Due donne in più nel Giardino dei Giusti

«La storia siamo noi», cantava Francesco De Gregori. Siamo noi: io che scrivo e tu che leggi, i nostri padri, le nostre madri e i nostri figli. Gente «normale» insomma, non solo capi di stato, geni o eroi di guerra. Gente che per una ragione o per l’altra si trova a influire sul flusso del tempo e a determinarne in silenzio l’andamento. Nasce anche da questa intuizione il «Giardino dei Giusti» inaugurato l’anno scorso a Lugano (cfr. CdT del 21 aprile 2018, alle pagine 28 e 29) per onorare le figure di alcuni personaggi resistenti, oggi si dice «resilienti», che al momento opportuno hanno saputo fare la cosa che andava fatta per difendere i diritti umani quando venivano calpestati. E così, da allora, al parco Ciani vengono onorati Francesco Alberti, Carlo Sommaruga, Anna Maria Valagussa e Guido Rivoir. La novità è che fra pochi giorni il Giardino si allargherà per fare spazio a due nuovi giusti. Anzi, due nuove giuste: Federica Spitzer e Marietta Crivelli Torricelli. Ma chi sono?
C’è un modo facile per scoprirlo. Andare venerdì prossimo 20 settembre in Villa Ciani verso le quattro del pomeriggio per assistere a due eventi tra loro correlati (vedi articolo in alto): l’inaugurazione di due nuovi alberi al Giardino dei Giusti, dedicati a Federica Spitzer e Marietta Crivelli Torricelli, e la presentazione di una piattaforma didattica digitale nata per far conoscere la vita dei giusti stessi. Il sito si trova all’indirizzo www.levitedeigiusti.ch e, anche se non ancora completo (work in progress), è consultabile a partire da oggi.
Ma torniamo alle due donne per cui verranno piantati altrettanti alberi nel parco cittadino. La prima è Federica Spitzer, una signora di origine ebraica nata a Vienna nel 1911 che, nell’allucinante contesto della Seconda guerra mondiale, scelse di farsi deportare a Theresienstadt per salvare la vita dei propri genitori. Il 5 febbraio 1945, dopo due anni e mezzo di prigionia, poté lasciare il campo con mamma e papà su un treno diretto verso la Svizzera. In due occasioni aveva rischiato la deportazione ad Auschwitz, dove sarebbe stata uccisa. E così, dopo essere sopravvissuta alla Shoah, venne a stabilirsi a Lugano e ci morì nel 2002. Non prima di testimoniare la sua dolorosa e luminosa esperienza ai giovani delle scuole ticinesi.

«Theresienstadt - scrisse la Spitzer (nella foto sopra) in “Anni perduti” - era stata originariamente concepita dai nazisti come un Lager di transito, dunque anticamera della morte, perché tutti dovevano finire ad Auschwitz». Qui «donne, in maggioranza anziane, dormivano vestite, distese su sacchi di paglia. Erano quasi tutte affette da dissenteria. Coloro che riuscivano a scadenze ravvicinate dovevano correre alle latrine che si trovavano nel cortile. Ma molte non ce la facevano più, erano troppo deboli e se non disponevano di un vaso, lasciavano andare tutto sotto di sé».
Il bene è sempre possibile
«Sin da subito – ci spiega il responsabile dell’Archivio storico della Città di Lugano Pietro Montorfani – Federica Spitzer è stata il nume tutelare del progetto Lugano Città Aperta. Infatti sul cartello principale del Giardino dei Giusti è riportata una sua citazione su come sia possibile trasformare un momento tragico come quello dell’Olocausto in una sorta di trionfo dell’umanità. Il messaggio che ci ha lasciato è che il bene è sempre possibile».
Montorfani ricorda inoltre come la Città, il 27 gennaio 2016, abbia voluto intitolare una strada a Federica Spitzer, «un fatto ancora piuttosto raro per una donna». Dedicarle un albero è quindi il coronamento di un percorso iniziato già tre anni or sono. «A me personalmente – aggiunge lo studioso – la figura di Federica Spitzer piace molto perché incarna contemporaneamente chi ha potuto fare del bene (nonostante la sua condizione di vittima) e chi quel bene lo ha sperimentato su di sé al momento dell’accoglienza nel Canton Ticino: appartiene insomma al novero di chi ha subito la Shoah e, nello stesso tempo, a quello dei Giusti. Ha scelto di entrare a Theresienstadt e di diventare vittima, ma anche perché potesse fare del bene e aiutare i suoi genitori. La sua è una testimonianza ancipite ed esemplare, non si annulla in uno solo dei due mondi». Da notare che l’Archivio di Lugano ospita oggi gli oggetti e i documenti a lei appartenuti: «È l’inizio di un lavoro. Il fondo che abbiamo appena finito di catalogare è liberamente consultabile e a disposizione di chi vorrà continuare a studiarlo».

La seconda figura è quella di Marietta Crivelli Torricelli (nella foto sopra), nata e morta a Lugano (1853 – 1928), meglio nota nel Cantone come la «Mamma dei poveri». La sua è, inizialmente, la storia di una ragazza di buona famiglia. Nelle note biografiche firmate da Manuela Maffongelli sul sito dell’Associazione Archivi Riuniti delle Donne Ticino leggiamo di un matrimonio con l’ingegner Beniamino Crivelli da cui ebbe due figli, Carlo e Armida. Ma resta presto vedova, era il 1880. E da quel momento decide di dedicare ogni attimo della vita al sostegno dei bisognosi. «Con il suo operato, osserva Maffongelli, diede inizio al modello filantropico di assistenza sociale basato sulla costituzione di comitati femminili impegnati nella ricerca di fondi». Come? Fondando alcune istituzioni benevole di assoluto rilievo: la «Società di mutuo soccorso femminile», di cui fu segretaria per quarant’anni e numerose altre iniziative filantropiche: l’Asilo infantile della città, il Ricovero comunale, gli Ospedali Civico e Italiano, il Penitenziario cantonale, la sezione luganese della Croce Rossa, la Croce Verde, la Pro Juventute, la Società Pro Ciechi, la Lega antitubercolare ticinese, la Lega antialcolica, la Pro Vecchiaia e il Dispensario luganese per lattanti, di cui fu capo-patronessa. Inoltre, nel corso della mobilitazione della Grande Guerra, organizzò un servizio di soccorso e prima necessità destinato ai militi e alle loro famiglie, istituendo nel 1916 le «Case del soldato».
La leonessa del Ticino
Stimatissima, nel 1919 fu chiamata dal Governo federale a far parte del Consiglio di fondazione del «Dono nazionale». Tra gli altri soprannomi attribuiti a Marietta anche: la «Madre dei soldati» e la «Leonessa del Ticino».
«Un’altra donna fra i giusti. Mi piace sottolinearlo – commenta Montorfani – in questo anno femminile. E una donna che ha fatto un lavoro enorme dimostrando capacità manageriali, di gestione delle risorse e di raccolta fondi al pari (anzi, molto meglio) di tanti colleghi uomini dell’epoca. Nella sua intensissima vita ha ottenuto, all’atto pratico, molti successi, al punto che il Consiglio federale e il medico capo dell’esercito le hanno conferito prestigiosi riconoscimenti. È stata del resto la prima donna a cui la Città di Lugano abbia dedicato una via, quella che porta al Moncucchetto».
I due ambiti in cui Marietta si è mossa maggiormente, ricorda Montorfani, sono «l’aiuto ai soldati durante la Prima guerra Mondiale e l’aiuto alle madri nubili e ai loro figli. In un’epoca in cui lo Stato era ancora piuttosto latitante in materia, ha promosso l’assistenzialismo femminile in un’ottica di mutuo soccorso: un’azione fatta dalle donne, per le donne, così da renderle doppiamente protagoniste».
Federica e Marietta, due donne straordinarie: «Quando si incontrano persone come loro, il motivo della loro presenza nel Giardino risulta subito evidente. Basta leggere le loro biografie per capirlo». Ma anche straordinariamente normali, perché come molte altre donne meno conosciute, di fronte alle circostanze sfavorevoli della vita e della storia hanno seguito la loro coscienza scegliendo di fare la cosa giusta.

L’APPUNTAMENTO
Venerdì 20 settembre nella Sala degli Specchi di Villa Ciani alle 16.00 si terrà l’inaugurazione di due nuovi alberi al Giardino dei Giusti, dedicati a Federica Spitzer e Marietta Crivelli Torricelli, e avverrà la presentazione di una piattaforma didattica digitale www.levitedeigiusti.ch.
All’evento interverranno il sindaco di Lugano Marco Borradori, il capodicastero Cultura Roberto Badaracco, il presidente della Fondazione Federica Spitzer Moreno Bernasconi, Sonia Castro del Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI, la presidente della Commissione federale contro il razzismo Martine Brunschwig Graf e Norman Gobbi, Consigliere di Stato. Al termine della cerimonia ci sarà anche la consegna del Premio Spitzer 2019 che promuove progetti realizzati da istituti scolastici pubblici e privati volti a educare gli allievi/studenti a prendere coscienza dei genocidi e dare un contributo al superamento dei conflitti fra razze, culture e religioni. Il premio verrà attribuito quest’anno alla Scuola media di Chiasso.

MORENO BERNASCONI: «UNA DIDATTICA CHE PARTE DAL TERRITORIO»
Moreno Bernasconi, lei presiede la Fondazione Federica Spitzer: due nuove giuste e un sito. Si riparte da qui?
«L’iniziativa che stiamo promuovendo come Fondazione Spitzer assieme alla città di Lugano continua il cammino iniziato col progetto Lugano Città aperta. Ma scendendo nel concreto con due strumenti che sottolineano l’originalità dell’operazione».
Quali sono gli elementi di originalità?
«Una risposta educativa prima che politica e che parte dal territorio. La piattaforma didattica sulla vita dei giusti ticinesi che stiamo per rendere pubblica è un’iniziativa di educazione civica, di educazione alla responsabilità agli inizi di un XXI secolo che si presenta - oggi, qui e nel mondo intero - come estremamente conflittuale. La risposta ai conflitti odierni a nostro avviso non deve essere anzitutto politica bensì educativa».
In che modo?
«Partendo dal territorio per accendere un senso di responsabilità e un’attenzione che nasce qui e permette di essere attenti e corresponsabili a quanto accade qui e in tutto il mondo. Certo, si potrebbe ri parlare di queste tragedie partendo dalla testimonianza di Anna Frank o di altri testimoni della barbarie lontano da noi. Lo stiamo facendo da decenni ed è bene che sia stato fatto. Il problema è sapere se parlare solo o soprattutto di Anna Frank - bimba tragicamente abbandonata ad un destino inesorabile - ha ancora l’incisività di un tempo».
E non ce l’ha?
«Nella sua relazione del mese di gennaio all’USI, il direttore del museo di Auschwitz ci ha detto che non si può più continuare così».
Perché?
«Perché paradossalmente, più aumenta il numero dei visitatori di Auschwitz e più si riduce l’attenzione nei confronti dei genocidi, le persecuzioni e i conflitti in corso. Non c’è un rapporto di causa-effetto, ma è vero che non si è accorto quasi nessuno di ciò che è successo in Myanmar, o al milione di uiguri che si trovano attualmente in campi di rieducazione in Cina, dove si separano i genitori dai figli e si procede al lavaggio del cervello degli uni e degli altri».
Cosa vuol dire partire dal territorio?
«Valorizzare delle figure umane positive malgrado tutte le barbarie, come Federica Spitzer che ha vissuto qui per cinquant’anni e ha dato qui la sua testimonianza; o come i coniugi Sommaruga, Francesco Alberti e Guido Rivoir cui è già stato dedicato un albero al Giardino dei Giusti, e come Marietta Crivelli Torricelli che in questo nostro Paese ha fatto un lavoro di aiuto umanitario straordinario. Testimoni di umanità del nostro Paese. Se fai parlare la vita di queste persone con i ragazzi ma anche con gli adulti di questo Paese riesci probabilmente a realizzare un obiettivo di educazione civica e alla responsabilità e di crescita civile in modo più incisivo che non raccontando un personaggio stra-conosciuto altrove. Vorremmo evitare il rischio che queste cose sembrino calate dall’alto, quasi per decreto o semplicemente perché corrisponde al politicamente corretto. Desideriamo risvegliare l’attenzione della gente (anche) a partire da storie di giusti del nostro Paese».
Uno sforzo che sta ottenendo l’attenzione delle istituzioni, mi pare.
«Sì. Ringrazio molto la Città di Lugano per aver condiviso con la Fondazione Spitzer l’importanza di questo processo, iniziando un lavoro di rivalorizzazione della storia culturale e sociale del Paese che illustri la vita di figure semplici ma umane della società civile - compresi i dubbi e le esitazioni che esse hanno avuto di fronte a situazioni materialmente ed eticamente difficili - e che proprio perché semplici parlano a tutti e possono diventare educative per le nostre scuole e per la crescita civile di tutti».
C’è una grande attenzione alle scuole.
«Dal punto di vista didattico, un modello che parte dal basso, dal territorio e la società civile si ispira al metodo maieutico. Tu spieghi una cosa partendo direttamente dalle persone che hai davanti o che ti sono vicine e gli dai voce direttamente, permetti loro di parlare di quello che sono e che hanno fatto. Il materiale didattico coinvolge direttamente. Per questo potrebbe - me lo auguro - funzionare bene in una classe. I riscontri che abbiamo avuto con i responsabili della formazione dei docenti (la collaborazione col DFA della SUPSI - che ringrazio vivamente - è stata determinante), delle divisioni delle scuole medie, medio-superiori e professionali ticinesi, sono molto positivi e ci hanno incoraggiato a procedere. Il bello della piattaforma didattica digitale è che grazie alle nuove tecnologie e all’organizzazione del percorso, chi ci lavora dentro - sia gli insegnanti che gli allievi - diventa attivo e può diventare protagonista».
IL SENSO DELL’OPERAZIONE SPIEGATO DAI PROMOTORI

Sonia Castro, SUPSI/Formazione dei docenti
«Il progetto Le vite di giusti è nato da una sinergia tra enti pubblici e privati preposti alla promozione della cultura e alla formazione dei docenti, precisamente da una collaborazione tra l’Archivio storico della città di Lugano, la Fondazione Federica Spitzer e il Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI, con il sostegno di importanti partner quali l’Istituto di studi italiani dell’USI e la RSI. L’idea di partenza è stata quella di dare un seguito alla creazione del giardino al parco Ciani e di avviare un progetto che avesse ricadute significative in termini educativi e formativi, in una linea di continuità con l’attività che la Fondazione Federica Spitzer promuove da anni nelle scuole del Canton Ticino.
Un altro elemento che sin da subito ha orientato le scelte progettuali è stato quello di valorizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella trasposizione didattica dello spazio fisico del giardino in un luogo virtuale di costruzione della conoscenza. È così che ha preso forma la piattaforma multimediale Le vite dei giusti, attraverso la quale gli studenti delle scuole medie e secondarie potranno ripercorrere le esperienze biografiche dei Giusti, interagendo con fonti primarie di diversa natura, scritte, iconografiche e audiovisive. A differenza di altre realtà presenti nel web il sito valorizza quindi materiale documentario, per lo più inedito, conservato presso l’Archivio storico di Lugano o altri archivi privati, rigorosamente e scientificamente selezionato e proposto per un uso didattico.
Le finalità educative e didattiche sono importanti e molteplici: dall’educazione alla cittadinanza democratica alla valorizzazione del patrimonio culturale locale, dalla creazione di un legame diretto tra storia generale e storia locale a una riflessione sul legame storia-memoria e sulla costruzione di un senso comune del passato. Anche in relazione alla storia del XX secolo il focus sui Giusti mette in atto un cambiamento del paradigma didattico, ponendo l’accento sulle vite di coloro che, compiendo un gesto di responsabilità civile, hanno contribuito a mantenere vivi gli ideali di giustizia, libertà e solidarietà tra i popoli e le persone in contesti storici diversi di soppressione dei diritti umani.
Un ulteriore sviluppo del progetto, che è stato favorevolmente accolto dalle divisioni preposte ai diversi ordini di scuola, prevede la presentazione del sito ai docenti attivi nel territorio attraverso corsi di aggiornamento, al fine di avviare un processo partecipativo per l’allestimento di altri materiali e progetti didattici nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza e delle scienze umane più in generale».

Luigi Di Corato, direttore Divisione Cultura
«La Divisione Cultura è fortemente impegnata a dare un concreto orizzonte di crescita ad un progetto di primo piano per la città di Lugano. Un giardino dedicato a coloro che hanno dedicato la loro vita agli altri, deve diventare un orto da coltivare con amore e passione affinché le generazioni future possano crescere e maturare anche grazie all’esempio di chi li ha preceduti. Qualcuno che spesso non è nei libri di storia, ma che oggi è possibile «incontrare» al parco, quasi per caso. E siccome il progetto è dedicato sopratutto ai nativi digitali, la dinamica concreta, direi sensoriale, della natura, è associata al web dove il «visitatore» può trovare tutto ciò che serve per approfondire come la vita di queste persone è diventata «giusta» è soprattutto perché».

Roberto Badaracco, Capo dicastero Cultura, Sport ed eventi
«La Città di Lugano ha deciso di dedicare sempre maggiore attenzione alla sua storia e al suo patrimonio culturale, materiale o immateriale che sia. E in questo caso le «vite dei giusti» sono un esempio emblematico di come la micro-storia possa legarsi alla Storia con la S maiuscola e di quanto la vita di ognuno di noi possa essere determinante per la collettività. Per questo molte forze si sono messe insieme per dare un diverso impulso ad un progetto come questo che, voluto dalla Fondazione Spitzer, sta crescendo non solo grazie al lavoro della Divisione Cultura con l’Archivio Storico, ma anche delle Divisioni Spazi Urbani e Comunicazione, oltre che di SUPSI che ha messo in atto energie importanti sul versante delle nuove tecnologie».