre più lavoratori – Lanciato un appello a favore dell'immigrazione: «È parte della soluzione ma non sarà sufficiente» – Chiesti meno paletti e più flessibilità
©Chiara Zocchetti
Luca Faranda
27.06.2023 06:00

«Al momento rimangono vacanti circa 130 mila posti di lavoro». L’allarme - non nuovo, in realtà - è stato rilanciato dal presidente dell’Unione svizzera degli imprendtori, Valentin Vogt. Di più. «Entro il 2040 mancheranno, cumulativamente, circa 431 mila persone nel mercato del lavoro, pari a circa l’8% dell’attuale popolazione attiva», ha aggiunto dal canto suo Christoph Mäder, presidente di economiesuisse, in conferenza stampa a Berna.

La causa principale? L’ondata di pensionamenti dei «Baby boomer» sta causando - e soprattutto provocherà - ampie lacune: di anno in anno, le persone che vanno in pensione sono più dei giovani che entrano nel mercato del lavoro. Ciò non è solo negativo per il mondo professionale, ma anche per il finanziamento della previdenza a lungo termine.

Prospettive cupe

«Le prospettive sono cupe», teme economiesuisse, secondo cui nel 2029 il numero di persone che raggiungerà l’età pensionabile supererà di ben 30 mila unità la forza di lavoro giovane che entrerà nel mercato del lavoro.

A Berna, i rappresentanti delle associazioni economiche (tra cui quella dell’industria tessile) hanno presentato una serie di possibili soluzioni: tra queste, permettere alle persone più anziane di rimanere a lungo nel mercato del lavoro, anche oltre l’età della pensione. È quindi necessario «eliminare gli svantaggi» e creare incentivi, ma non si è parlato di un nuovo aumento generalizzato dell’età di pensionamento. Tra le altre ricette c’è in particolare la possibilità di permettere a tutti coloro che si sono formati in Svizzera di poter lavorare nel Paese e di «sfruttare al meglio il potenziale della forza lavoro nazionale».

Non vengono invece citati espressamente aumenti di salari o concreti miglioramenti delle condizioni di lavoro, se non «favorire ulteriormente la conciliabilità tra lavoro e famiglia». Oltre a ciò, viene chiesto allo Stato di fare un passo indietro: «la forte crescita dei posti di lavoro presso l’amministrazione federale, cantonale e aziende parastatali sta sottraendo sempre più forza lavoro al settore privato», criticano economiesuisse e l’Unione svizzera degli imprenditori.

«Modello di successo»

Agli occhi delle organizzazioni economiche, per arginare e la carenza di manodopera non bisogna chiudere la porta ai lavoratori esteri. «Finché la Svizzera rimarrà un paese di immigrazione, le sfide che dovrà affrontare saranno meno gravi», sostengono gli imprenditori, secondo cuoi «occorre contrastare gli attacchi al modello di successo della libera circolazione delle persone». Questa, per economiesuisse, «aiuta ad attutire le conseguenze negative dello sviluppo demografico». Tuttavia, l’immigrazione - definita «parte della soluzione» - da sola non è sufficiente per affrontare queste sfide.

Libertà imprenditoriale 

La critica - prima nei confronti della destra, in particolare contro l’UDC - si sposta così rapidamente a sinistra, che tende a mettere troppi paletti. «L’attenzione deve essere rivolta anche alla produttività», aggiungono, sottolineando che un suo incremento porta a salari più alti, a maggiori detrazioni e a entrate fiscali supplementari. Pertanto, le imprese svizzere devono poter essere più competitive sui mercati internazionali, sfruttando l’innovazione.

Per farlo, però, le associazioni economiche chiedono una maggiore «libertà imprenditoriale» tramite una regolamentazione più snella e flessibile. «Dobbiamo quindi fare tutto ciò che è in nostro potere per garantire che le condizioni quadro per le imprese ad alto valore aggiunto siano mantenute e migliorate in modo mirato».

Centri di formazione in Africa 

«La quasi totalità della crescita demografica mondiale nei prossimi decenni avverrà in Africa. Pertanto c’è un enorme potenziale di forza lavoro in questa regione», ha affermato in un’intervista al «Tages-Anzeiger» Manuel Buchmann, esperto di demografia, che ipotizza anche di creare centri di formazione nei Paesi africani.

A suo avviso, la Svizzera avrà bisogno al più presto di una strategia demografica, anche perché attualmente - nella Confederazione - una persona su cinque ha più di 65 anni. Nel 2050, sarà invece una su quattro.