Elezioni

Comunali, le donne restano poche: «È tutto strutturato come nel secolo scorso»

«Quando ho visto l’insediamento del Municipio di Bellinzona, composto da soli uomini, mi è venuto male agli occhi», afferma Davina Fitas, presidente della Commissione consultiva per le pari opportunità
Il Consiglio comunale di Berna in occasione dell’ultimo sciopero delle donne. © KEYSTONE / ANTHONY ANEX
Andrea Stern
Andrea Stern
21.04.2024 16:00

Con un Consiglio comunale composto da 55 donne e 25 uomini, Berna era fino a poco tempo fa la capitale svizzera del femminismo. Forse addirittura la capitale mondiale. «Non conosco nessun Parlamento al mondo con una quota femminile più alta», disse la politologa Martina Mousson nel novembre 2020 dopo che i cittadini bernesi avevano eletto un legislativo quasi al 70% femminile. Un risultato strepitoso. Ma nel corso della legislatura ben 25 donne hanno rassegnato le dimissioni e ora, tre anni e mezzo dopo, il gioco dei subingressi ha fatto crollare la rappresentanza femminile al 54%. Addio record.

«Abbiamo un enorme problema strutturale », ha proclamato alla NZZ am Sonntag la presidente del Consiglio comunale bernese, Valentina Achermann. Nella capitale del femminismo troppe donne hanno lasciato anzitempo la carica, molte delle quali motivando il passo indietro con la difficoltà di conciliare politica, lavoro e famiglia.

«Le capisco benissimo - commenta Tamara Merlo, deputata di Più Donne -. Gli orari della politica sono calibrati sulle esigenze di chi ha una moglie a casa che si occupa dei figli. Per come è strutturata, la politica comunale resta ferma ad abitudini del secolo scorso. Non è evidente per chi deve conciliare diverse attività».

Lo sa bene Lorena Gianolli, che alla fine dello scorso anno ha rassegnato le dimissioni dalla carica di consigliera comunale a Mendrisio. «Da mamma single, non è facile avere un impegno politico alla sera che spesso si protrae fino a tarda ora - spiega -. Il giorno dopo il figlio deve andare a scuola. Inoltre, quando mi sono candidata avevo un impiego al 70%, che svolgevo in buona parte da casa. Poi ho cambiato lavoro e sono passata al 90%, perlopiù in ufficio. La politica mi piace. Ma l’impegno della carica era diventato troppo pesante».

A Berna qualcuno ha ipotizzato anche che dietro alla raffica di dimissioni vi possano essere le aspettative molto alte delle donne. Una volta assunta una carica, vorrebbero svolgerla in modo perfetto. E se sentono di non riuscire a raggiungere l’asticella che loro stesse hanno fissato tanto in alto, allora preferiscono lasciare il posto ad altri.

«Non vorrei passare per quella che dice che le donne sono più brave degli uomini - riprende Tamara Merlo -.Ma ho l’impressione che le donne siano spesso molto diligenti, che non si accontentano di fare presenza ma vogliono studiare e approfondire i temi. Chiaramente non si può generalizzare, ogni persona è diversa. Ma mi sembra che tante donne investano moltissima energia in politica per recuperare il divario di genere, per mostrare il proprio valore. Posso immaginare che per qualcuna, alla fine, questo sforzo risulti eccessivamente oneroso».

Il risultato è che, nonostante i buoni propositi di alcuni partiti (non tutti), le donne restano in minoranza. Nel 2021 la percentuale di elette nei municipi era stata del 19%, domenica scorsa è stata del 21%, secondo i dati forniti a La Domenica dall’USTAT. Se si considera che le candidate donne erano il 29%, ecco che le urne sono state ancora una volta penalizzanti.

«Quando ho visto l’insediamento del Municipio di Bellinzona, composto da soli uomini, mi è venuto male agli occhi - afferma Davina Fitas, presidente della Commissione consultiva per le pari opportunità -. È vero che a Mendrisio abbiamo mantenuto due donne e che in altri Comuni qualche piccolo passo avanti è stato fatto. Però c’è ancora tanto da lavorare ».

Si potrebbe cercare di modificare gli orari della politica in modo da renderli meglio conciliabili con gli impegni familiari. Ancora prima, si potrebbe cambiare la propria visione di società. «È un dato di fatto che la gestione familiare pesa ancora soprattutto sulle spalle della donna - afferma Fitas -. Ma con le nuove generazioni qualcosa si sta muovendo e questo mi lascia ben sperare».

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