E i titoli legati agli armamenti finiscono nei portafogli green

Considerare gli investimenti nell’industria degli armamenti come ecologici e sostenibili? Sembrerà strano, ma questa è la tendenza che inizia a farsi strada nel mondo della finanza. Alcuni operatori vedono infatti gli investimenti in questo settore come una sorta di prerequisito per poter operare sul fronte della protezione climatica. In fondo, viene rilevato, la consapevolezza sul clima si è potuta sviluppare perché l’elemento essenziale - la pace - era già garantito. Il tema della sicurezza appare quindi più un prerequisito che un concorrente degli investimenti etichettati come sostenibili, viene fatto notare. Bisogna anche sottolineare che il comparto sta beneficiando del colossale progetto di riarmo europeo e dall’aumento delle spese militari in molte nazioni.
Forti somme in gioco
Le somme stanziate per il programma ReArm Europe, presentato in primavera dalla presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, basati sulla minaccia russa e i timori di un disimpegno degli USA, sono ingenti. Il piano prevede l’iniezione di 800 miliardi di euro nella difesa in cinque anni, la messa a disposizione di una linea di credito di 150 miliardi di euro per acquisti congiunti e la mobilitazione delle capacità di finanziamento degli investitori istituzionali. A ciò si aggiunge il previsto aumento della spesa militare da parte di quasi tutti i membri della Nato al 5% del PIL.
Come valutare questa tendenza? Ne abbiamo parlato con Alberto Stival, esperto e docente di finanza sostenibile. «L’attuale situazione geopolitica ha, in effetti, portato alcuni operatori finanziari ad ammettere, entro determinati limiti, il settore della produzione di armi nell’ambito dei prodotti d’investimento detti responsabili o sostenibili. La spiegazione che viene fornita in questi casi è che le armi possono essere ritenute uno strumento di difesa e di mantenimento della pace. Va specificato che le banche e gli asset manager in questione continuano, in ogni caso, a rinunciare agli investimenti in armi considerate controverse come le bombe nucleari, le mine antiuomo e le munizioni a grappolo».
Definizione non univoca
Comunque sembra un po’ contraddittorio far rientrare gli investimenti in armamenti negli investimenti sostebili, visto che servono per la guerra, e quindi per uccidere essere umani. Con un riarmo internazionale in fondo aumentano i rischi di conflitto, e quindi di perdite dei vite umane. «Essendo la definizione di sostenibilità non univoca ed in costante evoluzione - risponde Alberto Stival - il tema è molto dibattuto anche tra gli esperti e rischia, ingiustamente secondo me, di mettere in cattiva luce tutto il mondo degli investimenti sostenibili. È importante sapere, infatti, che esistono soluzioni d’investimento sostenibili che non si basano su criteri d’esclusione, come le armi, e quindi nulla c’entrano con questa controversia. Tra questi vi sono l’impact investing, dei fondi che operano con l'obiettivo di generare un impatto sociale e ambientale positivo misurabile, o gli investimenti tematici, ad esempio in energie rinnovabili. Ai clienti interessati alla questione consiglio di parlarne con i propri consulenti finanziari per comprendere meglio le soluzioni disponibili ed esprimere le proprie preferenze in materia di sostenibilità».
Tutto questo rappresenta una manna per gli investitori che cercano rendimenti a lungo termine. «Gli investimenti in attrezzature militari - spiega dal canto suo all’agenzia Awp Aymeric Gastaldi, gestore di un fondo presso Edmond de Rothschild Asset Management - richiedono molto tempo, dallo sviluppo alla produzione, poi alla consegna, prima che entrino in gioco i contratti di manutenzione per l’intera vita del prodotto».
Quadro più ampio
La spesa viene considerata in un quadro più ampio di ripristino della sovranità europea. «Sebbene questo concetto sia emerso a seguito delle tensioni geopolitiche e degli shock alla catena di approvvigionamento globale, è diventato un elemento centrale della strategia di resilienza a lungo termine dell’UE», spiegano gli esperti della Banca Mirabaud in una recente nota.
Secondo Gastaldi malgrado i dubbi iniziali non ci sono riserve sulla rilevanza degli investimenti nella difesa o sulla loro compatibilità con un approccio ESG: al contrario, molti investitori sono molto interessati a tale strategia.