Così l'Alaska accoglie Putin: «Un criminale, viene qui ma dovrebbe essere in prigione»

A poche ore dall’arrivo del presidente russo Vladimir Putin, molti abitanti dell’Alaska hanno deciso di manifestare pubblicamente il loro sostegno all’Ucraina. Non lesinando sugli attacchi allo «zar» e al capo della Casa Bianca Donald Trump. Nelle scorse ore molti cittadini hanno iniziato a scendere nelle strade in segno di solidarietà a Kiev, in vista dell'incontro di oggi tra i due leader ad Anchorage. Almeno 16 manifestazioni sono in programma fino a sabato, da Fairbanks a Kodiak a Ketchikan, scrive il network non-profit di notizie States Newsroom.
«Il nostro obiettivo principale è quello di comunicare la nostra solidarietà ai nostri fratelli e sorelle in Ucraina, per far sapere loro che abbiamo assistito con orrore all'invasione dell'Ucraina più di tre anni fa», ha detto Nicole Collins, un'attivista del gruppo Ketchikan Mayday for Democracy, che ha organizzato una veglia giovedì sera per mostrare sostegno all'Ucraina.
Collins ha poi riferito all’Alaska Beacon: «Il nostro obiettivo secondario è quello di dimostrare il nostro profondo disgusto per un criminale di guerra che mette piede sul nostro prezioso suolo, il nostro territorio statunitense, e che siamo profondamente preoccupati per il fatto che il nostro presidente mostri ammirazione per questo dittatore proveniente dalla Russia».
Putin è stato ampiamente condannato a livello internazionale per l'invasione dell'ex Repubblica sovietica. Le ultime stime dell’ONU parlano di oltre 6,9 milioni di ucraini sfollati e più di 13 mila civili uccisi. Sarebbero invece oltre un milione i russi morti o rimasti feriti in guerra.
La Russia non è vista di buon occhio dagli abitanti dello Stato americano. Diverse forze armate statunitensi da decenni conducono esercitazioni regolari in Alaska nell'ambito degli sforzi per la sicurezza nazionale, tra cui pattugliamenti dello spazio aereo e del confine marittimo con la Russia.
Tra i manifestanti, sembrano dunque inevitabili gli attacchi al capo del Cremlino, per certi versi osservato ancora nell'ottica della Guerra fredda. Sui numerosi cartelloni di dissenso si può leggere davvero di tutto: «Putin torna a casa e portati via il tuo pupazzo arancione (un nomignolo affibbiato a Trump per la sua abbronzatura, ndr)», «cedere l'Ucraina a Putin è come aver lasciato la Cecoslovacchia a Hitler», «Putin ha rapito 19,546 bambini ucraini». O, ancora, un'immagine con i due leader dietro alle sbarre e la scritta: «Rinchiudeteli. Migliori amici per sempre, migliori criminali a vita».
«Putin dovrebbe essere in prigione e invece viene qui in Alaska» ha riferito una manifestante di origini ucraine alla BBC, la quale parla di «una marea di cittadini che sventolano bandiere ucraine sulla strada che porta ad Anchorage».
Donald Trump e Vladimir Putin atterreranno alla base congiunta Elmendorf-Richardson, a 30 minuti di auto dalle manifestazioni in scena proprio ad Anchorage. Tra chi protesta contro l’arrivo di Putin, c’è pure un veterano militare di 53 anni, il quale sentenzia: «È disgustoso, ti fa venire voglia di farti una doccia», riferendosi all’incontro tra i due leader. Per poi scagliarsi pure contro Trump: «Non serve che Putin venga nel nostro Stato, tanto meno nel nostro Paese. Abbiamo un idiota alla Casa Bianca che si inchinerà davanti a quest'uomo».
Un sacerdote americano che si è trasferito di recente in Alaska dopo aver vissuto in Russia per sette anni, riferisce sempre alla BBC che il conflitto è «particolarmente doloroso», augurandosi che l’incontro possa portare alla fine della guerra.
Alcuni pescatori invece apprezzano l’operato del presidente USA, non nascondendo però l’amarezza sul fatto che non sia stato invitato il leader ucraino: «Vorrei che anche Zelensky fosse qui, è ora di finirla», commenta un uomo, precisando che Trump sta facendo un «lavoro straordinario» nei negoziati per il cessate il fuoco: «Vuole porre fine alla distruzione di intere città, all'aumento di morti e sfollati».
Per Mosca l’incontro di oggi è particolarmente significativo. Gli Stati Uniti, infatti, acquistarono l'Alaska dai russi nel 1867 per 7,2 milioni di dollari.
I critici, ricorda infine la BBC, definirono l'acquisto «la follia di Seward» - riferendosi a William Seward, all'epoca segretario di Stato americano - sostenendo che il territorio non fosse altro che una landa desolata e ghiacciata. Ma le successive scoperte di terre rare e di abbondanti giacimenti di petrolio e gas smentirono presto questa tesi.