Chi è Gina Miller, che ha vinto il ricorso su Brexit

LONDRA - Immigrata, manager di successo, creatrice di un fondo d'investimento ma anche di una ong che vigila sulla trasparenza della finanza della City, filantropa con un breve passato di modella.
È questo il profilo di Gina Miller, la cittadina britannica che ha condotto e vinto il ricorso, presentato dallo studio legale Mishcon de Reya all'Alta Corte, contro la Brexit, bloccando l'iter dell'articolo 50 del Trattato Ue che regola l'uscita dall'Unione europea, sottoponendolo al voto del Parlamento britannico.
"Sono al settimo cielo" ha dichiarato oggi in una breve conferenza stampa davanti all'edificio neogotico sulla Strand, a Westminster, che ospita la High Court of Justice del Regno Unito, la donna che è stata la punta di lancia dell'opposizione legale alla Brexit, che ha bloccato l'ingranaggio della Brexit, che pareva inarrestabile, umiliando il governo decisionista di Theresa May.
Ma che, agli occhi di molti fautori del 'Leave' e di molti elettori, soprattutto in provincia, rappresenta quel mondo arricchito ed elitario della City che la 'pancia' del Paese nel referendum del 23 giugno ha voluto rigettare come fumo negli occhi al pari degli odiati 'eurocrati'.
Ma nello stesso mondo della finanza, nel quale si è ritagliata un posto con il fondo d'investimento SCM Private, da lei creato con il marito nel 2014, Gina Miller rappresenta un elemento per certi versi anomalo, addirittura una spina nel fianco.
Insieme al marito-socio Alan, manager di hedge-fund, ha creato nel 2012, due anni prima di SCM, una ong, la True and Fair Campaign (trasperenza e giustizia), con la missione di informare e di prevenire le truffe e i trucchi della finanza nei confronti dei risparmiatori, dalle tariffe nascoste fra le righe dei contratti alla gestione poco trasparente dei risparmi nell'industria dei fondi d'investimenti della City of London.
Nata 51 anni fa nella Guyana e cresciuta in Inghilterra, studi di marketing alla University of London, una breve carriera da modella prima di diventare manager alla Bmw nel 1990, in una recente intervista la Miller si è definita "una disadattata motivata a cui stanno stretti i vincoli della vita aziendale", che trae dalla sua cultura sudamericana "un forte punto di vista matriarcale".
La True and Fair Foundation ha speso per beneficenza 136mila sterline nel 2015 e lei è personalmente fra i maggiori finanziatori del Royal Chelsea Hospital di Londra. E non risparmia neanche bacchettate al terzo settore, del quale ha in passato messo all'indice il 'carrierismo' dei dirigenti.
In un'intervista a Business Insider, si diceva contro il 'Leave' ma tiepidamente per il 'Remain'. "Ero per restare (nell'Ue), riformare e rivedere", prima di "essere rimasta di sasso per il risultato del referendum". "Sentivo che avevano mentito alla gente" e che non c'era alcun piano B.
La motivazione del ricorso di cui è stata la punta di diamante riguarda anzitutto - spiega Miller - il modo in cui si è deciso di invocare l'articolo 50, cioè per "prerogativa" della Sovrana, saltando i delicati meccanismi costituzionali e togliendo potere negoziale davanti all'Ue. Il referendum, dice, è stato solo "consultivo".
Ma soprattutto, "se creiamo il precedente che il governo può usare la sua prerogativa per sottrarre alla gente i suoi diritti civili", cioè saltando quello che prevede la costituzione (pur mai codificata), "entriamo in un terreno molto pericoloso".
Per non parlare dei diritti violati di scozzesi e nordirlandesi, che in maggioranza hanno votato per il Remain. "Non possiamo lasciare che questo processo sia preso in mano da bulli", conclude l'eroina degli