Il caso

È la fine dell’autovelox italiano?

Alcuni giorni fa una sentenza della Corte di Cassazione ha annullato 13 verbali a un automobilista: il motivo? Gli apparecchi che misurano la velocità non erano omologati - Ma nonostante il buco normativo, chi vuole stare tranquillo ed evitare sanzioni più gravi farebbe bene a pagare
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Stefano Olivari
19.05.2025 06:00

L’autovelox in Italia è arrivato al capolinea? Di certo la sentenza della Corte di Cassazione di qualche giorno fa ha aggiunto confusione a una materia, quella delle multe stradali dei Comuni, che interessa molto anche gli automobilisti svizzeri e in particolare quelli ticinesi. Cosa è cambiato, dunque?

In sintesi si può dire che la Cassazione abbia annullato 13 verbali e la sottrazione dei punti della patente, tutti riguardanti un singolo automobilista che ha preso multe per 1.600 euro ma ha fatto ricorso sostenendo che gli autovelox non fossero omologati. La sentenza si è guadagnata grande spazio mediatico e molti addirittura sostengono che l’autovelox non esista di fatto più, ma non è sorprendente. Perché già nel 2024 la Cassazione aveva stabilito che le multe per eccesso di velocità basate su foto di autovelox non omologati valgono zero, vista la differenza fra approvazione e omologazione. L’approvazione è infatti un atto amministrativo del ministero e dei comuni, basato sul rispetto di requisiti tecnici, l’omologazione invece riguarda il funzionamento dell’autovelox stesso. Distinzione che al cittadino medio sembra bizantina, da avvocati di infima categoria, ma che è proprio il motivo per cui chi vuole fare ricorso, avendo tempo e soldi da buttare via, quasi sempre viene premiato.

Trentatré anni di buco

I dispositivi elettronici per il controllo della velocità in Italia esistono dagli anni Settanta ma il caos attuale nasce nel 1992, con l’articolo 142 del Codice della Strada che impone che gli autovelox siano approvati e omologati. Il problema è che in 33 anni e con governi di ogni colore non sono mai stati emanati i decreti attuativi, cioè non è mai stato indicato chi debba provvedere all’omologazione di questi strumenti. Questo il buco normativo che ha permesso tanti ricorsi e che rende di fatto tutti gli autovelox d’Italia non omologati, per la semplice ragione che nessuno sa chi li debba omologare. L’anno scorso il ministero dei trasporti, guidato dal leader della Lega Matteo Salvini, ha provato un escamotage rendendo automaticamente omologati tutti gli autovelox prodotti dal 2017 in avanti, ma il decreto è stato ritirato dopo una fuga di notizie e si sta cercando di riscriverlo per non offrire assist a ulteriori ricorsi. Salvini ha cercato anche la strada della circolare ministeriale, che equiparava approvazione e omologazione, ma anche questa è stata bocciata dalla Cassazione.

I pagamenti

Uscendo dal «giuridichese» bisogna rispondere a una sola domanda: le multe per eccesso di velocità basate su autovelox vanno ancora pagate, a maggio 2025? La risposta è un sì, perché la partita è apertissima visto che il governo ha mandato ai prefetti (i destinatari formali dei ricorsi) una circolare che riprende un parere dell’Avvocatura dello Stato che in sostanza dice che gli autovelox approvati sono anche omologati. Quindi chi vuole stare tranquillo, evitando multe, sanzioni, sequestri dell’auto, eccetera, per farsi magari dare ragione in tribunale dopo dieci anni, farebbe comunque bene a pagare. E si parla solo di autovelox, perché le multe arrivate da rilevatori per così dire umani erano, sono e rimangono validissime.

Il bilancio

In questo dibattito, che disorienta anche gli automobilisti svizzeri, decisivo il ruolo dei Comuni italiani: nel 2024 hanno incassato oltre 1,7 miliardi di euro da multe stradali, con un aumento del 10% rispetto al 2023. Le entrate da multe in molti casi sfondano il muro del 5% del fatturato dei comuni, con punte del 20% in piccole realtà e con in testa alla classifica assoluta i comuni che più massicciamente fanno uso di autovelox, come Milano (204 milioni di euro nel 2024), Roma (145,8 milioni), Firenze (61,6 milioni) e Torino (61,2 milioni). Firenze ha registrato una multa pro capite di 170 euro nel 2024, la più alta tra i capoluoghi di provincia, seguita da Milano (149,10 euro). A livello regionale, la Liguria ha il valore pro capite più alto (40,1 euro per residente), seguita da Toscana (34,9 euro) e Lombardia (32,3 euro). Al Sud, regioni come Molise (4,9 euro pro capite) e Calabria (8,9 euro) registrano incassi molto inferiori, per minore densità di controlli o difficoltà nella riscossione.

Le polemiche nascono soprattutto in provincia, dove ci sono casi abnormi di Comuni che sono veri e propri «multifici», grazie ad autovelox che sembrano tarati per coprire i buchi di bilancio grazie agli automobilisti, meglio se non del posto. Si capisce quindi perché in questo quadro gli autovelox, e in Italia ce ne sono circa 8.000, siano poco popolari pur in un Paese con un tasso di 52 morti incidenti stradali per milione di abitanti, uno dei più alti dell’Unione europea, contro i 22 della Svezia, i 33 della Germania, i 36 della Spagna e i 46 della Francia. E uscendo dall’UE il confronto è anche con i 27 della Svizzera (dati 2023), che sulle strade è quindi uno dei paesi più sicuri del mondo. Insomma, di autovelox omologati e di controlli c’è bisogno, con buona pace dei giustizieri (tipo il mitologico Fleximan, distruttore degli autovelox della provincia di Rovigo) che come al solito crescono quando la legge non viene fatta rispettare.

«La nostra raccomandazione agli automobilisti svizzeri all’estero, e in particolare in Italia, è sempre la stessa: rispettare le leggi locali, senza fare i furbi». Laurent Pignot, portavoce del Touring Club svizzero, anche dopo la sentenza antiautovelox non cambia la linea del TCS per quanto riguarda le multe stradali, generatrici del luogo comune che gli svizzeri in Italia guidino in un modo poco svizzero perché tanto le multe non le pagano. È davvero così? La leggenda dice che in passato gli autovelox italiani non fotografassero le targhe svizzere. Ma è nata per colpa dei primi autovelox, che spesso non scattavano foto nitide. Gli autovelox di oggi non fanno distinzioni, lo svizzero che pensa di essere «immune» dalla foto è in errore. Dal 2018, dopo l’accordo di cooperazione con l’UE, le multe per violazioni del codice della strada possono essere inviate in Svizzera. La realtà è però che gran parte delle multe tuttora non venga pagata: esempio interessante per i ticinesi è quello di Como, che riesce a riscuotere soltanto il 15% delle multe date a veicoli con targa svizzera. In ogni caso pensare che la legge non esista espone a rischi, come ricorda Pignot: «Non si può andare all’estero, dimenticarsi di come si guida in Svizzera e pensare comunque di sfangarla. Tanti problemi nascono da questo atteggiamento sbagliato». Perché se la riscossione a distanza è un problema, il sequestro del veicolo nel caso si abbia l’idea di varcare di nuovo la frontiera è senz’altro più facile e doloroso. I consigli del TCS non cambiano quindi per una sentenza che fra l’altro si presta a interpretazioni: «Non diciamo che le multe italiane siano sempre giuste. Prima di pagare bisogna controllare la coerenza con l’effettiva infrazione e pagare nei termini previsti».