E nella Bielorussia di Lukashenko cosa sta succedendo?

Tanto parlare di Russia e Ucraina, ma cosa sta succedendo nella «vicina di casa», la Bielorussia? Proprio nella giornata di domenica 27 febbraio i cittadini sono stati chiamati a votare per un importante referendum, il cui risultato ha determinato forti ripercussioni sia per lo Stato che per la sua posizione nel conflitto russo-ucraino. Più del 65% del popolo bielorusso ha infatti votato a favore del referendum del presidente Aleksander Lukashenko. Il 67.enne, in carica dal 1994, è riuscito nel suo intento di rafforzare la propria presa sul potere, cambiando la sorte del Paese. Con questa vittoria, Lukashenko non solo ha aumentato la sua capacità decisionale in Bielorussia, ma anche apportato delle importanti modifiche all’interno dello Stato. In primo luogo, con l’approvazione del referendum è stata decretata l’immunità a vita per gli ex presidenti, con l’introduzione di un limite di due mandati presidenziali per tutti coloro che succederanno a Lukashenko. Prima che questo cambiamento avesse luogo, infatti, la Costituzione bielorussa non prevedeva alcun limite. In questo modo, quindi, qualora vincesse le elezioni nel 2025, si permetterebbe a Lukashenko di rimanere in carica fino al 2035. Ma non finisce qui. Il referendum ha portato a un’ulteriore importante modifica relativamente all’obbligo della Bielorussia di rimanere una «zona denuclearizzata». In altre parole, con questo cambiamento è stata spianata la strada verso un dispiegamento delle armi nucleari nel Paese. Come riporta il Washington Post, queste decisioni costituirebbero un preciso obiettivo strategico, volto a poter disporre di armi nucleari e a poter inviare truppe in Ucraina.
Il restante 35% della popolazione bielorussa
Tuttavia, mentre Lukashenko era impegnato a cambiare il destino della sua nazione, molti cittadini hanno colto l’occasione di protestare contro il suo governo e, in particolar modo, contro l’alleanza del Paese con la Russia, che porterebbe a un coinvolgimento diretto con la guerra in Ucraina e, inoltre, a inevitabili sanzioni da parte dell’Unione europea. «I cittadini bielorussi, in questo momento, stanno portando avanti una campagna di disobbedienza e resistenza pacifica», ha spiegato sul suo profilo Twitter Svetlana Tikhanovskaya, la candidata alle elezioni presidenziali in Bielorussia del 2020, sconfitta proprio da Lukashenko (esito elettorale non riconosciuto dai Paesi dell’Unione europea) e ora esiliata in Lituania. Nella giornata di domenica, secondo quanto indicato sul profilo Twitter di Tikhanovskaya, più di 100 mila persone hanno marciato per le strade del centro della capitale Minsk, intonando cori contro la guerra. Sempre Tikhanovskaya ha sottolineato come la Bielorussia non veda da oltre un anno proteste di massa come quella di questo fine settimana. «Non vogliamo la guerra in Ucraina, e nemmeno partecipare all’aggressione contro i nostri vicini», ha ribadito ancora una volta la donna.

Verso uno schieramento con la Russia?
Dopo l’approvazione del referendum la Bielorussia è dunque stata bersaglio delle stesse sanzioni applicate alla Federazione Russa negli scorsi giorni. Nel corso della giornata di domenica, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha infatti affermato di essere in procinto di rafforzare ulteriormente le sanzioni contro il Cremlino e «il suo collaboratore, il regime di Lukashenko». Quest’ultimo, ha spiegato Ursula von der Leyen, «è complice del feroce attacco contro l’Ucraina, e per questo sarà colpito con un nuovo pacchetto di sanzioni. Introdurremo misure restrittive contro i loro settori più importanti. Questo porterà a uno stop delle loro esportazioni di prodotti, dai combustibili minerali al tabacco, legno e legname, cemento, ferro e acciaio». Dall’altro lato, però, il presidente Lukashenko si è difeso, ribadendo come nessuna delle truppe bielorusse stia effettivamente prendendo parte all’invasione dell’Ucraina. «Non c’è un solo soldato bielorusso, non un singolo proiettile in Ucraina», ha dapprima dichiarato il presidente, salvo poi precisare che: «Se necessario, sia per la Bielorussia che per la Russia, allora ci saranno». Il presidente ucraino Zelensky, poi, si è rivolto direttamente al popolo bielorusso: «Voi non siete dalla nostra parte. Dal vostro territorio, le truppe della Federazione Russa stanno inviando razzi. Dal vostro territorio, i nostri bambini vengono uccisi e le nostre case vengono distrutte». In merito al referendum di domenica, il presidente ucraino ha anche sottolineato come il voto consistesse in un referendum, de facto, per la Bielorussia stessa, che in questo modo «avrebbe deciso chi è e come sarà». Come riportato da politico.eu, la Bielorussia conta però sul denaro russo per mantenere il governo a galla, dopo che l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno colpito il Paese con le sanzioni. Anche il presidente francese, Emmanuel Macron, ha esortato Lukashenko a garantire il ritiro delle truppe russe dalla Bielorussia: «La fratellanza tra i popoli bielorusso e ucraino dovrebbe spingere la Bielorussia a rifiutare di diventare un vassallo e un complice effettivo».
Il rapporto con Putin e la Federazione Russa
Sulla carta, Russia e Bielorussia sono state unite dalla fine degli anni ’90, quando il presidente russo di allora, Boris Eltsin, si accordò con Lukashenko per formare un cosiddetto stato di unione. Si trattava di un accordo che il leader bielorusso credeva di poter dominare, dal momento che il presidente Eltsin era molto debole, colpito sia da gravi problemi di salute, che politici. Da quando Putin sostituì Eltsin al Cremlino, a fine 1999, Lukashenko venne però messo «al suo posto», chiarendo che lo stato di unione appena nato dovesse ancora essere implementato. Proprio durante un incontro avvenuto venerdì 19 febbraio tra Lukashenko e Putin, quest’ultimo avrebbe confermato che, dopo anni di ritardo, è stato finalmente compiuto «un serio progresso» nell’integrazione dei sistemi economici, politici e militari dei due Paesi. In merito allo status delle regioni ucraine di Donetsk e Lugansk, sempre Lukashenko aveva sottolineato, qualche giorno prima dell’incontro, di aver intenzione di seguire la guida della Russia. Tuttavia, come riportato dal New York Times, un potenziale sforzo del presidente bielorusso, per dimostrare anche solo un briciolo di indipendenza dalla Russia, potrebbe facilmente ritorcerglisi contro, dal momento che Putin, ormai da tempo stanco dei giochi di Lukashenko, potrebbe decidere di averne abbastanza e di trovare una figura più affidabile per sostituirlo. Secondo Pavel P. Latushko, un ex lealista di Lukashenko, ora in esilio, «Putin userà il presidente bielorusso finché sarà malleabile e svolgerà le sue funzioni di utile idiota», lasciandolo cadere «in un momento conveniente», poiché metterlo da parte aiuterebbe a radunare i bielorussi comuni dalla parte della Russia e a liberare il Cremlino dalla macchia di aver sostenuto «un dittatore profondamente impopolare». Sempre secondo Latushko, questo momento arriverà molto velocemente.