L'accordo

Che cos'è è l'Alto mare, ora protetto dalle Nazioni Unite

Di fatto, da oggi le acque internazionali non saranno più considerate «terra di nessuno» ma luogo in cui i membri dell'ONU si impegneranno a proteggere la biodiversità e le risorse degli oceani
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Jenny Covelli
05.03.2023 16:00

Dopo anni di trattative, gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno raggiunto un accordo sulla protezione dell'Alto mare, tesoro fragile e vitale che copre quasi la metà del pianeta. Il trattato assicurerà «la protezione dell'oceano al di là delle giurisdizioni nazionali», ha ricordato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. «Si tratta di un accordo storico», ha scritto il commissario europeo per l'ambiente Virginijus Sinkevicius su Twitter. «È un passo importante per raggiungere l'obbiettivo della COP15 sulla protezione degli oceani», secondo cui entro il 2030 dovrà diventare protetto il 30% di tutte le aree terrestri e marine (oggi sono il 17% di quelle terrestri e il 10% di quelle marine).

Ma che cos'è l'Alto mare?

L’Alto mare è l’area di mare che si trova al di là della Zona Economica Esclusiva (ZEE) nazionale – oltre le 200 miglia nautiche dalla costa, se gli Stati hanno dichiarato la EEZ – e occupa circa due terzi dell’oceano. Questa zona fa parte delle acque internazionali, quindi al di fuori delle giurisdizioni nazionali, in cui tutti gli Stati hanno il diritto di pescare, navigare e fare ricerca, per esempio. Allo stesso tempo, l’Alto mare svolge un ruolo vitale nel sostenere le attività di pesca, nel fornire habitat a specie cruciali per la salute del pianeta e nel mitigare l’impatto della crisi climatica.

Ma nessun governo si era finora assunto la responsabilità della protezione e della gestione sostenibile delle risorse di Alto mare, il che rende queste zone vulnerabili. Alcuni degli ecosistemi più importanti del pianeta sono a rischio, con conseguente perdita di biodiversità e habitat. Secondo le stime, tra il 10% e il 15% delle specie marine è già a rischio estinzione.

Perché è importante l'accordo

Ecco perché è importante il nuovo accordo: tutti i membri dell'ONU si assumono la responsabilità di proteggere l'Alto mare, anche con una gestione sostenibile delle risorse. Uno degli obiettivi del trattato è infatti invertire il trend di declino della salute dell’oceano e della perdita di biodiversità ed ecosistemi. La vita marina che vive nell'Alto mare è a rischio di sfruttamento, estinzione ed è vulnerabile alle crescenti minacce della crisi climatica, della pesca eccessiva e del traffico marittimo. Poiché gli ecosistemi in Alto Mare sono scarsamente documentati, i ricercatori temono che gli organismi possano estinguersi addirittura prima di essere scoperti.

Sono state necessarie trentotto ore di estenuanti negoziati, a New York, prima che Rena Lee, ambasciatrice delle Nazioni Unite per gli oceani, potesse battere il martelletto: «La nave ha raggiunto la riva», ha quindi esclamato tra gli applausi. Un trattato storico. Di fatto, da oggi l'Alto mare non sarà più considerato «terra di nessuno» ma luogo in cui i membri dell'ONU si impegneranno a proteggere la biodiversità e le risorse degli oceani. L'accordo prevede infatti di collocare il 30% delle acque internazionali in mare aperto – quelle cioè, come detto, in cui tutti i Paesi hanno diritto a pescare, navigare e fare ricerche – in aree protette entro il 2030, in modo da salvaguardare migliaia di specie e aiutare gli ecosistemi a riprendersi. In particolare, prevede che nelle aree protette stabilite dal nuovo accordo vengano fissati limiti alla pesca, alle zone in cui possono transitare le navi e alle attività di esplorazione che vi si possono svolgere, come (in particolare) l’estrazione dei minerali dai fondali oceanici. Prevede anche l’istituzione di una conferenza (COP) che si riunirà periodicamente per discutere delle questioni pertinenti.

Il passo indietro

La gestione delle attività in mare e la tutela della biodiversità marina sono regolate dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS), firmata nel 1982 e rettificata da 158 Stati membri. Ecco, perché per certi versi questo accordo era atteso da decenni. L'ultimo accordo internazionale sulla protezione degli oceani risale a 41 anni fa. Una Convenzione che ha dei limiti, soprattutto sulle tematiche che riguardano l’Alto mare e la tutela della biodiversità. In tutta la zona – che come detto occupa due terzi dell'oceano del mondo, un'area gigantesca – solo l'1,2% delle acque era finora strettamente protetto e tutta la vita marina al di fuori è stata messa costantemente a rischio.

È vero, i Paesi aderenti dovranno riunirsi di nuovo per adottare formalmente il testo e decidere le modalità per implementarlo, prima di iniziare con le politiche di protezione. Ma lo storico accordo è stato raggiunto e l’Unione europea si è impegnata a investire 40 milioni di euro affinché venga ratificato e applicato in tempi brevi.

Di chi è il mare?

«Di chi è il mare?» è una domanda che si sente spesso e che altrettanto spesso sembra non avere una risposta. In realtà, è proprio la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) a regolare il Diritto del Mare dal 1982. Un articolo di Valentina Lovat della Commissione Oceanografica Intergovernativa dell'UNESCO (IOC-UNESCO) ne spiega le origini e il significato.

Zonazione dello spazio marittimo – Camilla Tommasetti per IOC-UNESCO
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