Chi pagherà quel farmaco ora troppo caro?

BERNA - Non sono bastati due ricorsi al Tribunale federale per mettere la parola fine alla questione di chi pagherà il farmaco Scenesse a una donna residente in Ticino che soffre di una e rara malattia alla pelle - la protoporfiria eritropoieica (EPP) - che le causa bruciori, eritemi ed edemi nelle zone esposte al sole.
Il problema alla base è l'aumento vertiginoso, nel corso del 2015, del costo del farmaco deciso dalla ditta produttrice, Clinuvel Pharmaceutical. Farmaco che apparentemente è l'unico in commercio in grado di trattare con successo la patologia di cui soffre la donna. Per intenderci: fra il 2012 e il 2015 CSS (la vecchia assicurazione della donna) le rimborsava 6.560 franchi per dose, da assumersi da 4 a 5 volte l'anno. Poi, l'aumento del prezzo. Ora una dose costa 18.989 franchi (saranno 24.772 a partire dal 2019), tre volte tanto. CSS ha informato la donna che non avrebbe però modificato il suo rimborso, e da novembre 2016 l'avrebbe anzi decurtato del 20%; decisione mantenuta anche da Intras al cambio di cassa malati.
Il 21 settembre 2016 la Corte cantonale delle assicurazioni del Canton Ticino ha dato ragione alla donna e sentenziato Intras a coprire interamente i costi del farmaco, ma entrambi hanno interposto ricorso al Tribunale Federale: la donna perché la copertura era per quattro dosi, mentre la dottoressa che l'aveva in cura gliene aveva prescritte cinque; l'assicurazione perché voleva l'annullamento della decisione.
Il Tribunale federale, nella sua decisione del 9 maggio, resa nota oggi, ha però rimandato l'incarto alla Corte cantonale, per rifare la procedura su nuove basi. Se da un lato ha ritenuto che il medicamento è stato omologato per la cura della EPP da uno Stato (la Germania) con sistema di omologazione equivalente e che il farmaco ha in generale un'utilità terapeutica molto elevata, dall'altro ha lamentato che in questo caso i rapporti sullo stato di salute della paziente da parte della dottoressa che l'ha in cura fossero troppo succinti e non sufficienti a determinare l'impatto positivo del medicamento nella vita della donna (la dottoressa ha affermato che prima delle dosi di Scenesse la paziente fosse costretta a vivere al buio, e che grazie al medicamento aveva potuto addirittura intraprendere un'attività lavorativa). I giudici di Mon Repos hanno anche contestato le cinque dosi annuali prescritte dalla dottoressa, quando la posologia del farmaco (che in Svizzera non è omologato da Swissmedic, ma lo è in Europa) afferma che ne bastino quattro.
Starà dunque alla Corte cantonale ordinare una nuova perizia medico giudiziaria per fare maggior luce sullo stato di salute della donna e, in seguito, arrivare a una nuova sentenza in grado di stabilire se il rapporto costi/benefici del farmaco vi sia o meno. Nel mentre, entrambe le parti dovranno versare 500 franchi per spese giudiziarie e Intras 2.800 alla donna a titolo di ripetibili.