Banche

Credit Suisse, sì a più capitale

L'assemblea straordinaria ha approvato l'aumento di quattro miliardi di franchi – Kaufmann (Ethos): «Siamo un po' delusi, bisognava proteggere di più i vecchi investitori e quotare l'unità svizzera»
© KEYSTONE / MICHAEL BUHOLZER
Roberto Giannetti
24.11.2022 06:00

Gli azionisti di Credit Suisse dicono sì all’aumento di capitale e danno il via libera alla Saudi National Bank (SNB), l’istituto saudita che diventa il nuovo principale azionista della grande banca. L’aumento di capitale ammonta a 4 miliardi di franchi. Tuttavia la banca in mattinata ha annunciato una possibile perdita di 1,5 miliardi di franchi nel quarto trimestre, facendo scendere il titolo in Borsa del 6,12% a 3,62 franchi. Si tratterebbe del quinto trimestre in rosso consecutivo. La performance attuale da inizio 2022 rimane così da dimenticare: -57%. L’aumento di capitale in due fasi proposto dal Consiglio di amministrazione è stato approvato con oltre il 90% dei voti. L’assemblea si è tenuta presso la sede centrale della società a Zurigo e si è svolta senza la presenza di persona degli azionisti. Non è nemmeno stata trasmessa online. Come considerare il risultato dell’assemblea di ieri e anche il piano di ristrutturazione del Credit Suisse? Lo abbiamo chiesto a Vincent Kaufmann, direttore di Ethos, la Fondazione svizzera per uno sviluppo sostenibile, che raggruppa 245 investitori istituzionali, fra i quali molte casse pensioni, che in complesso gestiscono circa 367 miliardi di franchi. Ethos partecipa anche alle assemblee delle grandi società, per cercare di influenzarne la gestione in modo etico.

Meglio l’assemblea in presenza

«Noi - spiega Vincent Kaufmann - siamo un po’ delusi da come è stata gestita l’assemblea. E questo per due ragioni. La prima è che il Credit Suisse non ha riunito gli azionisti in presenza. Questo è stato deciso, secondo il management, a causa del Covid. Ma noi pensiamo che, quando bisogna discutere qualcosa di veramente importante, bisogna essere in presenza, mentre questa volta non c’era neanche il video e si è dovuto votare in anticipo». «In secondo luogo - continua - l’aumento di capitale è stato effettuato in due parti, e una era solo per i nuovi azionisti, soprattutto la banca saudita, e gli azionisti esistenti non hanno potuto utilizzare i diritti preferenziali di sottoscrizione, che di solito vengono concessi in modo da proteggerli». «Inoltre - spiega - per quanto riguarda la banca saudita abbiamo un po’ di timori, dato che avremmo preferito che il Credit Suisse riducesse i finanziamenti alle società di energie fossili, come abbiamo chiesto nell’ultima assemblea. Ora invece abbiamo il timore che il nuovo azionista non sostenga le nostre richieste a favore della sostenibilità. Infatti, anche se non ha un seggio nel CdA ed è un azionista passivo, ha il diritto di voto. Per esempio, nell’ultima assemblea avevamo proposto che il Credit Suisse prestasse più attenzione al clima, e avevamo raccolto il 20% dei voti. Il che non è male. Ma probabilmente con il nuovo azionista l’attenzione allo sviluppo sostenibile diminuirà ulteriormente».

La SNB punta al 9,9%

Tornando alle decisioni adottare ieri, a SNB - la più grande banca del mondo arabo - si permette di assumere una quota importante di Credit Suisse, come annunciato a inizio ottobre. L’impresa di Riyadh punta a un controllo del 9,9% della banca. I sauditi si erano impegnati in anticipo ad acquistare le nuove azioni al prezzo di 3,82 franchi, mentre gli altri fondi dovranno provenire dagli azionisti esistenti, che riceveranno ora diritti di sottoscrizione per l’acquisto di nuovi titoli CS. Le condizioni esatte saranno annunciate oggi. Credit Suisse necessita di nuovi capitali per finanziare la profonda ristrutturazione presentata a fine ottobre. Ma al di là delle decisioni adottate dall’assemblea, come valutare le scelte strategiche del Credit Suisse? Riusciranno a far ripartire la banca? «Guardando oltre a quanto deciso oggi - rileva Vincent Kaufmann - noi nell’ultima assemblea avevamo chiesto dei controlli speciali sui casi Greensill e Archegos, visto che ritenevano che i controlli esistenti erano insufficienti e che l’istituto fosse gestito male. Sulla base di varie controversie di questo genere, in passato abbiamo votato per anni contro l'ex presidente Urs Rohner». Ethos e i suoi affiliati, che seguono le raccomandazioni della Fondazione, raggiungono una quota fra il 3 e il 4% del Credit Suisse.

Per una maggiore sostenibilità

«Ho dei dubbi - sottolinea ancora Kaufmann - anche sul cambiamento di strategia e del management dell’istituto, visto che ho l’impressione che non sia sufficiente. Il Credit Suisse punta a un taglio dei costi e a un ridimensionamento dell’investment banking. Ma c’è un tale problema di fiducia fra il pubblico che a mio parere sono necessarie delle misure più incisive. Per esempio avrei visto in modo favorevole una entrata in Borsa della divisione svizzera, che sta andando bene. Questo avrebbero portato a una separazione del business, e l’attività in Svizzera sarebbe rimasta protetta, anche perché fa un servizio all’economia nazionale».

Troppe disavventure

Come si ricorderà la banca è stata scossa da ripetute disavventure: in particolare il fallimento nel marzo 2021 della società finanziaria britannica Greensill Capital, in cui erano stati impegnati 10 miliardi di dollari attraverso quattro fondi, e l’implosione - nello stesso mese del medesimo anno - di Archegos Capital Management, il family office (cioè una società che gestisce uno o più patrimoni familiari) di un finanziere newyorkese di origine coreana, che è costata circa 5 miliardi di dollari a CS. Per far fronte alla situazione i vertici il 27 ottobre hanno annunciato un importante piano di risanamento che comprende una ristrutturazione - definita radicale - della sua divisione investment banking e il taglio di 9.000 posti di lavoro entro il 2025: di questi quasi 2.000 spariranno in Svizzera, 540 dei quali entro Natale.