Controlli fiscali tramite parcometri: Rapinese stavolta l'ha sparata grossa?

Una sparata? Forse. Intanto, però, se ne sta parlando. E pure parecchio. Normale, quando di mezzo c'è il sindaco di Como Alessandro Rapinese. Famoso, alle nostre latitudini, per la tolleranza zero a livello di soste vietate (e i ticinesi ne sanno qualcosa). Rapinese, nei giorni scorsi, ai microfoni di La7 ha annunciato l'intenzione di effettuare dei veri e propri controlli fiscali attraverso i parcometri. Nello specifico, come riferisce La Provincia di Como, all'atto di pagare il parcheggio i residenti – inserendo la targa del veicolo e quindi, di fatto, il codice fiscale – verrebbero «invitati» qualora ce ne fosse bisogno a regolarizzare la propria posizione all'Ufficio tributi. Chi dovesse avere arretrati, inoltre, pagherebbe la tariffa piena per la sosta. Addio, insomma, allo sconto per residenti annunciato e promesso dal sindaco.
Fatte le dovute premesse, davvero un'amministrazione comunale può combattere l'evasione fiscale attraverso i parcometri? Snì. Anzi, no. «Tutte le iniziative messe in campo nella lotta all’evasione a mio parere sono lodevoli» ha spiegato alla Provincia il tributarista Francesco Tundo, docente all’università di Bologna. «Ma se ho ben compreso le intenzioni del sindaco di Como, i controlli fiscali tramite parcometro potrebbero essere un segnale, un messaggio da mandare ai cittadini. L’iniziativa però è simbolica, ipotizzando sia poi davvero applicabile. Nel senso che gli uffici competenti hanno già tutti gli strumenti del caso per fare controlli e accertamenti. Non c’è affatto bisogno di aspettare che i residenti paghino il parcheggio della macchina. Se invece la finalità è far pagare agli evasori la tariffa piena va bene, posso essere anche d’accordo, ma per recuperare così l’evasione fiscale, euro dopo euro, servirebbe qualche decennio». In estrema sintesi, volendo usare le parole del professore, siamo di fronte a un'iniziativa «eclatante, ma senza sostanza». Della serie: giusto, come fa Rapinese peraltro, che ne ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia, combattere l'evasione fiscale, ma «il rischio di iniziative simili è che perdano presto di mordente, una volta che gli evasori comprendono la poca efficacia della misura».
L'Ordine degli avvocati di Como, invece, ha risposto alla proposta di Rapinese tirando in ballo delicati aspetti legati alla privacy dei cittadini: «L’uso dei dati personali deve essere funzionale all’operazione svolta – ha detto sempre alla Provincia Angela Sarli, legale milanese esperta di diritto amministrativo – e non può essere diverso dall’azione che il cittadino sta facendo. Tradotto in termini molto elementari, se una persona si iscrive a una newsletter non può vedere i suoi dati utilizzati per altri scopi, ad esempio pubblicitari. Certo la materia merita un approfondimento molto accorto, ma non siamo tanto distanti dall’esempio fatto. Comunque, privacy a parte un'iniziativa del genere manca di necessità. L’Ufficio tributi ha già tutti i codici fiscali dei cittadini residenti, per avviare controlli e procedimenti di riscossione non ha certo bisogno del parcometro. L’idea non mi pare molto logica e nemmeno realistica».
Siamo, concludendo, nel campo dell'eccesso, come ha detto Elena Vimercati, avvocato comasco ed esperta di privacy: «Chi inserisce il numero di targa non pensa di ricevere un accertamento fiscale. Il trattamento del dato va oltre alle finalità richieste. I Comuni sono soggetti alle normative di privacy, dovrebbero dare a tutti un’informativa. La misura inoltre non è necessaria, l’Ufficio tributi può e deve procedere con altri strumenti, più rapidi e meno dispendiosi».