Campagna elettorale

C’è da fare? Facciamolo, anzi «facci» lei

Usi e riusi del verbo magico della politica ticinese
In piazza Governo a Bellinzona anche la foca fa.
Bruno Costantini
30.03.2019 06:00

L’uso del verbo «fare» è tipico delle campagne elettorali. È un verbo magico che permette di dire tutto e soprattutto nulla: «abbiamo fatto», «stiamo facendo», «faremo», naturalmente in nome del bene comune e del cittadino (fatto fesso). Non è un caso che in queste settimane di campagna elettorale verso il rinnovo di Consiglio di Stato e Gran Consiglio del 7 aprile vi sia stato un parossistico fiorire di annunci da parte dei lodevoli governanti uscenti. Mai si era assistito a un simile moltiplicarsi di conferenze stampa per presentare la bontà delle realizzazioni (tutte adesso, in un colpo: qui si fa di brutto) e prospettare luminosi traguardi se tutti assieme saremo pronti a fare. Mettiamoci allora nello spirito del morettiano «faccio cose». Qualche esempio spulciando qua e là e nessuno s’offenda se è stato dimenticato, sappiamo che il partito del fare è vasto e molto attivo: anche nell’ombra ci sono indefesse apine operose che fanno.

Dunque, il candidato popolare-democratico al Governo Raffaele De Rosa ha impostato la sua campagna sul perentorio slogan: «C’è da fare». Punto e stop e rimbocchiamoci le maniche. La sua collega di lista Alessandra Zumthor è però più pignola e gli ricorda che «per fare ci vuole un ideale». La leghista Sabrina Aldi si ricandida al Parlamento «perché c’è ancora tanto da fare» (l’ideale di dare una mano), mentre il democentrista Alessandro «Bubi» Berta, pure in corsa per il Gran Consiglio, non fa troppa filosofia e va dritto al sodo: «C’est en faisant n’importe quoi qu’on devient n’importe qui». Un altro aspirante parlamentare, il liberale Cosimo Lupi, vuole invece «modellare l’avvenire con la politica del fare». Lo sforzo più immane è però quello del Partito socialista, che vuole decisamente strafare: «Innalziamo il canto della resistenza: facciamoci in quattro per confermare il seggio socialista in Consiglio di Stato e rafforzare la nostra presenza al Gran Consiglio».

A tutti dà una risposta il Partito liberale radicale che ha giocato la sua campagna elettorale sull’ambiguo e onnicomprensivo slogan «#facciamolo!». C’è da fare? Ecchecavolo, facciamolo! Poi, certo, al momento di mettersi a fare bisognerà vedere chi comincia a sporcarsi le mani: «facci lei», direbbe Fantozzi. Ma attenzione, in agguato c’è la Lega che pure intende fare, tuttavia in altro modo. Al grido «asfaltiamoli!» via Monte Boglia lancia le sue truppe cammellate verso gli altri tre partiti di Governo. Con una ghiotta ricompensa se l’impresa dovesse riuscire: «più Merlot e più gelato per tutti», promette il redivivo conte zio, senza però spingersi fino all’ardito obiettivo programmatico di Cetto La Qualunque che otto anni fa costò la candidatura al Gran Consiglio a un esuberante liberale momò. Insomma, facciamo ’ste elezioni. Pronti a ripartire dall’8 aprile, vincitori e trombati, con rinnovato entusiasmo: «abbiamo fatto», «stiamo facendo», «faremo».