Dazi, perché gli obiettivi di Washington sono considerati a rischio

In attesa che il 1. agosto entrino in vigore le tariffe annunciate negli ultimi giorni via «lettera» ai singoli Stati, Trump ha imposto finora dazi sull’acciaio e sull’alluminio stranieri importati negli USA, raddoppiandoli al 50%, e dazi del 25% su tutte le auto assemblate fuori dagli Stati Uniti e su tutti i ricambi auto provenienti dall’estero.
Per ciò che concerne acciaio e alluminio, il tycoon ha parlato di un ordine esecutivo necessario per «contrastare quei Paesi stranieri che minano la competitività delle industrie americane». In realtà, a detta di tutti gli analisti l’aliquota tariffaria più elevata aumenterà i costi per le imprese americane che trattano i metalli - case automobilistiche, produttori di aerei, costruttori edili, trivellatori petroliferi - e potrebbe rendere più costosi alcuni beni di consumo, ad esempio il cibo in scatola.
Anche per l’industria delle auto Trump ha detto che i dazi «stimoleranno gli investimenti e l’occupazione negli Stati Uniti», incontrando tuttavia lo scettiscismo di esperti ed economisti, secondo i quali le nuove tariffe aumenteranno semplicemente i prezzi delle auto nuove di migliaia di dollari e faranno lievitare pure il costo delle riparazioni.
L’obiettivo dichiarato da Washington è rendere le tariffe così «dolorose» da costringere le aziende a produrre negli Stati Uniti, creando così più posti di lavoro americani, facendo crescere i salari e incassando denaro da utilizzare per pagare i tagli alle tasse.
Trump ha anche descritto i dazi come uno «strumento» per ottenere concessioni dagli altri Paesi, una sorta di grimaldello per ogni trattativa futura, non soltanto in campo economico.
Esiti, in realtà, per nulla scontati. Spiegano, infatti, molti economisti che le tariffe funzionali ad aumentare la produzione USA stanno già interrompendo le catene di approvvigionamento e aumentando il costo delle materie prime per le aziende. Non solo: i dazi sono un catalizzatore per l’aumento dei prezzi. Le imprese potrebbero quindi non essere in grado di assorbire il costo delle tariffe e vedersi costrette a far ricadere lo stesso costo sui propri clienti. Mettendo così in moto una pericolosissima spirale di risalita dell’inflazione.