Il ritratto

«Cornelio Sommaruga ha incarnato il CICR»

Già presidente del CICR, il ticinese è morto all’età di 91 anni nella notte tra sabato e domenica – Noto per la sua forte personalità, «uomo di famiglia e di fede», ha lasciato un segno indelebile sulla diplomazia mondiale
© Keystone/Salvatore Di Nolfi
Paolo Galli
19.02.2024 19:00

«Questi incontri mi hanno particolarmente impressionato. Mi hanno anche richiesto un grande impegno di preparazione. In particolare, due personalità mi hanno colpito. Fidel Castro: sono stato nel suo ufficio una notte per quasi due ore a negoziare un accordo per la visita dei prigionieri politici. Ci siamo riusciti, e ci sono state simpatiche sorprese durante la conversazione. E poi papa Giovanni Paolo II, con cui ho avuto diversi colloqui. Sono stato tre volte in udienza a Roma. Simpatico e impressionante è stato il suo invito ad andare a Castiglione delle Stiviere, città di san Luigi Gonzaga, perché lì in quella chiesa era nata l’idea della Croce Rossa con Henri Dunant che curava le vittime della battaglia di Solferino nel 1859. Il Papa si è riferito a questo, mi ha salutato, ha lodato l’attività del CICR». In questa risposta di Cornelio Sommaruga a Marina Fraccaroli, in un’intervista pubblicata dal Corriere del Ticino del 9 aprile 2018, ci sono molti elementi caratterizzanti. Gli ideali, certo, ma anche il suo naturale entusiasmo, il mito - se così si può dire - di Henri Dunant, ma anche la sua fede. Sommaruga è stato uomo di ideali e di fede. È morto nella notte tra sabato e domenica a Ginevra all’età di 91 anni. Di questa mattina l’annuncio.

Tradizione e prospettive

Nato a Roma, originario di Lugano, ha studiato diritto tra Zurigo, Parigi e Roma. Ha lavorato negli anni Sessanta per il Dipartimento degli affari esteri in Olanda, Germania e Italia. Diventato ambasciatore nel 1976, undici anni più tardi è salito alla testa della Croce Rossa - presidente tra il 1987 e il 1999 - ed è diventato membro onorario del Comitato nel 2000. «Lui era il CICR», ricorda Mauro Arrigoni, ticinese, attuale membro dell’Assemblea del CICR. E anche Jacques Moreillon, che è stato direttore generale (e anima, a lungo) dello stesso CICR fino al 1988, ribadisce questo stesso concetto. E da noi raggiunto dice: «Cornelio Sommaruga ha incarnato il CICR». Moreillon aggiunge: «Lo ha incarnato in due modi. Il primo: ha sposato la tradizione e la dottrina del CICR, ha sposato il diritto umanitario. Il secondo: lo ha fatto adattandosi alla nostra epoca. Era un uomo contemporaneo». Insomma, tradizione e prospettive. Mauro Arrigoni sottolinea: «Sommaruga è stato un presidente molto presente. E sapeva come farsi sentire. Jakob Kellenberger, che gli subentrò, pur altrettanto valido, era una figura più discreta. Sommaruga non era solo il presidente del CICR, era il CICR. Una grossa personalità».

Una voce forte e chiara

Moreillon elenca vari aspetti che hanno caratterizzato l’esperienza di Sommaruga alla testa della Croce Rossa. Lo fa con sentimento, scandendo bene i punti, lasciando insomma intravedere anche un senso di amicizia, nella stima. E allora aggiunge: «Cornelio Sommaruga ha saputo capire al contempo l’importanza della fiducia, nelle trattative, ma anche l’efficacia nell’alzare la voce quando serviva. Di fronte a una violazione del diritto umanitario, sapeva parlare forte e chiaro». È un aspetto, questo, che ritroviamo in molte delle testimonianze emerse, qua e là, in riferimento alla sua personalità. La voce, la voce forte. Dick Marty, nel suo Verità irriverenti (Edizioni Casagrande), di Sommaruga scriveva: «Per me l’ultima vera e autorevole voce dell’istituzione», del CICR. Mauro Arrigoni spiega: «Viveva personalmente l’aiuto umanitario e la promozione del diritto umanitario. Erano la sua vita. E allora li viveva attraverso la sua statura morale, la sua intransigenza. Ecco, era molto intransigente», riflette Arrigoni. «In un conflitto, ti ritrovi spesso in situazioni complesse, costretto ad entrare in relazione con tutte le parti in causa. Sommaruga accettava questo aspetto, il fatto di dover scendere a patti con tutti per difendere le vittime. Ma si poneva alcuni limiti. Era la sua etica a frenarlo». Ed è lì che alzava la voce. Ci sarebbe ancora margine per uno stile Sommaruga, oggi? «Credo di sì», ammette Arrigoni. «Ai tempi, va detto, c’erano poche voci che mettevano in discussione il CICR. Ai tempi, la Croce Rossa era accolta, mentre oggi spesso è tollerata. I tempi sono cambiati, ma lo stile Sommaruga potrebbe essere ancora attuale». «E la nuova presidentessa, la signora Mirjana Spoljaric Egger, rientra nel solco degli ideali che caratterizzavano anche Cornelio Sommaruga», aggiunge Moreillon.

Il ricordo di Cassis

«Uomo di famiglia», come sottolinea Moreillon, ma anche «uomo di fede, non lasciava mai che questo aspetto incidesse sulla sua conduzione del CICR». Conosceva bene la distinzione tra ruoli. E ciò valeva anche in ambito istituzionale. «Sommaruga ha infatti difeso, ferocemente, l’indipendenza del CICR di fronte a tutti, Confederazione compresa. E arrivò a firmare un accordo, nel 1993, che segnava proprio questa indipendenza reciproca». Moreillon si riferisce all’accordo, firmato dalle due parti il 19 marzo del 1993, per determinare lo statuto giuridico del Comitato in Svizzera. L’articolo 2: «Il Consiglio federale svizzero garantisce l’indipendenza e la libertà d’azione del CICR». Oggi il Consiglio federale ha ricordato la figura di Cornelio Sommaruga. Ignazio Cassis, via X, ha scritto: «Le mie sentite condoglianze alla famiglia di Cornelio Sommaruga, già presidente del CICR. Resterà indelebile il suo impegno a favore del diritto internazionale umanitario e delle relazioni economiche della Svizzera». E altrettanto «indelebile rimarrà la sua impronta», come ricorda Moreillon, «sulla Convenzione di Ottawa per la proibizione assoluta di utilizzare mine antiuomo». Fu lui, Sommaruga, nel 1994, a chiamare un «bando a livello globale» come unica soluzione. Spinto da ideali nobili nella difesa delle vittime dei conflitti, Sommaruga - come sottolinea Arrigoni - «si identificava con il mandato del CICR». E cita, tra altri aspetti, quello del «dare una speranza di futuro alle popolazioni coinvolte nei conflitti». Marina Fraccaroli, in quell’intervista del 2018, chiese a Sommaruga che cosa si sentisse di consigliare ai giovani che entrano nel CICR. «Credo che innanzitutto dev’essere per un sincero attaccamento alla causa umanitaria, cioè servire gli altri in difficoltà. C’è anche la necessità di essere pronti ad adattarsi a diversi ambienti, quindi le lingue e lo studio. Inoltre devono avere molto coraggio perché la vita non è facile per il delegato sul campo». Oggi men che meno.

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