«Con le mie mani creo flauti unici che sono arrivati fino a New York»

Sono 162 gli scalini ripidi di pietra che bisogna salire in via Nocca per arrivare in quello che, a tutti gli effetti, è il regno bellinzonese dei flauti di pan. A mandare avanti questa preziosa e peculiare attività è Santi Occorso, classe 1943, nella Turrita da oltre 50 anni, artista e artigiano da una vita. In cima alla scalinata, aggrappata al fianco della collina dove sorge il castello di Montebello, ecco la piccola casa - quasi un eremo - dove vive con la moglie Doris, e che al pianterreno ospita il laboratorio nel quale si creano ogni giorno oggetti unici richiesti dalle orchestre di tutto il mondo.
La forma della musica
L’attività che Santi Occorso svolge ancora oggi, a quasi 82 anni, è figlia del tempo e della passione. Di mani capaci di plasmare legno, canne di bambù e osso. Un’arte che solo in pochi sanno ancora praticare. «È il mio modo di parlare con il mondo, io comunico così: realizzando questi flauti», spiega il nostro interlocutore nel suo studio, circondato da centinaia di cilindri, perfettamente intagliati e torniti, di diversi colori e taglie. Sul tavolo di lavoro fanno bella mostra i flauti di pan - alcuni già pronti, altri ancora in fase di finitura - dalle armoniose linee arcuate e dai colori caldi. Sugli scaffali anche alcuni flauti dolci. I materiali sono presi direttamente dalla natura. Bois de rose, legno di noce e perfino uno di tasso che arriva dal parco Ciani di Lugano. Ma anche osso di struzzo e tibia di cervo intagliati in modo da ospitare il solco e i fori del flauto, con il beccuccio a un’estremità e la forma naturale dall’altra, dove fuoriesce la melodia. Nel mezzo una tornitura capace di raccontare la finezza poetica del suono concretizzata dalla solidità marmorea e primordiale dell’osso.
Sul palco con Mozart
Nello studio spicca un flauto di pan alto più di un metro, con le canne che coprono diverse scale di note. «Ma ne ho realizzato un altro ancora più grande di questo», dice con un sorriso. Una richiesta di un cliente privato che voleva diversi flauti di pan fatti in scala ognuno con un legno diverso. «Aveva calcolato il peso specifico di ogni materiale in modo da impiegarli al meglio». L’opera che senza dubbio ha chiesto più tempo a Santi Occorso - «diversi mesi, anche perché ho dovuto prima realizzare il modello per un flauto di quelle dimensioni» - e che è costata quasi 7 mila franchi. A richiedere i flauti di Santi sono anche le orchestre di calibro internazionale: «L’ultima è stata la Metropolitan Opera Orchestra di New York. È una bella emozione sapere che lì suonano i miei strumenti». Molto ricercato dai musicisti professionisti è il «Flauto Papageno», uno speciale strumento necessario per eseguire la celebre opera di Mozart Il flauto magico. «Sono uno dei pochi al mondo che lo realizza», spiega l’artigiano.
Cefalù, Firenze e Zurigo
Strumenti che prendono vita nelle mani del nostro interlocutore, mentre li accorda. Creazioni rare e apprezzate. «Sono uno degli ultimi a fare questo lavoro di artigianato». Ogni flauto, tenuto insieme da un piede di legno che abbraccia tutte le canne, è una piccola opera d’arte realizzata a mano. «Ho sempre voluto fare qualcosa di creativo, non sopporto stare con le mani in mano», osserva tirando le fila di un racconto di vita che inizia in Sicilia, a Finale, in una famiglia povera ma con molti valori. «Sono il maggiore di cinque figli. Mio padre, cieco, lavorava senza sosta in campagna insieme a mia madre. I soldi guadagnati però non erano abbastanza e così a 6 anni dovevo andare di casa in casa a chiedere l’elemosina». La situazione inizia a cambiare quando entra a far parte della Scuola d’arte e mestieri di Cefalù. Da lì poi parte per Firenze, dove conosce la moglie Doris. Lei lavora in Svizzera e Santi si sposta quindi a Zurigo. Un percorso che lo porterà, infine, ad approdare nella Turrita. Dove, da più di 50 anni, ha deciso di mettere radici.
Pietre e gelsomini
«Qui ho trovato un piccolo angolo di paradiso», dice guardando oltre le finestre dove ha ricreato un po’ della natìa Sicilia: un giardino che si arrampica sulle scanalature della collina. Gelsomini, rose, cactus, piante di fico e frutti colorati: fichi d’India, mele e melograni. «Ho sempre amato moltissimo la natura e tutto quello che ci dona», commenta con orgoglio. Arrivato nella capitale nel 1974, osservava proprio questa collina che sale verso Montebello, «pensavo che fosse il luogo più bello di tutta Bellinzona e sognavo di venirci ad abitare». Luogo che ancora oggi è fonte di ispirazione per il suo lavoro. Il laboratorio dove l’artigiano crea i flauti è stato letteralmente scavato nelle pareti di roccia: «All’inizio qui non c’era nulla», spiega indicando il suo spazio di lavoro. «Abbiamo dovuto togliere tantissime pietre che sono poi state utilizzate per costruire dei muri nella proprietà. Questo spazio era tutto occupato dalle radici dell’albero di cachi che si trovava sopra, accanto alla casa». Tanti ricordi del passato, sì, ma anche un occhio attento al futuro. Santi è consapevole della necessità di cercare «un successore» per riuscire a tramandare questo sapere. «Fortunatamente c’è una ragazza che ha un’ottima manualità e viene qui per imparare tutti i segreti della professione, in modo che questa tradizione possa andare avanti una volta che io smetterò».