Chi sono gli zingari che vogliono integrarsi

Di nomadi si parla meno di qualche anno fa, oggi in Ticino. Sarà che – per fortuna – sono passati i tempi in cui qualcuno, irritato dalla loro presenza, rispolverava il fucile e sparava un colpo intimidatorio che andava a bucare una roulotte (ricordiamo episodi simili nel 2010 e nel 2004). Sarà che la situazione dei cosiddetti «zingari» non sembra causare disagi negli ultimi tempi. Ma il fenomeno del nomadismo non si è per questo estinto. E c’è chi l’ha studiato a fondo, come Nadia Bizzini (mediatrice culturale del Cantone e autrice del saggio Gli altri noi. Rom e residenti nella Svizzera italiana: etnografia e mediazione, Armando Dadò editore), che ci spiega una differenza importantissima che pochi conoscono: quella tra rom e jenisch.
Nadia Bizzini, ci aiuti a capire chi sono i nomadi «di casa nostra», gli jenisch.
«La differenza tra nomadi svizzeri e nomadi stranieri? Anche se entrambe le comunità adottano uno stile di vita itinerante, perlomeno da marzo a ottobre, le differenze sono molto importanti. Questo stile di vita porta anche a dei bisogni specifici, come appunto delle aree su cui sostare».
E qual è la situazione, su questo fronte?
«I nomadi svizzeri, jenisch, richiedono alle autorità locali di metter loro a disposizioni dei terreni sui quali soggiornare, ma non sempre trovano un responso positivo. In altri Stati europei, come per esempio in Francia, le autorità hanno allestito diverse aree di sosta per i nomadi francesi, seguendo la legge di Le Besson che prevede un’area in ogni Comune di 5’000 abitanti. Quindi i rom francesi, ovvero i nomadi stranieri che solitamente vengono in Svizzera e richiedono delle aree di sosta, in Francia ne hanno parecchie. I nomadi svizzeri però non possono sostarvi e comunque si spostano unicamente entro i confini elvetici. Sempre di più gli jenisch si sentono quindi discriminati da alcune autorità cantonali svizzere che mettono a disposizione delle aree per i nomadi stranieri ma non per quelli svizzeri».

E in Ticino?
«Il Governo ticinese rispetta i diritti dei nomadi svizzeri e per questo motivo gli jenisch sono riconoscenti e i rapporti sono ottimali».
Torniamo al confronto tra nomadi svizzeri e nomadi stranieri...
«Ho avuto modo di conoscere i nomadi svizzeri e anche quelli stranieri, sia a livello interpersonale sia storico-culturale. Entrambe sono comunità che inizialmente hanno cominciato ad adottare uno stile di vita itinerante per proteggere la propria identità culturale, minacciata per un motivo o l’altro. I nomadi stranieri hanno intrapreso “il viaggio” si ipotizza già nel X secolo partendo dalle loro origini geografiche, l’India del Nord. Mentre gli jenisch sono originari dell’Europa germanofona e abitavano zone oggi svizzere ancora prima che nascessero gli Stati, Svizzera compresa».
Quali sono le loro caratteristiche?
«Gli jenisch erano una comunità culturale che parlava appunto lo jenisch e si suppone che per qualche ragione si sentì minacciata al punto di adottare uno stile di vita itinerante circa nel XV secolo, quando i rom cominciavano a passare anche in centro Europa, con tratti indiani e la pelle scura. In quel periodo storico i rom erano accolti bene dalle popolazioni locali poiché raccontavano che erano in pellegrinaggio con la benedizione del Papa. Al punto che gli jenisch, di carnagione bianca e spesso con le lentiggini, cominciarono a colorarsi la pelle così da camuffarsi da rom, sperando di essere meglio accolti».
Oltre alla pelle, quali sono le differenze?
«Oltre alle origini storiche e geografiche, tra rom e jenisch v’è una serie di differenze culturali, che concernono la concezione della cittadinanza, i valori educativi e famigliari e anche gli aspetti linguistici. Col tempo ognuna di queste due popolazioni, pur parlando anche gli idiomi delle popolazioni locali, ha mantenuto la propria lingua: lo jenisch e il romanès, due idiomi del tutto diversi. Gli jenisch conservano la loro lingua-madre pur inserendo i figli a scuola, con qualche mese di insegnamento a distanza durante i mesi primaverili, mentre i rom rifiutano categoricamente l’istituzione scolastica perché la percepiscono come un rischio al mantenimento della loro identità».

E i rapporti con gli «altri»?
«È l’aspetto che spicca maggiormente nella differenza tra queste due comunità culturali. I rom costruiscono la propria identità quale comunità distinta dagli altri in maniera conflittuale, come difesa per evitare di essere assimilati alla società dominante. Gli jenisch invece cercano di integrarsi con la popolazione locale e di stabilire una convivenza pacifica, pur con la volontà di mantenere la propria lingua e il proprio stile di vita itinerante. Questa differenza si ripercuote anche nella maniera in cui i due gruppi soggiornano nelle aree: i rom sporcando e causando conflitti con i residenti, gli jenisch mantenendo il massimo rispetto dei luoghi e delle persone. Antropologicamente parlando i due gruppi culturali hanno due tipi di cosmologie del tutto diverse. Ultimamente stanno diventando sempre più antagonisti tra loro proprio a causa di certe autorità locali che favoreggiano la sosta ai nomadi stranieri piuttosto che agli jenisch. Al punto che ultimamente uno jenisch mi ha riferito: “Siamo al punto di doverci di nuovo tingerci di scuro la pelle, noi jenisch svizzeri?”»
NORMAN GOBBI: UN MODELLO UNICO IN SVIZZERA
Nel Canton Ticino nell’allora 2006 è stata costituita una «Cellula operativa nomadi» composta dal Segretario generale del Dipartimento delle istituzioni, un referente della Polizia cantonale e un mediatore, come modello di gestione unico in Svizzera.
La stretta collaborazione tra i referenti della «Cellula operativa nomadi» è da sempre stato un atout nella gestione delle situazioni puntuali, soprattutto durante la presenza negli anni passati dei nomadi stranieri, ovvero i rom.
L’introduzione della figura di mediazione ha anche permesso alle autorità locali di venir a conoscenza dei diversi aspetti storico-culturali dei gruppi solitamente chiamati senza distinzione «zingari». Il lavoro sul terreno quale mediatrice e lo studio antropologico di Nadia Bizzini ci ha dato gli elementi per affermare che tra nomadi svizzeri (jenisch) e nomadi stranieri (rom) le somiglianze sono unicamente legate alla scelta di vita itinerante, mentre non vi è alcuna affinità culturale, linguistica, storico-geografica e soprattutto nella maniera di interagire con le popolazioni locali.
È oltremodo importante sottolineare che dal 2002 i nomadi svizzeri sono riconosciuti come minoranza nazionale (cfr. perizia del 27 marzo 2002 dell’Ufficio federale di giustizia). Le autorità cantonali sono obbligate a fornire aree di stazionamento ai nomadi svizzeri anche in conformità con la sentenza del 28 marzo 2003 del Tribunale federale, che riconosce i diritti di praticare il nomadismo ai nomadi elvetici e promuove «la messa a disposizione di luoghi di sosta in numero sufficiente nei Cantoni, affinché i nomadi svizzeri possano condurre una vita conforme alle loro tradizioni» (Sentenza Tribunale Federale 2003).

Per i nomadi stranieri, invece, la Costituzione elvetica non prevede il diritto di sosta in aree di transito in Svizzera come ribadito nella sentenza del 2019 del Tribunale federale in cui invita anche a differenziare i rom dagli jenisch appunto per evitare una discriminazione del tutto a sfavore degli jenisch.
Tale approccio abbraccia la politica del Governo ticinese, adottata già nel 2011 con la decisione di impegnarsi a garantire il soggiorno ai nomadi svizzeri in aree di sosta, ma non ai nomadi stranieri. Da qualche anno i nomadi svizzeri usufruiscono di una parte del terreno Seghezzone (quartiere di Giubiasco) come area provvisoria. L’obiettivo dei prossimi anni sarà di allestire un’area permanente, grazie alla preziosa collaborazione del Comune di Bellinzona.
Le difficoltà incontrate finora nel trovare un terreno da adibire ad area permanente per i nomadi svizzeri sono dovute alla reticenza della popolazione locale essenzialmente legata alla confusione tra gli jenisch e i rom, da cui l’importanza di informare la popolazione sulla indiscutibile differenza tra i due gruppi itineranti.
Norman Gobbi

LUCA FILIPPINI: DAL CENERI AL SEGHEZZONE
Gli jenisch per diversi anni avevano a disposizione un campeggio sul Monte Ceneri, di loro gestione, finanziato dalla Fondazione Radgenossenschaft der Landstrasse e in parte sovvenzionato anche dalle autorità cantonali. Nell’ottobre del 2010 i proprietari del terreno hanno deciso di cambiarne la destinazione annullando il contratto di locazione.
Da allora si sono cercate soluzioni alternative, senza esiti, fino al 2014 quando l’allora Comune di Giubiasco accolse la richiesta del Cantone di mettere a disposizione una parte del terreno Seghezzone, da anni già a disposizione della Missione evangelica zigana svizzera per un paio di settimane l’anno.
L’area è dedicata unicamente ai nomadi svizzeri ed è aperta da marzo a ottobre, come soluzione temporanea.
Nel corso di questi anni non si sono riscontrati disagi tanto che con la nascita della Grande Bellinzona, il nuovo Comune ha voluto adottare la lunga tradizione ad accogliere i nomadi svizzeri, collaborando con le autorità cantonali per trovare un terreno sul quale adibire un’area jenisch permanente.
Luca Filippini
