Con il Canale di Suez fuori rotta, l'Europa e l'Asia si allontanano

Gli attacchi degli Houthi in prossimità dello Stretto di Bab el-Mandeb continuano e paiono intensificarsi. Il gruppo navale a guida statunitense e britannica è presente quale scorta ma gli attacchi in territorio yemenita rischiano di estendere la crisi fino al fatidico Stretto di Hormuz, controllato dall’Iran. Presto si affiancherà un gruppo navale dell’Unione europea. Al di là degli aspetti geopolitici, le conseguenze economiche si fanno rilevanti, preoccupano armatori, operatori della logistica e ovviamente le aziende.
È Ignazio Messina, CEO della Ignazio Messina & C. da sempre ampiamente presente nell’area, a inquadrare la situazione: «La variabile tempo è la più importante, ossia quanto durerà questa situazione di emergenza e se verranno più o meno creati corridoi protetti attraverso il Bab el-Mandeb. In questa fase si verificano ritardi di 20-30 giorni nell’arrivo delle navi in Europa rispetto al transito attraverso il Mar Rosso. Tuttavia non dovrebbero verificarsi intasamenti logistici nei porti o nei trasporti terrestri, ma allungandosi la catena logistica assistiamo già a una carenza di naviglio fullcontainer e soprattutto a una carenza di contenitori vuoti. Le conseguenze immediate sono state l’aumento dei noleggi delle navi, del costo totale del bunker per la maggiore navigazione, l’impiego di un maggior numero di navi a parità di traffico».
I noli sono più che raddoppiati
Sul tema «caldo» dei noli che, secondo l’agenzia norvegese di monitoraggio marittimo Xeneta hanno subito un incremento di oltre il 240% sulla rotta Far East-Mediterraneo e del 235% su quella verso il Nord Europa, da metà dicembre 2023, interviene Stefano Messina, presidente di Assarmatori: «Occorre distinguere fra i vari segmenti del trasporto marittimo. Per i carichi di rinfuse secche e liquidi siamo in una situazione di sostanziale stabilità. Se invece parliamo di container, sono in atto aumenti anche sensibili, su alcune rotte. Ritengo che al momento i maggiori problemi riguardino l’import, visto che l’export italiano è molto differenziato e solo il 7% di questo transita attraverso Suez. L’aumento dei noli è causato dai maggiori costi che le compagnie devono affrontare, maggiori esborsi, tempi lunghi, maggior consumo di carburante, rincari assicurativi».
Si cercano rotte alternative
E gli effetti potrebbero essere di portata ampia, come indica Alessandro Santi, presidente di Federagenti: «Al perdurare di questa situazione potrebbero ingenerarsi fenomeni di aumento dell’inflazione e, soprattutto, radicarsi nuove vie marittime che potrebbero ridurre la centralità del Mediterraneo e depotenziare la portualità italiana».
Per Paolo Pessina, presidente di Assagenti «il fatto di stravolgere una o più linee, ad esempio Asia-Mediterraneo via Suez, genera la necessità di ripensare a un modello che varia in termini di miglia, tempi di transito, nuovi possibili scali, come nell’Africa meridionale e occidentale, utilizzo di centri di trasbordo nella zona di Gibilterra. I ritardi sono al momento naturali per i tempi di transito legati alla nuova rotta e soprattutto per il riassetto da parte delle compagnie di navigazione. In questo scenario si inserisce poi l’imminente Capodanno cinese che ogni anno genera profondi disservizi e ritardi nella catena logistica».
«Osservati speciali», anche per le imprese ticinesi e del Sud Europa sono i porti liguri, Genova in particolare, su cui fa il punto Paolo Piacenza, Commissario Straordinario per il sistema portuale del Mar Ligure Occidentale. «Un eventuale calo dei volumi di merce dal Far East potrebbe essere visibile a partire dal mese di marzo, soprattutto se la situazione di tensione dovesse perdurare. Comunque, anche in uno scenario di crisi prolungata, il mercato interno del Nord Italia (e del Ticino n.d.r.) pare difficilmente aggredibile dai porti nord-europei. Gli effetti di più lungo periodo sono incerti. Potrebbero riguardare un rafforzamento di politiche di reshoring in Europa e nell’area del Mediterraneo. Altre modalità di trasporto (via ferrovie o miste) potrebbero essere sviluppate, ma al momento pare difficile stimarne tempi, costi e impatti».
Ripercussioni anche in Ticino
Preoccupazioni vengono espresse anche sul versante ticinese. «L’incremento dei noli container e quindi dei costi di trasporto dei prodotti finiti provocherà tre fenomeni» indica Vincenzo Romeo, CEO di Nova Marina Carriers a Lugano. «Un incremento dei prezzi al consumo, una scarsità e talora la totale indisponibilità di alcuni prodotti rimasti invischiati nel parziale blackout della catena logistica; infine un effetto inflazione che a medio termine innescherà un trend recessivo. Per le navi che trasportano materie prime, in particolare acciaio, il problema Suez è moltiplicato dalla contemporanea impraticabilità dell’altra importante via d’acqua, il Canale di Panama, per l’abbassamento del livello dell’acqua».
«Non è ancora possibile» afferma Adriano Sala, presidente di ASTAG Ticino «formulare un conto dei danni e dei rincari, essendo la situazione ancora in evoluzione. È prevedibile un incremento delle tariffe. La catena logistica è una struttura delicata e ogni mutamento imposto da situazioni di emergenza innesca reazioni che spesso rendono difficile il regolare svolgimento della distribuzione di merci e prodotti».
Shipping, logistica e speculazione? È Vincenzo Romeo a concludere: «Se potessimo permetterci, noi armatori, di speculare sul breve periodo, l’aumento in atto dei noli sarebbe solo un segnale positivo. Ma quanto potrà durare? 3,4,5 anni ? Poi il mercato presenterà il conto e con l’economia mondiale che inizierà a contrarsi, anche il mondo dei trasporti si troverà a pagare un prezzo altissimo».