Così la filologia romanza plasmò l’Europa

L’Europa arranca, la filologia romanza pure. Forse siamo troppo pessimisti, ma a prima vista così stanno le cose. Non parrebbe un caso, visto che la prima è indissolubilmente legata alla seconda. Non ci aspettavamo, invece, che questa disciplina accademica potrebbe (metaforicamente) indicare la strada maestra per uscire dalla crisi di identità che attanaglia entrambe: l’amore. Non ci credete? Provate a leggere l’intrigante saggio di Lorenzo Tomasin (nella foto sotto) - Il caos e l’ordine. Le lingue romanze nella storia della cultura europea, edito da Einaudi e da pochi giorni in libreria – e riparliamone. Noi ci accontentiamo di pubblicare un’anticipazione della prefazione del testo, corredata con qualche domanda all’autore, che insegna filologia romanza e storia della lingua italiana all’Università di Losanna e da anni è collaboratore delle nostre pagine culturali. I titolini sono a cura della redazione. (c.s.)

«Insieme a quelli classici, e spesso in stretto rapporto con essi, gli studi sulle lingue romanze – oggetto della romanistica, per usare un termine felicemente riassuntivo diffuso soprattutto in ambiente germanico – rappresentano uno degli accessi privilegiati alla cultura umanistica nel suo insieme.
Le discipline che vi sono connesse, dalla filologia alla linguistica romanza, fino alla storia delle singole lingue che discendono dal latino, offrono a una tradizione di studi tipicamente, anche se non esclusivamente, europea, una solida ossatura concettuale che si sviluppa attorno al nesso tra lingue e divenire storico.
È la sicura origine comune, in effetti, assieme ai molteplici intrecci resi possibili, nel tempo, dalla condivisione di strutture linguistiche e da quella di parole e quindi di modi di descrivere il reale, a far riemergere di continuo quell’antica sorgente unitaria.
La lingua latina con il suo portato culturale rappresenta una fonte che a differenza di altri patrimoni originari non è muta e accessibile solo per ipotesi o ricostruzioni ma ben nota ed eloquente, tanto da continuare a influire non solo sulla grammatica e sul lessico delle lingue attuali ma sul modo stesso in cui le culture romanze guardano a sé.
La Romània
In questo senso, accanto alle ritornanti stagioni di classicismo della storia europea, nelle quali il recupero dell’Antichità greca e romana è stato diretto ed esplicito, la permanenza incessante di fatti linguistici e di istituti concettuali d’ascendenza antica in quella sorta di subcontinente linguistico-culturale che si chiama Romània ha assicurato senza soluzione di continuità questo legame attraverso la permanenza, magari implicita e inavvertita ma costante, di quell’elemento.
La peculiare forma di convivenza sperimentata, dopo la rottura dell’unità latina, nel Medioevo (cioè prima dello sviluppo moderno dell’idea di nazione e della creazione di nuovi aggregati e insieme di nuove divisioni), ha reso possibile per le lingue e culture romanze un’altra singolare circostanza. Quella, cioè, di essere riguardate come un organismo proteiforme ma anche complessivamente unitario dalla prospettiva dell’altro grande aggregato linguistico e culturale dell’Europa occidentale, cioè il mondo germanico, in particolare durante l’età moderna e ancora in quella contemporanea.
In quel mondo, più che nello stesso ambiente neolatino, e ancor meglio nei territori culturali di confine e di contatto tra i due ambiti, il paradigma culturale della filologia e della linguistica romanze ha trovato la sua espressione più piena. Attenuandosi, con la fine del Medioevo e il sorgere dell’Europa moderna, la relativa continuità e permeabilità linguistico-culturale della Romània, tale unità è stata insomma recuperata pienamente dalla consapevolezza – raggiunta dalla cultura scientifica – della condivisione delle radici linguistiche, cioè della derivazione di tutte le lingue romanze dal latino, ignota o equivocata nei secoli anteriori.
Contrapposizione o incontro?
Non c’è nulla di fittizio o di falsamente propagandistico nell’idea, spesso ripetuta, che la romanistica è una delle chiavi indispensabili per rendere culturalmente credibile un concetto di Europa che non sia puramente spaziale o che non si fondi su interessi effimeri e superficiali. In tale direzione inclinano senza equivoci vari secoli di riflessione grammaticale e linguistica in genere. In rivisitazioni anche recenti della storia della filologia romanza il senso di questo dibattito è stato cercato piuttosto in una contrapposizione che in un incontro, e piuttosto in forme di antagonismo nazionalista che di dialogo tra culture reciprocamente compenetrate. Se guardata in quest’ottica, la romanistica rischia di diventare il prodotto di uno sguardo esterno ostile (quello germanico) su una cultura in dissolvimento, o il frutto di una sorta di mozione apologetica e difensiva se essa parla in francese, italiano o spagnolo.
Un’influenza feconda
Può darsi che anche questo vi sia stato nelle pieghe di una complessa e multiforme filiera scientifica e accademica; ed è certo che le vicende storiche e politiche d’Europa hanno influenzato, negli ultimi due secoli, la vita di queste discipline, e quella degli uomini che le hanno praticate. Ma si è trattato di un’influenza spesso feconda, e – credo – ancora pienamente produttiva se riletta alla luce della situazione attuale. I due mondi, quello romanzo e quello germanico, si sono lungamente compenetrati, operando uno scambio e un’influenza reciproca di cui proprio le rispettive lingue portano ancora segni indelebili: la componente latina entrata nelle lingue dell’uno, la componente germanica rimasta nelle lingue dell’altro.
Argomenti nuovi
Questo libro propone in effetti la romanistica come possibile prospettiva da cui guardare ancora oggi, e con argomenti nuovi e difficilmente prevedibili nel passato anche vicino, a vari aspetti della cultura umanistica odierna e in particolare a problemi attuali del suo rapporto con discipline interessate da un vivace dibattito, dalle scienze della vita alle scienze storiche: ambiti con i quali la romanistica si è confrontata, per ragioni diverse e talora occasionali, ma gravide di conseguenze, fin dalle sue origini.
Uscire dalla marginalità
Si potrebbe pensare che la linguistica generale, teorica o descrittiva, svincolata da quadri storici definiti, sia la più esposta al dialogo con tali discipline altrettanto universali per vocazione. E a maggior ragione lo si potrebbe pensare considerando che lo studio delle lingue romanze sembra ormai confinato a una posizione di marginalità per l’inesistenza de facto, oggi, di una Romània come aggregato culturale chiaramente distinguibile e non solo come astrazione linguistica. Ma questo libro intende mostrare che la chiave di lettura offerta appunto dalla linguistica e dalla filologia romanza può ancora rendere servigi utili a orientarsi nel dibattito attuale su temi quali l’origine, lo sviluppo e la natura del linguaggio e delle lingue nel senso più ampio. E probabilmente anche a inquadrare alcune questioni che riguardano discipline solo apparentemente remote».

DA SAPERE
FILOLOGIA
Insieme di discipline intese alla ricostruzione di documenti letterarî e alla loro corretta interpretazione e comprensione, sia come interesse limitato al fatto letterario e linguistico, sia con lo scopo di allargare e approfondire, attraverso i testi e i documenti, la conoscenza di una civiltà e di una cultura di cui essi sono testimoni: filologia classica, filologia romanza, germanica, slava, semitica...
ROMANZO
In linguistica e in filologia, sinonimo di neolatino: le lingue romanze; filologia romanza, che ha per oggetto di studio, soprattutto comparativo, i testi letterarî, antichi ma anche moderni, redatti nelle lingue romanze, e la cultura che essi esprimono. Lo spagnolo è l’idioma più parlato, seguito dal portoghese e dal francese. Seguono italiano, rumeno, catalano, romancio e creolo haitiano.
ROMANÌA
È il territorio in cui si parlano le lingue romanze. Si estende dal Portogallo all’Italia, con Spagna e Francia. Una zona è tra Romania e Moldavia.

L’INTERVISTA A LORENZO TOMASIN:
«IN SVIZZERA LE CULTURE SI TOCCANO»
Lorenzo Tomasin, qual è lo stato di salute della filologia romanza?
«È una disciplina che, forse più di tante altre, negli ultimi decenni tende a rappresentarsi costantemente in crisi d’identità, di ruolo, di audience e di significato nell’economia degli studi umanistici. Credo che questo sia dovuto in parte alla sua natura e alla sua storia, perché è una disciplina che si rimette sempre in discussione».
Ma il suo libro dice qualcosa di diverso. Per cominciare presenta la filologia romanza come chiave di lettura dell’identità europea.
«Vero. Di recente la storia della filologia romanza è stata riletta, dalle sue origini ottocentesche ad oggi, come la storia di un dialogo e spesso di uno scontro tra componenti della cultura europea. Si può infatti leggere la sua nascita come un’affermazione egemonica della cultura germanica su quella romanza, su quella francese in particolare. Ma io preferisco un’altra lettura, quella che la vede come una grande storia d’amore tra cultura germanica e cultura romanza. Senza la cultura germanica la romanistica non potrebbe esistere. La Romània è quell’entità che si vede meglio da fuori che da dentro».
In che modo la filologia romanza può illuminare temi come le scienze della vita?
«La linguistica generale di oggi dialoga molto con le scienze della vita perché il collegamento che esiste tra il linguaggio e il funzionamento del cervello è un tema molto sentito. Oggi, come nel passato, si ripropone il fatto che i linguisti romanzi, che apparentemente si occupano solo di un segmento ristretto delle lingue umane, hanno molto da insegnare ai linguisti generali. È sì un segmento ristretto, ma molto peculiare ed incisivo per la nostra stessa cultura, peraltro nata in questo segmento».
E la Svizzera, in tutto questo?
«Nella Svizzera si riflettono molti dei caratteri di quella cultura europea a cui faccio riferimento nel titolo del libro. Se è vero che la filologia romanza può leggersi come una grande storia d’amore tra cultura germanica e cultura romanza (a sua volta sfaccettata e varia al suo interno), la Svizzera rappresenta tutto questo in miniatura. È il luogo in cui cultura germanica e culture romanze – francofona, italofona e romanciofona – si toccano fisicamente, entrano in contatto e dialogano. Molti dei problemi della storia del dibattito sulla filologia romanza europea assomigliano curiosamente a problemi tipici del dibattito civile e culturale svizzero».