Continuano le ricerche dopo la frana in Sudan: «Temiamo ci siano fino a 1.000 vittime»

La situazione in Sudan, dopo la frana che ha colpito la regione del Darfur, è tragica. Il bilancio attuale è di almeno 370 vittime confermate. Secondo il Sudan Liberation Movement/Army (SLM/A) – ossia il gruppo armato che controlla la valle del massiccio Jebel Marra – un centinaio di altri corpi sono però stati ritrovati nel corso delle ricerche condotte nel villaggio di Tarseen, distrutto dalla frana. In precedenza, il Movimento dell'esercito di liberazione del Sudan aveva dichiarato che le vittime totali potrebbero essere fino a 1.000.
La frana è stata innescata dalle forti precipitazioni che hanno colpito le remote montagne Marra. Una zona particolarmente difficile da raggiungere. L'ONU, a tal proposito, ha dichiarato di aver inviato soccorritori, cibo e altri aiuti, così da riuscire ad avere, al più presto, un quadro più chiaro della situazione. Come ha dichiarato Stéphane Dujarric, portavoce del segretario generale dell'ONU Antonio Guterres, al momento è infatti complesso valutare la portata reale del disastro – oltre al numero esatto delle vittime – senza recarsi sul posto.
La frana ha «completamente distrutto» parte di una regione nota per la produzione di agrumi, che si trova a diverse decine di chilometri a sud-ovest della città di Al-Fashir. Ossia la capitale dello stato del Darfur settentrionale, assediata da un anno dalle forze paramilitari, in guerra con l'esercito da oltre due anni e che controllano gran parte della regione. Il Movimento dell'esercito di liberazione del Sudan, finora, è rimasto fuori dai combattimenti tra le due parti.
Il leader del gruppo, Abdel Wahid Mohamed al-Nu, durante il programma BBC Newsday, ha difeso la dichiarazione del suo gruppo sul numero di vittime, contestata da alcune fonti. Trattandosi di un'area particolarmente remota, alcuni si sono detti scettici sul bilancio dei morti. Tuttavia, come sottolineato da Abdel Wahid Mohamed al-Nu, sebbene in origine quei luoghi fossero disabitati, molte persone si sono trasferite in quella zona «naturalmente protetta» per motivi di sicurezza, a seguito della guerra civile che ha devastato il Paese negli ultimi due anni.
«Le persone sul posto hanno confermato che il bilancio è tragico. Abbiamo un'autorità civile lì e stimano che più di 1.000 persone siano morte o almeno sepolte sotto il fango», ha dichiarato il leader dell'SLM/A, aggiungendo che sono necessari interventi di soccorso urgenti e chiedendo aiuti umani di qualunque tipo. Da quelli alimentari alle forniture mediche. Non solo. Abdel Wahid Mohamed al-Nu ha aggiunto che il disastro ha avuto un «profondo impatto psicologico» sui sopravvissuti. Secondo le prime indiscrezioni trapelate dopo la frana, tutti i residenti sarebbero morti, fatta eccezione per un sopravvissuto nel villaggio di Tarseen.
A ostacolare le operazioni di soccorso nella zona sono stati anche altri fattori. «Purtroppo, a causa delle risorse limitate, non siamo stati in grado di svolgere operazioni di soccorso su larga scala. Sebbene una squadra di supporto sia già arrivata in Sudan, le forti piogge in corso e il terreno estremamente accidentato hanno reso molto difficile l'accesso alla zona colpita», ha dichiarato il leader dell'SLM/a, aggiungendo che, a quanto gli risulta, il villaggio di Tarseen ospitava circa 300 famiglie.
Luca Renda, coordinatore residente e umanitario delle Nazioni Unite in Sudan, ha dichiarato alla BBC di sperare che il numero delle vittime non sia così alto come dichiarato dal SLM/A. Renda, inoltre, ha confermato che i soccorritori stanno cercando di raggiungere la zona, per portare tende, cibo, acqua, kit d'emergenza. «Abbiamo effettivamente attivato le nostre squadre di soccorso e speriamo di poter fornire assistenza immediata nelle prossime ore e nei prossimi giorni».