Berna

Credit Suisse, tocca al Parlamento tra crediti blindati e postulati

Da oggi a giovedì è in programma la sessione straordinaria delle Camere – Sarà esaminato il pacchetto da 109 miliardi di franchi di garanzie federali – I socialisti si opporranno, l'UDC decide stamattina
©KEYSTONE / ANTHONY ANEX
Giovanni Galli
11.04.2023 06:00

Domenica 19 marzo, i sei membri della Delegazione delle finanze del Parlamento (tre per Camera), praticamente con le spalle al muro, hanno sottoscritto i crediti di impegno della Confederazione per evitare il fallimento del Credit Suisse. Un no avrebbe comportato un danno di proporzioni enormi per il sistema Paese. Oggi tocca alle Camere, riunite in sessione straordinaria, votare sulle garanzie di 109 miliardi di franchi (come supplemento ai conti del 2023) date dal Consiglio federale ricorrendo al diritto d’urgenza. Questo importo è già impegnato e quindi, qualunque cosa decida l’Assemblea federale, non avrà un effetto vincolante. «Un rifiuto equivarrebbe a un biasimo politico» ha detto la Commissione delle finanze degli Stati, ricordando al tempo stesso che non è possibile vincolare lo stanziamento a una qualsiasi condizione.

Il PS non ci sta

La seduta si prospetta comunque animata. Prima si riuniranno gli Stati (dalle 11.15 alle 15) e poi il Nazionale (dalle 17.15). Si lavorerà a turni e senza sovrapposizioni. La giornata di domani (ed eventualmente mezz’ora giovedì mattina) è riservata alle divergenze. Il Partito socialista ha già detto che non approverà i crediti, in segno di dissenso per come procede il Consiglio federale. Il Governo, ha detto il capogruppo Roger Nordmann alla Tribune de Genève, fa pressione sui partiti borghesi per impedire tutte le proposte concrete di regolamentazione delle banche d’importanza sistemica. La condizione affinché il PS dica sì al credito, è che il Parlamento approvi un pacchetto di quattro mozioni non all’ordine del giorno, presentate dal PS prima della vicenda Credit Suisse e ancora pendenti al Nazionale. Per questo, in aula sarà presentata una mozione d’ordine.

Le proposte del PS, tutte del 2021, vogliono consentire alla Finma di infliggere sanzioni efficaci agli istituti finanziari che commettono infrazioni, fissare esigenze in materia di fondi propri più elevate per le grandi banche attive a livello globale e vietare i bonus per le banche di rilevanza sistemica. Il Parlamento, comunque, dovrebbe respingere questa mozione d’ordine, anche perché le sue commissioni hanno già rinunciato ad atti più vincolanti (altre mozioni) a favore di una serie di postulati (in pratica si chiedono solo rapporti, cfr. più avanti). In questo momento, è stato detto, la massima priorità è garantire la stabilità dei mercati finanziari. Occorre evitare interventi politici affrettati.

Critici anche i democentristi

Anche l’UDC è critica. In mattinata, il gruppo dovrebbe sciogliere la riserva sull’approvazione o meno dei crediti. In caso di responso negativo, non è escluso che i crediti vengano respinti in prima battuta dal Nazionale con una maggioranza a guida PS-UDC (con quali conseguenze sui mercati non si sa). La condizione posta dai democentristi al Governo (che farà una dichiarazione all’inizio della seduta con il presidente Alain Berset), è innanzitutto un impegno a migliorare le regole «too big to fail». Inoltre, il Governo dovrebbe adottare misure per far funzionare la concorrenza malgrado la megafusione e garantire che indagherà sull’operato dei dirigenti del CS responsabili del disastro, spiegando anche come intende recuperare i bonus già versati.

Invito alla prudenza

Alex Farinelli (PLR), relatore e membro della Commissione delle finanze, invita alla prudenza. «Le decisioni sono già state prese. L’importante ora è che il Parlamento dia una chiara conferma di quanto deciso e non lanci segnali che mettano in discussione la solidità e la credibilità dell’intervento per evitare il dissesto della banca. Non bisogna caricare nemmeno questa sessione di significati che non ha, perché non si decidono cambiamenti legislativi». Il PS, comunque, ha detto che non voterà il credito. «Governo, BNS e Finma hanno dato un segnale chiaro. La Svizzera è pronta a fare tutto il necessario per la solidità del sistema finanziario. Il Parlamento deve rafforzare questo segnale e non metterlo in discussione». Che cosa fare per evitare che non si ripeta questa situazione? «Non si può dare una soluzione adesso», risponde Farinelli. «I diversi aspetti di questa vicenda non sono ancora stati indagati a fondo. Non si può prescrivere una cura prima ancora di aver verificato che cosa è successo ed effettuato una diagnosi. È compito soprattutto del Parlamento trovare i correttivi normativi, ma bisogna avere l’umiltà di fare un’analisi prima di decidere».

Di che cosa si parla

Il Consiglio federale chiede due crediti d’impegno, destinati alla BNS e all’UBS per un totale di 109 miliardi. Si tratta di garanzie che per ora non hanno ripercussioni finanziarie dirette per la Confederazione. Il credito principale, 100 miliardi di franchi, è destinato a mutui a sostegno della liquidità erogati dalla Banca Nazionale. Questi mutui saranno usati solo in caso di necessità, «per permettere al Credit Suisse di proseguire la propria attività e quindi di procedere in modo ordinato all’acquisizione da parte di UBS». Questi mutui disporranno di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il loro rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori. In secondo luogo, affinché l’acquisizione di CS da parte di UBS possa andare in porto, la Confederazione prevede una garanzia di 9 miliardi di franchi per eventuali perdite su un determinato portafoglio di attivi difficilmente valutabili. Questa garanzia verrebbe applicata solo se la realizzazione di tali attivi dovesse causare a UBS perdite superiori a 5 miliardi di franchi.

Analisi e proposte

Intanto, il Consiglio federale si è già impegnato a presentare entro un anno un rapporto sull’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. Il Governo stesso raccomanda l’adozione di una decina di postulati presentati da varie commissioni. I postulati riguardano i fattori che hanno portato al crollo di CS, il rafforzamento dei poteri della Finma, l’applicabilità delle norme sulle banche dette «too big to fail», l’opportunità di rafforzare i fondi propri, regole più severe in fatto di responsabilità, il possibile scorporo della parte bancaria nazionale e/o della parte relativa agli affari d’investimento internazionali, l’esame degli strumenti a disposizione della BNS in caso di crisi, un rapporto sul futuro colosso bancario in relazione alla stabilità e ai rischi per la piazza finanziaria (anche dal punto di vista della concorrenza), le responsabilità degli ex e degli attuali dirigenti per valutare possibili azioni legali e un nuovo disciplinamento (con divieti) dei bonus.

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