Con la vigilanza sui gestori il cambiamento è «epocale»

Per decenni il loro «perimetro» era praticamente sconosciuto. Si stimavano fossero compresi tra due e tremila e che gestissero averi finanziari attorno a 500 miliardi di franchi. Poi è arrivato un pacchetto di leggi che li ha obbligati a richiedere una licenza alla Finma per poter continuare a operare. Parliamo di società di gestione patrimoniale, le cosiddette «fiduciarie finanziarie» come vengono comunemente chiamate in Ticino, che rappresentano un pilastro dell’industria della gestione patrimoniale in Svizzera assieme agli istituti bancari e che finora, rispetto alle banche, erano meno regolamentate – o meglio, erano solo tenute ad essere affiliate a organismi di autodisciplina e, in Ticino, soggette alla normativa cantonale. Poi, al fine di conformare il diritto svizzero in materia di mercati finanziari agli standard internazionali, in particolare alla MiFID II e per garantire la protezione dei clienti sono entrate in vigore, a inizio 2020, le leggi sui servizi finanziari (LserFi) e sugli istituti finanziari (LIsFi). Quest’ultima impone ai gestori di patrimoni che operano in Svizzera l’obbligo di annuncio e di autorizzazione presso l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma).
Passati il periodo transitorio di tre anni e scaduto il termine, a fine 2022, per consentire agli operatori di inoltrare le proprie richieste, nel 2023 la Finma ha proceduto con la valutazione degli incarti e, a inizio febbraio di quest’anno ha presentato le prime cifre. Delle 1.699 richieste ricevute, a cui vanno aggiunte 78 inoltrate da nuove società, la Finma ha rilasciato finora 1.195 autorizzazioni a 1.187 istituti (tra gestori patrimoniali e trustee). E l’importo complessivo di fondi in gestione, secondo la Finma, ammonta a 216 miliardi di franchi. «Va notato che tra il giugno 2020 e l’inizio del 2023 molte società hanno cessato le loro attività, non a causa del futuro onere normativo, ma semplicemente perché i loro manager sono andati in pensione. D’altronde, le 78 richieste inoltrate da nuove società dimostrano come il nuovo quadro legale non abbia scoraggiato il settore», afferma Stefano Fiala, membro di comitato dell’Associazione svizzera dei Gestori patrimoniali (VSV/ASG), l’associazione di categoria organismo di autodisciplina del settore nella Confederazione che ha fornito un contribuito essenziale nella fase di creazione della legge.
È da notare inoltre che dal 2020 la Finma ha avviato 463 accertamenti per sospetto di esercizio illecito dell’attività di gestore patrimoniale o di trustee e sporto 43 denunce penali al Dipartimento federale delle finanze, inserendo altresì 234 istituti nella propria lista di allerta, nella quale figurano gli istituti che non hanno adempiuto l’obbligo di informazione nei suoi confronti ed esercitano l’attività in modo illecito.


Il cambiamento è considerato «epocale» nel settore dei gestori patrimoniali, specie in Ticino dove il loro numero è aumentato di molto a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, a seguito soprattutto della scomparsa di molti istituti bancari, che oggi sono la metà di quelli che erano fino a una ventina d’anni fa. «La Finma ha autorizzato l’attività a 150 società di gestione patrimoniale e trustees (amministratori fiduciari, ndr) in Ticino, quasi tutte nel Luganese», indica Stefano Fiala. Analogamente al contesto nazionale, a sud delle Alpi la maggior parte delle i gestori patrimoniali è costituita da microimprese con 2-3 persone. «L’autorizzazione della Finma – spiega Fiala – comporta tutta una serie di nuovi oneri di controllo regolari e permanenti, tipicamente da parte delle società di revisione che nel nuovo paradigma normativo devono guardare molto più nel dettaglio ogni aspetto dell’attività di queste società, dalla governance aziendale all’attività “cross-border”, alle norme di comportamento introdotte dalla LserFi, così come l’implementazione di sistemi contabili e di risk management adeguati. Questo genera dei costi che, specie per i piccoli gestori, potranno diventare importanti».
In Ticino si contano poco più di una dozzina di società di gestione patrimoniale «grandi», alcuni denominati «family office», che presumibilmente avranno meno difficoltà di adattamento alle nuove regole, data la loro struttura che permette di avere gli specialisti che servono per soddisfare i nuovi requisiti normativi. Ma le piccole? Ancora Fiala: «Come per le banche, il processo di consolidamento nel mondo delle fiduciarie è in corso. Riguardo le microsocietà, già vediamo da un lato la tendenza a unire le forze fra loro e, dall’altro, forse la maggior parte in termini numerici, rimane sulle proprie posizioni e dimensioni, pur in una graduale riduzione dei margini frutto spesso di un passato rigoglioso che non esiste più. Ma molto dipende dall’entità e dal genere di clientela che questi gestori hanno e, naturalmente, dalla sostenibilità economica dell’impresa. Saranno invece possibili le acquisizioni di società di media dimensione da parte quelle più grandi. Credo che fra un anno o due vedremo i risultati di questo processo, ma in generale ritengo che nel prossimo futuro vedremo un settore molto più solido e strutturato».
Secondo la Finma, l’autorizzazione rilasciata ai gestori patrimoniali è un «marchio di qualità», un’affermazione coerente con gli obiettivi originali del legislatore che, specie dopo la fine del segreto bancario, intendeva garantire l’alta qualità e la competitività della piazza finanziaria svizzera. «Nel complesso, il nuovo sistema contribuirà a ridurre i rischi, sia per i gestori, sia per i clienti e già solo per questo il giudizio dell’ASG è senz’altro positivo - afferma Fiala - . Tuttavia, il carico burocratico è incrementato parecchio e non sempre crea valore. Bisogna quindi stare attenti alla “over regulation”, a quel “di più” (o “Swiss Finish”) che rischia di produrre effetti indesiderati. Mi piace ricordare come a livello internazionale, l’introduzione di regolamentazione statale anche molto invasiva, abbia generato clamorosi casi di malagestione finanziaria», conclude l’esperto.