Dazi USA, due terzi delle PMI svizzere rivedono la strategia di esportazione

L’aumento dei dazi statunitensi al 39 per cento sta cambiando profondamente le strategie delle piccole e medie imprese svizzere. Secondo un sondaggio condotto da Raiffeisen per il «Barometro dell’economia: la voce delle PMI», il 68 per cento delle aziende esportatrici ha già adottato nuove misure, come la rinegoziazione con i clienti, la ricerca di nuovi mercati o l’apertura di filiali all’estero. Più di un’impresa su dieci valuta persino di ritirarsi dal commercio internazionale.
Fiducia nonostante i dazi
Nonostante il peso delle nuove tariffe, fissate da Washington il 1° agosto, il livello medio di fiducia delle PMI nella situazione economica generale resta simile a quello di prima della decisione. «Considerata la difficile situazione, questa fiducia è sorprendente. Negli anni le PMI svizzere hanno imparato a gestire l’imprevedibilità, come quella della politica doganale statunitense», osserva Philippe Obrist, Responsabile Clientela aziendale di Raiffeisen Svizzera.
Verso nuovi mercati e focus sul mercato interno
Molte aziende hanno reagito subito, già a luglio 2025, rivedendo le proprie strategie. Prima dell’annuncio dei dazi, solo il 17% delle imprese puntava a nuovi Paesi, mentre ad agosto la quota è salita al 25%. Un ulteriore 22% è attivamente alla ricerca di nuovi sbocchi, mentre l’11% ha aperto stabilimenti o filiali all’estero. Parallelamente, il mercato svizzero sta acquisendo più importanza: oltre un quinto delle aziende esportatrici ha deciso di rafforzare la propria presenza sul mercato interno, alcune rinunciando del tutto alle attività con l’estero.
«Le imprese diversificano, ove possibile, le loro operazioni con l’estero per ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti. Allo stesso tempo, però, anche il mercato interno acquista importanza», sottolinea ancora Obrist.
Rischi crescenti e franco forte
Il sondaggio evidenzia che i rischi legati alle esportazioni sono aumentati sensibilmente. Oggi le operazioni internazionali vengono quasi sempre coperte: circa un terzo delle PMI utilizza più spesso assicurazioni e garanzie, mentre il 72% protegge ora le proprie attività dal rischio di cambio (la metà lo fa solo dopo gli ultimi sviluppi).
Anche il franco forte pesa sempre di più tra i rischi congiunturali. «Se il franco si rafforzasse ulteriormente, la Banca nazionale svizzera non potrebbe più evitare i tassi negativi, mettendo così in pericolo la stabilità dei prezzi», avverte Obrist.
Relazioni con l’UE in primo piano
Per le PMI intervistate, la politica doganale statunitense rappresenta oggi il rischio congiunturale principale. Le aziende più piccole, con meno di 50 collaboratori, sentono il peso della situazione in modo ancora maggiore rispetto a luglio.
Il tema condiziona anche le priorità politiche: se a luglio erano al centro la carenza di personale qualificato e la riduzione della burocrazia, ad agosto la politica estera è balzata in testa alle richieste. Le relazioni con l’UE hanno riacquistato rilevanza: il 24% delle aziende le considera ora molto importanti. «L’incertezza è veleno per le PMI; per questo il Consiglio federale deve trovare rapidamente una soluzione con gli Stati Uniti e con l’UE», conclude Obrist.
Il sondaggio
Il «Barometro dell’economia Raiffeisen: la voce delle PMI» si basa su un’indagine online condotta tramite il panel AmPuls su aziende con 10–249 dipendenti, rappresentative per lingua, dimensione e settore. La rilevazione è stata realizzata in due fasi: dal 9 al 22 luglio 2025 (502 imprese) e dal 20 al 27 agosto 2025 (503 imprese), prima e dopo l’annuncio sui dazi.