Fumetti

Diabolik lontano dalla pensione

Il personaggio dei fumetti creato dalle sorelle Giussani compie 60 anni, ma non ha perso la capacità di conquistare i lettori con il suo misto di violenza, onore, individualismo e disprezzo delle regole –Tranne una: la fedeltà a Eva Kant
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Stefano Olivari
03.11.2022 14:04

Pur avendo da poco compiuto 60 anni Diabolik è molto lontano dalla pensione, non soltanto per la bravura dei suoi autori ma perché la complessità del mondo del 2022 richiede una durezza ed un codice d’onore che soltanto il protagonista di un fumetto può avere. Ma perché milioni di persone di generazioni diverse si sono appassionati alle imprese di quello che, in estrema sintesi, è un ladro?

Adulti

Il personaggio fu creato dalle sorelle milanesi Angela e Luciana Giussani, soprattutto da Angela, moglie dell’editore Gino Sansoni che aveva a sua volta creato una propria casa editrice, la Astorina. Le era venuta la fissazione di creare un fumetto in un formato agile, che fosse leggibile in treno dai pendolari. Non che lei fosse una pendolare, ma dai suoi uffici di piazza Cadorna vedeva arrivare alla Stazione Nord di Milano migliaia di persone senza niente da leggere in mano (non che la situazione sia molto cambiata…), se non qualche giallo di serie C, e si era messa ad unire pezzi di vari personaggi per arrivare a qualcosa di originale. Partì da Fantomas e comunque dall’idea di un eroe sgradevole, ladro, assassino e pieno di altre caratteristiche negative, ben lontano dai ‘buoni’ tutti di un pezzo che andavano per la maggiore (Tex, per dirne un altro di ideazione milanese). La vera intuizione non fu di copiare qua e là, volti compresi (Diabolik forse quello di Robert Taylor, Grace Kelly chiaramente di Eva Kant), bensì quella di proporlo da subito come fumetto per adulti. Con il risultato di coinvolgere sia i lettori adulti sia i ragazzi che leggendo Diabolik avevano quasi la sensazione di fare qualcosa di proibito.

Ideologia

Fin da subito Diabolik generò grandi polemiche, per la sua amoralità, ma in realtà ha un impianto ideologico molto forte e per molti aspetti sfuggito di mano alle sue creatrici. La biografia di Diabolik è nota anche a chi non è cultore del fumetto: orfano e cresciuto in una banda di criminali, apprende prima lì e poi in una scuola apposita tutti i segreti del combattimento, poi uccide l’assassino del suo maestro (un grande classico) e si trasferisce a Clerville, dove farà base per tutto il resto della sua esistenza insieme alla eterna fidanzata Eva Kant, che entra in carica dopo averlo salvato da morte sicura. Ma al di là dei dettagli, Diabolik ha come nemici fondamentalmente i ricchi di Clerville, che non esita e derubare ed anche a uccidere con ogni mezzo: non perché sia Robin Hood o un rivoluzionario, ma per sé stesso e per Eva, senza fermarsi mai. Per Diabolik il denaro è un valore in sé, che giustifica qualsiasi tipo di violenza: spesso chi entra nel mirino di questo eroe-antieroe si merita le peggiori cose, ma a volte anche no. Lui non riflette, se non per sfuggire all’ispettore Ginko e a quella società borghese che attacca pur facendone alla fine parte. A un livello superficiale Diabolik si può considerare il primo protagonista dei fumetti ad usare oggetti tecnologici, a partire dalla sua Jaguar iper-accessoriata, e molto del suo fascino risiede nelle sue competenze multidisciplinari: informatissimo su tutto, ha come causa ultima soltanto sé stesso ed Eva. Un rapporto, quello con la compagna, che nel corso degli anni si è evoluto: all’inizio Eva è subalterna, vive soltanto in funzione di Diabolik, che la maltratta senza sensi di colpa e in un episodio arriva quasi a strangolarla. Soltanto nel tempo il rapporto diventa paritario, nel senso della donna co-protagonista dei vari colpi, ma parlare di fumetto femminista è esagerato.

Cinema

Il vero crimine di Diabolik, così come di tanti altri fumetti di successo, poteva essere la trasposizione cinematografica. Ed invece sia il Diabolik di Mario Bava, del 1968, sia quello dei Manetti Bros sono più che dignitosi. L’opera del re dell’horror è tutt’altro che un B-movie ed è anzi vista come un punto di riferimento del cinema psichedelico: il suo più grande critico fu proprio Bava, al quale il produttore (il grande Dino De Laurentiis) impedì per motivi di censura di replicare fino in fondo le scene di violenza del fumetto originale. Un discreto successo anche il film dello scorso anno, con Luca Marinelli e Miriam Leone protagonisti ed un sequel, Diabolik-Ginko all’attacco!, che uscirà fra pochi giorni e sarà ispirato all’albo numero 16, sempre con Valerio Mastandrea nei panni dell’ispettore e l’entrata in scena di Monica Bellucci nei panni di Altea di Vallenberg, compagna di Ginko. Già annunciato un altro capitolo, con qualche polemica campanilistica: quello dei Manetti Bros è un Diabolik romanizzato, in linea con il 99% del cinema italiano, certo non quello che avevano in mente le ormai defunte sorelle Giussani. Che peraltro come riferimento per Clerville non avevano Milano, bensì Parigi. 

Nero

Come tutti i prodotti di successo, Diabolik ha ispirato tante imitazioni, tutte collocate all’interno del filone del cosiddetto fumetto nero. Davvero Serie B, oggi dimenticata, con le eccezioni di Kriminal e Satanik, entrambi usciti dalla mente di Max Bunker, cioè il padre di Alan Ford. Kriminal è mosso non dalla voglia di arricchirsi, come Diabolik, ma dal desiderio di combattere, non potendola abbattere, la società capitalistica. Satanik ha la caratteristica, negli anni Sessanta davvero notevole, di essere donna anche se non si rivolgeva certo a lettori di sesso femminile: anzi, la presenza del sesso (insieme ai vari omicidi) nelle sue storie per diversi anni la faceva preferire da molti anche al più rigido Diabolik. Due personaggi, Kriminal e Satanik, molto più interessanti e complessi di Diabolik: però loro non esistono più dal 1964 mentre l’incubo di Clerville è ancora fra noi.

Collezionismo

Quanto vale Diabolik? La serie originale è arrivata, con l’uscita di novembre, al numero 909 ed è logico che gli appassionati siano disposti a pagare il prezzo più alto per gli albi originali della cosiddetta ‘Prima serie’, quelli fino al 1965. Non solo per la loro età ma anche perché all’inizio questo fumetto fu distribuito soltanto in alcune zone del Nord Italia, prima di allargarsi al Canton Ticino (nella distribuzione editoriale spesso equiparato alla Lombardia) ed al resto d’Italia e d’Europa. Di più: i primissimi numeri uscirono in pratica soltanto nelle edicole di Milano e dintorni: il numero 1 uscito l’1 novembre 1962, intitolato Il re del terrore, se in buono stato può trovare collezionisti disposti a pagarlo più di 20.000 euro. Per i numeri successivi si va a scalare, ma non troppo, quindi bisogna stare attenti quando si svuotano le soffitte di chi è stato ragazzo negli anni Sessanta. Per quanto riguarda il prezzo degli albi nuovi, secondo le sorelle Giussani nei vari paesi in cui viene venduto deve rispettare la regola di non costare più di tre caffè bevuti al bar. Perché i ricchi di Clerville si possono derubare, ma i lettori da conservare nel tempo invece no.