L'analisi

«Condizioni dettate dai rapporti di forza nei negoziati di pace in Ucraina»

Gabriele Natalizia: «Il negoziato implicherà necessariamente concessioni dall’una e dall’altra parte»
© AP Photo/Yevhen Titov
Dario Campione
21.05.2025 06:00

Che cosa sta veramente accadendo attorno ai negoziati di pace in Ucraina? E com’è possibile che il Paese aggressore, la Russia, possa continuare a rivendicare territori occupati in violazione del diritto internazionale e a dettare le condizioni per un accordo? Siamo di fronte a un definitivo sovvertimento delle regole?

Gabriele Natalizia, associato di Relazioni internazionali alla Sapienza di Roma, spiega al Cdt come «il diritto internazionale funzioni quando c’è qualcuno che se ne erge a custode avendo la capacità di farlo e, insieme, la disponibilità a sostenere i costi di questo impegno. Altrimenti, purtroppo, è qualcosa che resta vuoto, perché non c’è un apparato repressivo che automaticamente agisce in sua difesa, così come invece avviene per il diritto interno. È una costante della politica internazionale - sottolinea ancora Natalizia - in caso di conflitto, i rapporti di forza sul terreno sono quelli che dettano le condizioni per la pace successiva. E in Ucraina, oggi, abbiamo una condizione incerta. Non c’è un vincitore chiaro. La Federazione Russa, quando ha aggredito, intendeva “denazificare” l’Ucraina, voleva cioè rovesciare il Governo di Kiev e sostituirlo con un Esecutivo fantoccio al servizio di Mosca. Non c’è riuscita. E ha quindi rimodulato il proprio obiettivo, che adesso è “liberare” il Donbass».

Dal canto suo, l’Ucraina - sebbene non abbia riguadagnato tutti i territori persi dopo il 24 febbraio 2022 - ha dimostrato «di essere stata capace di resistere alla Federazione Russa. In pochissimi ci avrebbero scommesso, ma è accaduto - dice Natalizia - non c’è, quindi, un vincitore chiaro sul campo di battaglia. Si arriverà per questo a un negoziato che implicherà, necessariamente, concessioni dall’una e dall’altra parte. Ovviamente, le concessioni da parte ucraina saranno in qualche modo molto dolorose, perché significherà perdere una parte del proprio territorio nazionale».

A spingere decisamente verso la fine del conflitto sono in particolare gli Stati Uniti di Donald Trump. Per una ragione chiara, sottolinea il professor Natalizia: «Gli americani oggi convinti che, continuando con lo strumento militare, la situazione potrà soltanto peggiorare e che l’Ucraina sarebbe destinata a perdere ulteriormente terreno». Meglio, perciò, chiudere la partita. Ora.

Inevitabile la domanda sul perché Washington accetti di sottomettersi alla volontà di un autocrate come qual è Putin. Soltanto Realpolitik o Trump ha obiettivi diversi dai suoi predecessori?

«Nessuno si illuda. Gli USA non hanno sostenuto l’Ucraina per difendere la democrazia - dice Natalizia - piuttosto, per lanciare almeno due messaggi. Il primo: l’apparato militare russo non è efficiente quanto Mosca vuole dare a intendere, e questo dovrebbe disincentivare il Cremlino a compiere nuovamente azioni simili; il secondo, più importante, rivolto ai cinesi: se farete a Taiwan quello che i russi hanno fatto all’Ucraina, la risposta sarà la stessa. Pura deterrenza, che naturalmente all’opinione pubblica internazionale non è stata raccontata in questi termini ma utilizzando narrazioni più efficaci, ovvero l’azione delle democrazie contro gli autoritarismi».

L’obiettivo degli americani è il «disallineamento tra le due potenze euroasiatiche - conclude Natalizia - che, saldate tra loro, potrebbero veramente mettere in discussione il primato internazionale degli USA».

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