Primo piano

«E piano piano hanno cancellato la teologia della liberazione»

La testimonianza del missionario italiano don Marco Bassani a cui è stato impedito di rientrare in Brasile
Partecipanti alla Messa di domenica scorsa a margine del Sinodo sull’Amazzonia che si concluderà domani in Vaticano. Sotto: don Marco Bassani. ©Ap/Archivio CDT
Carlo Silini
26.10.2019 06:00

Incontro don Marco Bassani nel suo rifugio provvisorio a Corenno Plinio, un piccolo nucleo affacciato sul lago di Como. La sera stessa mi manda un video rubato da Youtube: si vede uno gnu addentato ad una zampa da un coccodrillo che vuole trascinarlo nel fiume per divorarlo. Una metafora della sua vita? Ecco la sua storia.

Nel video lo gnu resiste, ma il coccodrillo non molla mentre le zebre guardano la scena senza intervenire. Dopo infiniti secondi di resistenza, quando lo gnu è esausto, dal fiume arrivano due ippopotami che si avventano sul coccodrillo liberando la povera bestia. Lo gnu riesce a divincolarsi e ad andarsene zoppicando. Sarà solo un video, ma dice molto di don Marco (nella foto sotto), delle sue battaglie di prete missionario in Brasile, della sua caparbietà e degli appetiti letali di chi l’ha costretto, un paio d’anni fa, a lasciare suo malgrado il Sud America.

Mettiamo che lo gnu sia don Marco, il coccodrillo un mix di personaggi da lui conosciuti in Brasile, e le zebre gli amici che non hanno mosso un dito per aiutarlo. Di certo di ippopotami per ora non se ne vedono. Però somigliano a papa Francesco. Fuor di metafora: don Marco Bassani è andato in Brasile come missionario «fidei donum» nel 2002. I missionari fidei donum sono sacerdoti diocesani in missione a seguito di un contratto tra due Diocesi, quella che li invia dall’Europa e quella nel sud del Mondo che li riceve.

Coi contadini senza terra

Ci è andato avendo in mente l’esperienza coraggiosa di tre suoi predecessori inviati nelle stesse terre negli anni ’80 e incardinati nella Prelatura di Grajaú: Luigi Pirotta, Gianluigi Zuffellato e Claudio Zannoni. La zona è da paura. Ci vivono «contadini senza terra, pistoleiros e soggetti con pendenze giudiziarie, fazendeiros spregiudicati alla ricerca di terre a buon prezzo», come scrive don Bassani nel libro in cui si racconta, Quando il povero non deve pensare (edizioni la meridiana). Quei tre, ci spiega, si ispiravano alla Chiesa brasiliana degli anni ’70 e ’80, attenta alle magagne della gente, coinvolta nelle lotte per la conquista delle terre a favore dei contadini sem-terra, improntata al protagonismo dei laici delle CEBs (le comunità ecclesiali di base), e alla lettura popolare della Bibbia nei Gruppi biblici. La Chiesa della teologia della liberazione.

Quando arriva il suo turno, quel tipo di Chiesa sembra sparito. Entra nella parrocchia Dom Pedro (28 mila abitanti, 43 comunità di base e due chiese parrocchiali), nella Diocesi di Grajaú il 17 marzo del 2002 e ci rimane fino al 2010. Si rende conto che il clima ecclesiale è fin troppo simile a quello delle nostre chiese. «Negli anni Novanta la Chiesa brasiliana - su impulso di Roma, quando il papa era Giovanni Paolo II - aveva come cancellato l’esperienza ispirata ai tre pilastri degli anni Ottanta: i gruppi biblici, il protagonismo dei laici e la pastorale sociale. Non c’erano quasi più gruppi biblici. Non parliamo della dimensione sociopolitica, completamente scomparsa, tranne nei casi in cui era il prete a portare avanti il discorso. In conclusione: è rimasta la struttura delle comunità, un certo protagonismo dei laici, meno gruppi biblici, mentre l’interesse ai problemi sociali era scomparsa».

La legge del cocco libero

Ma lui riparte da quei tre pilastri. Lo capiscono in fretta anche i brasiliani. Già nel giugno del 2002 promuove l’«Associação das quebradeiras de coco babaçú» (Associazione delle lavoratrici del cocco babaçu) di São José dos Basilios, nata per produrre artigianalmente sottoprodotti del cocco, come l’olio da cucina, il sapone da bucato, le razioni per gli animali da cortile. È un tentativo di rompere la catena dello sfruttamento. L’associazione permette alle donne di conquistare «a Lei do coco livre» (la Legge del cocco libero); ovvero il diritto, sancito da leggi comunali, di accedere liberamente alle foreste del cocco, senza pagare balzelli a nessuno.

«Ho cercato di vivere la dimensione sociale nella struttura ordinaria della Chiesa, ci spiega, in parrocchia. Non in cammini a latere, non ho fatto il don Mazzi o il don Ciotti che creano strutture importanti, ma che alla fine giustificano il fatto che la grande massa della struttura della Chiesa non si interessa a questa dimensione. Questo ha creato disorientamenti e conflitti, soprattutto nella prima parrocchia. Il mio predecessore viveva molto bene il suo status sociale clericale di autorità, col sindaco e il giudice. Io ho preferito vivere questo ruolo da una prospettiva diversa. Non ero il sacerdote del sistema».

Quell’aiuto interessato

L’ha dimostrato molte vote, don Marco, di non essere funzionale ai poteri forti brasiliani. Basta leggere il suo libro per rendersene conto. Per esempio, nel 2006, anno elettorale in Brasile, rifiuta un importante aiuto economico da un consigliere comunale dell’opposizione. «Dovevamo lasciar “transitare” sul conto corrente dell’Associazione circa R$ 150.000,00, “donati” da un candidato all’Assemblea Legislativa del Maranhão. Quel consigliere avrebbe poi usato i soldi per “regalare” dei kit sanitari ad elettori poveri, i quali “liberamente” avrebbero potuto/dovuto votare per lui».

O quando si è messo contro Zé Martins, all’epoca l’avvocato più in vista della regione di Grajaú. «Costruiva documenti falsi per dar vita alla pratica della grilagem delle terre». La parola grilagem indica una frode, una falsificazione di documenti in vista di un’appropriazione indebita.

O, ancora, quando «insieme ad alcune fedeli, come Marcia ed Elitania ed Ana Lucia, avevamo promosso la formazione del Sindacato libero dei professori». Un processo da cui sarebbe poi scaturito il primo sciopero degli insegnanti della città di Dom Pedro.

Faceva politica? «Facevo Chiesa. In Brasile i gruppi biblici sono strutturati secondo il modello della lettura popolare della Bibbia, che fa riferimento al centro di studi biblici brasiliano. Si fa riferimento al metodo “vedere, giudicare, agire”, creato dai preti operai in Francia negli anni ‘40 e ‘50 e in parte ripreso dal Concilio Vaticano II. È lo stesso criterio che utilizza il Papa oggi. La realtà (vedere) viene riletta alla luce della parola di Dio (giudicare) per poi trasformarsi in azione concreta (agire)».

Il ragazzino avvelenato

Su questa base, assieme alla popolazione di Alto Brasil (la sua seconda parrocchia), alla fine del maggio 2014 occupa l’ufficio del sindaco di Grajaú, rivendicando il nuovo pozzo per l’acqua potabile; lo stesso anno si batte per denunciare Pedro «Gaucho», ex datore di lavoro di un ragazzino, Adoan, morto avvelenato mentre lavorava. E nell’ottobre del 2016, durante un’assemblea pubblica, si associa alla denuncia contro il sindaco Mercial Arruda accusato di appropriazione indebita di denaro riservato all’ospedale «São Francisco de Assis» di Grajaú.

C’è da stupirsi se, rientrato in Italia nel 2017 per un aggiornamento, dopo quindici anni di esperienza missionaria, le autorità religiose sia brasiliane che italiane si siano di fatto accordate per vietargli di tornare come missionario in Brasile? Mica tanto. «Lo so», ammette, «davo fastidio ai poteri mafiosi di laggiù e sono rimasto vittima di alcuni preti più o meno invidiosi o collusi con le autorità corrotte che hanno chiesto al vescovo brasiliano di non farmi più tornare. Ma da allora è cominciato per me il tempo dell’angoscia, delle domande, degli appelli e dei silenzi. La tragedia di questa vicenda è che, ciò che non sono riusciti a fare le élite corrotte mentre ero a Grajaú, l’hanno fatto poi attraverso un vescovo ed alcuni preti. Questo clericalismo autoritario fa male alla Chiesa di Grajaú ed alla Chiesa in quanto tale».

Le domande dello gnu

Oggi lo gnu è uscito dalla morsa mortale del coccodrillo, ma attende che si faccia un po’ di chiarezza, che i suoi superiori gli dicano esattamente perché non lo lasciano rientrare in Brasile. «Perché nel frattempo sono già state cancellate le principali tracce della mia esperienza missionaria. A Dom Pedro la sede diocesana della Pastorale della terra non esiste più. E le persone più impegnate nel rinnovamento diocesano hanno dovuto abbandonare il campo. Ma il dolore più grande è che qualcuno di loro sia arrivato a lasciare la stessa Chiesa cattolica».

Squilla il telefono e don Marco scatta sulla sedia: «È una donna nigeriana, suo marito è stato arrestato e ha bisogno di aiuto», mi spiega con la cornetta in mano, «domani vado a Lecco e vedo cosa posso fare». Chissà che, per tirarsi fuori dal pantano brasiliano, non riesca a replicare in Italia lo schema «vedere, giudicare, agire».