Dopo Francesco, la scelta difficile di una Chiesa incerta

«Tutti i cardinali elettori sono a Roma». Il conclave può iniziare. Il direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha confermato ieri, durante il quotidiano incontro con i giornalisti, che tutto è pronto per l’elezione del nuovo Papa. I 133 porporati che entreranno nella Cappella Sistina sono in Vaticano e hanno partecipato, sempre ieri, alla decima e all’undicesima congregazione generale.
Le riunioni tra porporati che precedono l’inizio del conclave stanno assumendo, dopo la morte di Francesco, un significato particolarmente importante. Sono stati moltissimi gli interventi, sia degli elettori sia dei non elettori. Lo stesso Bruni ha spiegato come nella decima congregazione ben 26 cardinali abbiano preso la parola su temi quali «il Diritto canonico e il ruolo dello Stato della Città del Vaticano, la natura missionaria della Chiesa, il ruolo dei cardinali nel difendere i poveri». Nel celebrare l’Eucarestia, è stato ripetuto più volte da cardinali di diversa provenienza, «non bisogna dimenticare il sacramento di Cristo nei poveri».
Numerosi anche altri «riferimenti a papa Francesco, ai segni del suo pontificato e ai tanti processi iniziati» ma non conclusi da Bergoglio.
Per quanto riguarda l’orientamento dei cardinali, ha detto Bruni, negli interventi è stato rilevato che «si attende un Papa presente, vicino, come porta d’accesso alla comunità in un ordine mondiale in crisi. Un pastore vicino agli uomini, che affronti la sfida della fede, del creato e della guerra in un mondo frammentato».
I porporati, inoltre, hanno fatto vari riferimenti ai documenti conciliari, in particolare alla Dei Verbum, la costituzione dogmatica riguardante la «Divina Rivelazione» e la Sacra Scrittura considerata uno dei principali - se non il più importante - testo del Concilio Vaticano II.
I numeri della Sistina
Come detto, saranno 133 (su 135 aventi diritto) i cardinali elettori del conclave che si apre domani. Di questi, 53 (pari al 39% del totale) provengono dall’Europa. Il Vecchio continente si conferma quindi in un ruolo tuttora preponderante, pur in un quadro di crescente internazionalizzazione della Chiesa. Tra gli europei, l’Italia può contare su 17 elettori (19 se si prendono in considerazione il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, e il 50.enne prefetto apostolico di Ulan Bator, in Mongolia, Giorgio Marengo), pari al 12,6% dell’intero Collegio, seguita da Spagna e Francia con 5 cardinali ciascuna, Polonia e Portogallo con 4, Germania e Regno Unito con 3, Svizzera con 2 e altri singoli Paesi dell’Europa orientale e settentrionale con 1 rappresentante ciascuno.
Gli altri continenti saranno rappresentati da 23 cardinali elettori asiatici (17%), 18 africani (13,3%), 17 sudamericani (12,6%), 16 nordamericani (11,8%), 4 centroamericani (3%) e 4 dell’Oceania (3%).
Quanto al pontificato di creazione, 108 cardinali elettori (80%) sono stati nominati da papa Francesco, 22 da Benedetto XVI (16%) e soltanto 5 da Giovanni Paolo II (4%). È un dato che conferma quanto il prossimo conclave si svolgerà all’interno di un Collegio profondamente rinnovato. Un Collegio nel segno del pontefice argentino.
Progressista o conservatore
La domanda che tutti si fanno è se il successore di Francesco sarà un progressista o un conservatore. La risposta è impossibile. Incasellare i cardinali dentro categorie laiche è un esercizio che non manca di una certa suggestione, ma rischia di essere fuorviante. È tuttavia vero che alcuni porporati hanno caratteristiche simili, altri si sono espressi in modi affini su determinate questioni, altri ancora ricoprono incarichi che li qualificano in maniera evidente.
Secondo alcuni vaticanisti, ad esempio, esisterebbe un «partito dei nunzi», ovvero dei porporati-ambasciatori; uomini di fede abituati a trattare con i potenti. Mediatori in grado di tenere insieme diplomazia e teologia. Se la fumata bianca arrivasse subito, giurano gli analisti, il Papa sarà Pietro Parolin, il segretario di Stato di Francesco, uno dei pochi cardinali conosciuti dall’intero Collegio, probabilmente sostenuto anche da molti porporati di Curia. Il 70.enne Parolin è inviso soltanto ai più duri tradizionalisti e ai cardinali statunitensi in sintonia con Donald Trump, i quali lo accusano di aver ceduto sulle prerogative della Santa Sede firmando l’accordo con Pechino. Il fatto che il regime cinese possa dire la sua sull’elezione dei vescovi è considerato un vulnus quasi irrimediabile.
Le possibili letture
Pochi di numero, forse soltanto una quindicina, ma molto determinati sulle questioni dottrinali sono proprio i cardinali apertamente conservatori, i quali domani, al primo scrutinio, potrebbero scegliere come candidato l’arcivescovo di Budapest Péter Erdö, 72 anni, creato cardinale da Karol Woytila nell’ottobre del 2023 e quindi al suo terzo conclave. Ai presuli più tradizionalisti sembrano non dispiacere nemmeno lo svedese Anders Arborelius, arcivescovo di Stoccolma nato a Sorengo nel 1949, o lo stesso Pizzaballa, 60 anni, francescano, giudicato molto fermo nella dottrina ma altrettanto carismatico, grazie anche al ruolo ricoperto nel quadrante mediorientale prima come custode di Terra Santa per 12 anni e adesso come patriarca di Gerusalemme dei Latini.
Le letture della Chiesa che si appresta a eleggere il successore di Pietro sono comunque molte, e molto diverse tra loro. L’idea prevalente di un cattolicesimo diviso, anche in maniera radicale, non convince tutti. «Non è in atto alcuna guerra intestina, nonostante alcuni media tendano a proporre spesso il paradigma dei buoni contro i cattivi - ha detto ad esempio all’agenzia SIR Javier Martínez-Brocal, vaticanista del quotidiano spagnolo ABC dell’emittente televisiva La Sexta - per una corretta interpretazione del conclave bisognerà piuttosto osservare quali elementi peseranno di più sulla scelta, che comunque oscillerà tra stabilità ed evoluzione. Come diceva papa Francesco, la società polarizzata non deve indurci a considerare le differenze come polarizzazioni». Martínez-Brocal è quindi convinto che «il nuovo pontefice sarà un evangelizzatore che renderà ancora più credibile il messaggio della Chiesa e che aiuterà i fedeli a percepire la vicinanza della stessa in un’ottica di internazionalità. La fede - conclude il giornalisto spagnolo - è l’unico criterio attraverso il quale si può comprendere la figura del Papa, il quale è scelto innanzitutto in rapporto al periodo storico: Francesco era solito parlare dei bisogni di oggi dell’uomo, amava soffermarsi sul presente anziché voltarsi verso il passato».
Anche Camille Dalmas, vaticanista di I.Media - agenzia francese specializzata nelle notizie vaticane - è convinto che dopo Francesco, «una personalità che ha segnato il suo tempo», sulla cattedra di Pietro dovrà sedere qualcuno chiamato a «proseguire l’approccio pastorale del pontefice argentino, la sua comunicazione capace di toccare le persone, di parlare ai cuori». Fare pronostici è sostanzialmente inutile, avverte il vaticanista francese in un lungo articolo pubblicato sul portale di I.Media, il conclave non è «un’elezione politica o una corsa di cavalli». A pesare sulla scelta sarà «una combinazione di fattori come la provenienza, l’età, la lingua parlata e una certa visione della Chiesa condivisa da altri cardinali».
Sabato scorso, il cardinale spagnolo Ángel Fernández Artime, fino a pochi mesi fa rettore maggiore dei salesiani, celebrando la messa in suffragio dell’ottavo giorno dei novendiali ha ricordato le parole di Francesco che invitava a «svegliare il mondo», con «un cuore e uno spirito puri, capaci di riconoscere le donne e gli uomini di oggi - in particolare i più poveri, gli ultimi, gli scartati - perché in loro c’è il Signore». È questa, forse, la chiave per capire il conclave. Come la Chiesa saprà continuare a essere la «casa degli ultimi».