Il saluto

Ciao Silvana

Il ricordo della poetessa e scrittrice svizzera Lattmann, vincitrice di tre premi Schiller
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
23.07.2023 06:00

Poetessa, scrittrice, vincitrice di tre Premi Schiller, italiana di origine (il cognome da nubile era Abruzzese), Silvana Lattmann era una donna intelligentissima, colta, curata, schietta e sincera. E da giovane anche bellissima. Una vita lunghissima, la sua. Che le ha dato tante gioie, come figli e nipoti, ma anche sofferenze. La morte prematura del padre, la scomparsa del marito, morto in un sommergibile durante la Seconda guerra mondiale. Una vita intensa. A volte crudele. Altre bellissima.

Ho avuto la fortuna di incontrarti, Silvana. E di frequentarti. Venivo a Rüschlikon, dove hai passato gli ultimissimi anni della tua vita. Il primo incontro nel 2021 per lavoro. Ti ho intervistata per La Domenica. Mi hai invitato a pranzo, abbiamo parlato tanto. Perché eri lucidissima, nonostante l’età. Mi hai raccontato la tua vita, il tuo essere poetessa. E io ti avevo parlato di me. Dei miei romanzetti scritti tutti negli ultimi anni. Mi avevi guardato e mi avevi rimproverato. «Hai scritto troppo in fretta, non devi averne, invece, di fretta. Io non ne ho». Mi avevi lasciato di sasso con quella frase. Tu che avevi già 102 anni e mi dicevi di non avere fretta. Poi ci siamo risentiti, al telefono, e anche rivisti, altre due volte. Perché volevi parlarmi di un progetto. Avevi più di una storia in mente! E io mi ero proposto di aiutarti. «Vorrei ambientare un giallo qui, in questa casa anziani», mi avevi confidato. Ma in realtà il tuo progetto era un altro. «Storia di un’amicizia», è la bozza che mi hai dato. Un manoscritto bellissimo. Che ho divorato. Parla della tua amica Gila. Della vostra amicizia. Di uno scambio epistolare lungo, intenso, sincero, bellissimo e drammatico. Avrei dovuto aiutarti a terminarlo, quel manoscritto. Perché mi avevi detto di andare a cercare altro materiale a Zurigo, negli archivi della città, a cui hai donato tanto del tuo materiale letterario. L’ultima volta che ti ho sentita al telefono era stato prima di Natale. «Silvana continuiamo il libro? Ci vediamo?». Tu mi avevi risposto «Non c’è fretta, Andrea. Non c’è fretta. Dopo le feste». Come era bello venire a trovarti, Silvana. La tua stanza affacciata sul lago di Zurigo, i tuoi scaffali di libri, le tue fotografie. È stato come entrare nel tuo mondo, per almeno un pezzettino. Chissà cosa avevi visto in me, Silvana. Io in te avevo visto una donna bellissima, e scusami se sto usando sempre questo aggettivo. Una donna di un’altra epoca. La tua età non era quella sui documenti. Perché eri forte. Avevi preso il Covid e lo avevi sconfitto, così tanto per dire. Trasmettevi la tua età, la tua esperienza, il tuo lungo vissuto, con gli sguardi, i gesti e le parole. Una bellezza solenne, era la tua. 

E poi che libri che hai scritto, Silvana! Non solo di poesie. Non saprei quale scegliere. Forse quello che più mi ha colpito, perché me ne hai parlato diffusamente, è «Brunngasse 8», che hai pubblicato con Interlinea edizioni nel 2010. In quella via di Zurigo c’era stata la tua casa, prima del trasloco a Rüschlikon. C’era stata la tua casa e l’avevi trasformata in un libro pazzesco. Perché avevi scoperto che proprio quelle umili mura erano state abitate da… Spero che qualcuno prenda il tuo libro per scoprirlo come hai fatto tu. Che nella tua vita non ti sei mai fermata un momento. Ma hai sempre vissuto. Senza fretta.

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