Il caso

Donne sull’altare, rivoluzione a metà. «Il tema vero è il sacerdozio»

Dopo la promulgazione del «Motu proprio» di Francesco sulla presenza femminile nella liturgia la Chiesa discute del suo futuro. L’opinione di tre sacerdoti della diocesi di Lugano sul tema, tuttora molto controverso, dell’ordinazione presbiteriale non soltanto maschile
Con il Motu proprio «Spiritus Domini» papa Francesco ha istituzionalizzato la presenza delle donne nella liturgia. ©ANSA/Giuseppe Lami
Dario Campione
15.01.2021 06:00

Le donne chiamate sull’altare a leggere le scritture o le chierichette che affiancano il prete servendo messa sono immagini familiari nelle chiese cattoliche del Ticino e di tutta la Svizzera.

In tante parrocchie già oggi voci femminili risuonano durante la liturgia e mani di donna dispensano l’eucaristia assieme al sacerdote. Il termine che le definisce, «accolite», deriva dal greco antico e significa compagne di viaggio: gli accoliti assistono, accompagnano il celebrante durante la funzione religiosa. Non fanno scena. Sono parte integrante e attiva del rito.

Fino a qualche giorno fa, le donne potevano salire all’altare per deroga, sulla base di una concessione stabilita da Paolo VI nel 1972. Papa Montini, allora, ribadì l’esclusività maschile di lettorato e accolitato. Ora, le cose sono cambiate. Il successore giunto a Roma dalla fine del mondo, anche sulla scia del «discernimento» emerso nel sinodo dei vescovi per l’Amazzonia, sovverte una tradizione scolpita nella pietra. E rende definitiva la presenza femminile nella liturgia.

Francesco ha riscritto «Motu proprio» il canone 230 del Codice di diritto canonico cancellando il riferimento al sesso «maschile» dei celebranti degli «ordini minori». Lo ha fatto, certo, perché i tempi lo esigono. Ma non solo. Come ha spiegato nella lettera al cardinale Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, «Il variare delle forme di esercizio dei ministeri non ordinati non è la semplice conseguenza, sul piano sociologico, del desiderio di adattarsi alla sensibilità o alla cultura delle epoche e dei luoghi ma è determinato dalla necessità di consentire a ciascuna Chiesa locale e particolare, di vivere l’azione liturgica, il servizio ai poveri e l’annuncio del Vangelo nella fedeltà al mandato del Signore Gesù Cristo». In questo senso, tutti i battezzati, uomini o donne che siano, possono svolgere «specifici ministeri, promuoverli e coordinarli» e concorrere, in questo modo, «al bene delle comunità».

In Ticino nessuna sorpresa

«Per noi cambia niente - dice don Gianfranco Feliciani, parroco di Chiasso - ci eravamo arrivati da tempo, così come altre diocesi del Nord Europa. Il papa non ha fatto altro che ufficializzare ciò che avveniva già. Il fatto che le bambine servano messa o le donne leggano le scritture e distribuiscano l’Eucarestia è del tutto normale».

Secondo don Gian Pietro Ministrini, vicario foraneo del Mendrisiotto, «in Ticino e in Svizzera siamo guardati come pionieri nell’accogliere all’altare l’elemento femminile. Il punto importante non è questo, semmai la necessità che qualcosa cambi davvero, perché il coinvolgimento delle donne è ancora insufficiente».

Il Motu proprio di Francesco, considerato da molti una specie di “rivoluzione”, non mette in discussione la primazia maschile della Chiesa. Lo stesso papa ha spiegato che il lettorato o l’accolitato non sono il preludio al sacerdozio femminile. Rispondendo così in modo netto, ad esempio, ai vescovi tedeschi.

Su questo punto, la sensibilità dei preti ticinesi è forte. Dice don Pierangelo Regazzi, ex arciprete della Collegiata di Bellinzona: «Il vero problema è discutere seriamente sulla possibilità dell’ordinazione presbiteriale delle donne, quantomeno per giungere a una soluzione condivisa».

Don Regazzi si affida ai suoi studi sul Nuovo Testamento per ricordare come «nella Chiesa delle origini le donne avessero un ruolo più determinato e importante. È stata Maria Maddalena ad annunciare agli apostoli la resurrezione di Cristo, ed era Lidia la responsabile della comunità cristiana di Filippi che accoglieva i fedeli e teneva viva la prassi dell’incontro ecclesiale, nel quale era compresa anche l’Eucarestia. Per una certa parte della Chiesa questo è un argomento tabù, ma io credo che si debbano aprire gli orizzonti allo spirito di Dio, non seguire la convenienza. Se una cosa è giusta, si fa. E allora, perché non mettere sul tappeto il tema? Perché continuare a negare l’accesso delle donne al diaconato quando nella Chiesa delle origini non c’era alcuna distinzione?».

La cautela del papa

La scelta del papa, aggiunge don Feliciani, «avrà conseguenze. Molti hanno un bel dire che questo Motu proprio non incide sul divieto della Chiesa di ordinare diaconi, preti e vescovi donne. In realtà, si tratta di un passo che psicologicamente prepara ad altro. Il cambiamento è dentro la storia. Ciò non vuol dire che si possa fare domani, ma la storia ha un peso. Va da sé che l’ordinazione della donna, se mai ci sarà, non dovrà essere il frutto di una sensibilità femminista, politica o mondana, ma il frutto di un approfondimento di fede».

E se don Ministrini parla della decisione papale come di qualcosa che «potrebbe aiutare a dare una svolta», don Feliciani aggiunge alla riflessione un altro tema complesso: la salvaguardia dell’unità della Chiesa. «Penso che sia chiaro a tutti come il papa abbia in cuor suo incitato ad approfondire il tema del diaconato delle donne. Lo ha fatto con la giusta attenzione e prudenza, perché non vuole spezzare l’unità della Chiesa. Lo ha fatto con un piccolo e nello stesso tempo grande passo».

Lettorato e accolitato: che cosa sono

Diritto canonico

Il Motu proprio «Spiritus Domini» sul lettorato e l’accolitato dei fedeli modifica il canone 230 del Codice di diritto canonico (il corpus normativo che regola l’attività della Chiesa cattolica). Nella nuova formulazione si legge: «I laici che abbiano l’età e le doti [...] possono essere assunti stabilmente, mediante il rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti». Viene abrogata la specificazione «di sesso maschile» riferita ai laici e presente nel canone 230 fino alla modifica voluta da Francesco.

I ministeri

Il «lettorato» è la facoltà di leggere a Parola di Dio durante le celebrazioni liturgiche; lo svolgimento di un servizio all’altare come ministrante, chierichetto o dispensatore dell’Eucaristia è detto invece «accolitato».

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