Svizzera

Da Berna il segnale di una tensione che cresce in Svizzera

Scontri durante la manifestazione pro-Palestina non autorizzata: 5.000 persone in piazza, cresce la pressione sulle autorità tra diritto di protesta e sicurezza pubblica
©PETER KLAUNZER
Red. Online
11.10.2025 21:03

Da Zurigo a Ginevra, da Losanna a Lugano, il conflitto in Medio Oriente ha trovato eco nelle piazze elvetiche, trasformandosi in un tema capace di dividere opinioni e spingere centinaia, talvolta migliaia di persone, a scendere in strada. Un fenomeno che solleva interrogativi sulla tenuta dell’equilibrio tra libertà di espressione e ordine pubblico.

È in questo contesto che, oggi pomeriggio, una manifestazione non autorizzata pro-Palestina ha visto momenti di forte tensione a Berna, dove si sono verificati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine e dove è anche scoppiato un incendio. L’episodio riaccende il dibattito su come le istituzioni affrontino proteste non concordate, spesso promosse in rete e difficili da incanalare in percorsi autorizzati.

Secondo le prime stime, alla dimostrazione hanno partecipato circa 5.000 persone, partite dalla stazione ferroviaria e dirette verso Piazza federale, prima di tornare indietro. La folla, guidata da individui a volto coperto, ha scandito slogan come «Free, free Palestine» e «Shame on you», e mostrato striscioni che accusavano la politica elvetica: «Neutralità macchiata di sangue» si leggeva su uno dei più visibili.

Nel corso del pomeriggio, la situazione è rapidamente diventata tesa. I manifestanti hanno acceso petardi e fuochi d’artificio, anche in direzione degli agenti, e lanciato oggetti contro la polizia. Secondo quanto riferito dalle autorità tramite la piattaforma X (ex Twitter), si registrano ingenti danni materiali. Gli agenti hanno risposto utilizzando gas lacrimogeni, proiettili di gomma e idranti, come confermato da una giornalista di Keystone-ATS presente sul posto. Le modalità di intervento, ormai ricorrenti in episodi simili, mostrano la difficoltà di mantenere un equilibrio tra fermezza operativa e contenimento proporzionato della forza, soprattutto in contesti non autorizzati e ad alta emotività.

Prima che il corteo tornasse verso la stazione, la polizia ha circondato la testa della manifestazione. In quel momento è divampato un incendio, che ha richiesto l’intervento dei vigili del fuoco. Diverse centinaia di persone sono state condotte nei locali della polizia per l’identificazione e i controlli.

Le autorità avevano ordinato ai manifestanti di rimanere su Piazza federale, chiarendo che non sarebbero stati tollerati ulteriori cortei nel centro città. L’area del Palazzo federale è stata isolata e recintata, le strade laterali chiuse e il traffico limitato. In campo anche corpi di intervento provenienti da altri Cantoni.

Sul canale Telegram degli organizzatori si leggeva che la protesta sarebbe terminata «solo quando lo avremmo deciso noi». Nonostante i ripetuti tentativi di dispersione, alcune centinaia di manifestanti hanno continuato a protestare sulla piazza della stazione, dove gli agenti si sono schierati davanti all’ingresso principale per evitare il blocco dei binari.

La manifestazione era stata promossa da gruppi filopalestinesi attivi in tutta la Svizzera, con il sostegno di movimenti di sinistra come lo Sciopero per il clima Svizzera e la gioventù comunista, che avevano diffuso l’appello tramite i social network.

Non era stata tuttavia presentata alcuna richiesta di autorizzazione. Già la settimana scorsa, la Città di Berna aveva invitato gli organizzatori a farlo, ma non avendo ricevuto alcuna risposta aveva pubblicamente sconsigliato la partecipazione. Il mancato dialogo istituzionale ha confermato un punto critico sempre più evidente: il sistema autorizzativo tradizionale fatica a tenere il passo con forme di mobilitazione spontanee e decentralizzate, che sfuggono ai canali di mediazione classici.

L’escalation di oggi si inserisce in un quadro di crescente mobilitazione che sta coinvolgendo varie città svizzere. Le autorità si trovano a dover gestire proteste sempre più partecipate e complesse, mentre nelle piazze si intrecciano solidarietà, tensione e richiesta di ascolto.