Politica

Come sarebbe il Ticino con il maggioritario?

Un recente rapporto dell’Osservatorio della vita politica regionale mostra come sarebbero andate le elezioni cantonali se il nostro cantone avesse avuto un differente sistema elettorale - Proiezioni «puramente illustrative» e quindi da prendere con le pinze
Paolo Gianinazzi
27.11.2020 06:00

A scanso di equivoci, lo diciamo sin da subito: le proiezioni che illustriamo in questo articolo (come spiegano gli stessi autori dello studio che riprendiamo) sono «puramente illustrative» e i risultati «non devono essere considerati come indiscutibilmente realistici». Detto ciò, risultano comunque utili «per delineare alcune tendenze» e rispondere (in maniera ipotetica) a una semplice domanda: come sarebbero oggi il Consiglio di Stato e il Gran Consiglio se nelle scorse tornate elettorali, invece del sistema proporzionale, ci fosse stato quello maggioritario?

Una formula da cambiare?
Di riformare il sistema elettorale nel nostro Cantone si parla ormai da diversi decenni. Il Parlamento ha recentemente bocciato per la terza volta la reintroduzione della possibilità di congiungere le liste alle elezioni cantonali e comunali. Ma un altro discorso in voga da molto tempo riguarda il passaggio dall’attuale sistema proporzionale a quello maggioritario. Un cambiamento, in estrema sintesi, voluto da alcuni per poter garantire al sistema maggiore governabilità. Da notare, inoltre, che il Ticino in Svizzera resta l’ultimo cantone ad eleggere l’Esecutivo con un sistema proporzionale. L’ultimo tassello di questa discussione è uno studio dell’Osservatorio della vita politica regionale (OVPR) dell’Università di Losanna, realizzato da Oscar Mazzoleni e Andrea Pilotti. Uno studio, intitolato «verso una riforma del sistema elettorale per le elezioni del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio ticinesi?», che nasce da una mozione del 2015 dei deputati Fiorenzo Dadò (PPD) e Alex Farinelli (PLR).

Una materia complessa
Nello studio viene innanzitutto ricordato che la cosiddetta «ingegneria elettorale» è una materia complessa e che presenta diverse incognite. Per semplicità, infatti, i sistemi elettorali vengono sovente riassunti in due grandi famiglie: il proporzionale e il maggioritario. Tuttavia, ricordano gli autori dello studio, queste stesse famiglie al loro interno presentano diverse differenze, a partire dalla stessa formula elettorale, ma non solo: si pensi ad esempio all’influenza della taglia dei circondari, alla presenza (o meno) di una soglia di sbarramento, oppure, nel caso del maggioritario, alla eventualità del secondo turno. Oltre a ciò, è bene ricordare che le proiezioni si basano sui risultati ottenuti dai partiti con un determinato sistema, e la loro strategia (come quella degli elettori) potrebbe cambiare proprio in base al sistema utilizzato. Insomma, per farla breve, le componenti di imprevedibilità di queste proiezioni sono moltissime, e per questo motivo vanno prese con le pinze.

La frammentazione
Il tema della governabilità, come detto, è al centro di questo tipo di discussioni. I ricercatori, riguardo al «caso» ticinese, spiegano che «la questione della governabilità non sembra porsi oggi in Ticino, almeno per quanto riguarda l’attuale legislatura e quella precedente, in termini di mancata collegialità dentro il Governo, ma anzitutto come difficoltà di ‘‘dialogo’’ fra Governo e Parlamento». Per questo motivo gli stessi ricercatori, presentando i vari scenari, definiscono come «auspicabile» una riforma congiunta del sistema elettorale sia per l’elezione dell’Esecutivo che del Legislativo, proprio «per evitare un ampliamento delle differenze» fra questi ultimi.

Un Esecutivo un po’ diverso
Ma veniamo ora alle proiezioni vere e proprie, che i ricercatori hanno fatto applicando i risultati delle elezioni cantonali del 2015 e del 2019 ai sistemi utilizzati in quattro cantoni: Ginevra, Vaud, Grigioni e Zurigo. Le proiezioni avvengono dunque con un sistema maggioritario plurinominale a due turni, ma con due principali differenze: nel caso ginevrino e vodese, la maggioranza assoluta è rappresentata dalla metà più uno di tutte le schede valide (comprese quelle bianche), mentre nel caso grigionese e zurighese la maggioranza assoluta è rappresentata dalla totalità dei voti validi di tutti i candidati divisi per il doppio dei seggi da attribuire. Una differenza che, in parole povere, si traduce in una probabilità molto più alta di dover ricorrere al secondo turno con il modello di Ginevra e Vaud, mentre nel modello grigionese e zurighese è, al contrario, più probabile essere eletti già al primo turno. Non a caso, secondo le proiezioni dello studio, nel primo caso nessun candidato al Governo per le elezioni del 2015 e del 2019 sarebbe stato eletto al primo turno. Per questo motivo, su questo scenario, è praticamente impossibile fare proiezioni. Più interessanti, però, sono le proiezioni per il modello grigionese e zurighese (si veda il grafico qui sotto). In questo caso, sia nel 2015 che nel 2019 i cinque consiglieri di Stato sarebbero stati eletti già al primo turno. Rispetto a quanto avvenuto nelle «vere» elezioni, nel 2015 il Governo ticinese avrebbe avuto tre rappresentanti del PLR e due della Lega. Sarebbero quindi restati fuori i candidati PPD e PS. Da notare, inoltre, che (come avvenuto) ad essere eletti sarebbero stati Claudio Zali e Norman Gobbi per la Lega e Christian Vitta per il PLR. Al posto di Manuele Bertoli (PS) e Paolo Beltraminelli (PPD), però, nell’Esecutivo cantonale ci sarebbero stati Michele Bertini e Natalia Ferrara per i liberali radicali. Nel 2019, invece, PLR e Lega avrebbero ottenuto due seggi a testa: ancora Zali e Gobbi per la Lega, con Christian Vitta e Alex Farinelli per il PLR. In questo caso, Raffaele De Rosa avrebbe mantenuto il seggio popolare democratico. Ancora niente da fare, invece, per il partito socialista con Manuele Bertoli.

Come sottolineato più volte, però, sia i partiti che gli elettori con il nuovo sistema avrebbero con ogni probabilità adattato la propria strategia al contesto. I fattori di imprevedibilità, come visto, sono moltissimi, e cambiare le regole del gioco porta con sé un’infinità di incognite: la «fantapolitica» è spesso, se non sempre, lontana dalla realtà dei fatti.

Se il Gran Consiglio resta orfano dei piccoli partiti

Nello studio, i ricercatori non si sono limitati a fornire delle proiezioni per l’elezione dell’Esecutivo. E anche per il Parlamento cantonale, gli scenari di un eventuale passaggio a un sistema meno propozionale del nostro, sono alquanto interessanti. Anche in questo caso lo studio (si veda il grafico riassuntivo in fondo) si è basato sui sistemi attualmente in vigore in quattro cantoni: Ginevra, Grigioni, Vaud e Zurigo, ognuno con le sue peculiarità. Senza entrare troppo nei dettagli, il sistema ginevrino è abbastanza simile a quello ticinese: è proporzionale a circondario unico, ma a differenza del nostro cantone non è concesso il cumulo dei candidati, è possibile congiungere le liste ed è presente una soglia di sbarramento del 7%. Il sistema grigionese è invece maggioritario con 39 circondari, mentre quello vodese è proporzionale, con una soglia di sbarramento del 5% la possibilità congiungere le liste. Infine, anche il sistema zurighese è proporzionale, ma senza la possibilità di cumulare candidati e anch’esso con un quorum del 5%.

Le conseguenze
La prima constatazione fatta dai ricercatori è che tutti e quattro i modelli presi in considerazione (essendo meno proporzionali di quello ticinese), «avrebbero comportato tutti la perdita dei seggi per i tre partiti più piccoli (MPS, Più Donne e PC). Con il modello di Ginevra, a causa della soglia di sbarramento posta al 7%, avremmo assistito - anche se di poco - alla scomparsa dal Legislativo pure dell’UDC e dei Verdi del Ticino. Viene poi fatto notare che, con il modello maggioritario presente nei Grigioni, PLR e PPD avrebbero rafforzato sensibilmente la loro presenza in Parlamento, garantendosi addirittura la maggioranza assoluta all’interno del plenum con 62 seggi su 90. Infine, viene evidenziato nello studio, i modelli vodese e zurighese, al di là dell’esclusione delle formazioni più piccole, avrebbero assicurato un aumento leggermente più marcato di seggi per la Lega (3 in più con il modello vodese) e il PPD (4 in più con il modello zurighese).