C'è un fortino incastonato nel tunnel fra le due dogane

Magari, passando di là, qualcuno se lo sarà chiesto. Che cosa ci fanno una grande porta di metallo e un altrettanto imponente cancello blindato nella galleria fra la dogana di Gandria e quella di Valsolda? Per trovare una risposta dobbiamo salire sulla macchina del tempo e tornare ai primi anni della seconda guerra mondiale. «Sono elementi di uno sbarramento fortificato» ci spiega il tenente colonnello Paolo Germann, già comandante del settore fortificazioni 62 e memoria storica delle infrastrutture militari dell’esercito svizzero. «Come al San Giacomo e al Sant’Jorio – racconta l’esperto – anche il settore di Gandria conobbe da subito l’urgenza di contromisure militari direttamente alla frontiera. Infatti negli anni ’20 e ’30 l’Italia aveva realizzato alcune strade che arrivavano direttamente alla nostra frontiera». Proprio come il collegamento rivierasco fra Porlezza e Lugano, costruito nel 1926. «Con l’entrata in guerra dell’Italia, la mobilitazione generale dell’esercito svizzero e la conseguente chiusura dei valichi stradali, lacuali e ferroviari, fu necessario rafforzare quel settore affacciato sul Ceresio, che era sprovvisto d’impianti difensivi. Così, nell’ottobre del 1939, la questione di Gandria arrivò sul tavolo del colonnello divisionario Prisi, che valutò l’opera prioritaria e inviò un documento al generale Guisan per la decisione finale». Detto, fatto. Fu realizzato un fortino di fanteria armato con quattro mitragliatrici MG11 (di cui due rivolte verso il lago su un affusto a perno), un portone blindato per sbarrare in modo completo la strada e un impianto con cinque camere di mina fra la dogana svizzera e quella italiana (con all’interno 1.848 chilogrammi di tritolo) mentre più verso Lugano, all’altezza della galleria della valle della Lepre, furono scavate altre quattordici gallerie di minamento contenenti altri 516 kg di tritolo).
Una «saracinesca medievale»
Germann descrive il fortino di Gandria – denominato A8005 e costruito per la maggior parte da imprese private secondo il progetto dell’Ufficio delle fortificazioni del San Gottardo – come «un unicum svizzero», vista la presenza del portone e del posto di accensione dell’impianto minato. «La posizione ha portato la Svizzera a realizzare un’opera unica, con un portone a caduta di trenta tonnellate costruito all’interno di una galleria stradale. Questa moderna interpretazione della saracinesca medievale aveva la funzione di bloccare un eventuale passaggio dei carri armati dalla nuova strada Porlezza-Lugano e mettere al sicuro la città da un eventuale colpo di mano, dato che era un obiettivo d’attacco previsto dall’Italia nel 1940». Vista la sua particolarità, lo sbarramento di Gandria è stato valutato come un manufatto d’interesse nazionale nell’ambito dell’inventario ADAB: un elenco degli ex siti militari degni di conservazione, come ad esempio fortificazioni, campi di aviazione e postazioni missilistiche.