La rivoluzione

«Ecco come i vaccini potranno curare i tumori»

Andrea Alimonti, ricercatore allo IOR di Bellinzona, sui recenti progressi nel campo della tecnologia a mRNA
Andrea Alimonti, medico ricercatore presso lo IOR di Bellinzona. © Ti-Press / Pablo Gianinazzi
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
23.04.2023 12:00

L’annuncio di Moderna ha fatto il giro del mondo. Entro il 2030 saranno disponibili i primi vaccini contro cancro e infarto. Andrea Alimonti, direttore del Laboratorio di oncologia molecolare dell’Istituto di ricerca oncologica (IOR) di Bellinzona, riconosce l’importanza della «scoperta», ma chiarisce subito. «Stiamo parlando di vaccini terapeutici e non preventivi».

Una differenza, pare di capire importante. Perché un vaccino di norma permette a un organismo di sviluppare difese immunitarie contro un virus. Lo si è visto ad esempio con il vaccino contro il COVID.
«Sì, e la cosa curiosa è che l’idea di un vaccino a mRNA contro il cancro nasce da un’intuizione di Uğur Sahin, oncologo tedesco di origine turca diventato molto famoso soprattutto per aver creato il primo vaccino contro il COVID che noi tutti conosciamo come vaccino Pfizer. Prima del COVID Sahin aveva iniziato la sua attività di ricerca proprio cercando di sviluppare vaccini terapeutici contro il cancro».

Quindi i vaccini contro il cancro funzioneranno come quelli contro i virus?
«Parlando di vaccini terapeutici e non preventivi stiamo parlando di vaccini creati per stimolare una risposta immunitaria contro un bersaglio ben preciso o meglio contro una serie di bersagli».

Quindi come si comportano questi vaccini?
«I vaccini terapeutici in particolare cercano di scatenare il sistema immunitario contro una o più proteine specifiche (antigeni tumorali) presenti sulla cellula cancerosa e assente invece nelle cellule sane. In questo modo si riduce di molto un eventuale tossicità».

Ma come è nata nel concreto l’idea di un vaccino contro il cancro
«L’intuizione di Sahin e poi ripresa da alteri fra cui Moderna nasce dall’aver compreso che invece di utilizzare un solo antigene è possibile identificarne e utilizzarne molti allo stesso tempo. Come sapete le cellule tumorali accumulano alterazioni genetiche che portano alla produzione di proteine mutate (non normalmente presenti nelle cellule sane)».

Quindi si scatena una risposta contro queste proteine?
«No, non tutte queste proteine mutate possono attivare una risposta immunitaria. Grazie alle moderne tecnologie e alla bioinformatica è stato possibile capire meglio quali proteine mutate hanno la capacità di attivare la risposta immunitaria. Ma c’è stata anche un’altra intuizione».

In teoria un approccio di questo tipo potrebbe essere di fatto applicato a tutti i tumori o alla maggior parte

Quale?
«La seconda intuizione è stata quella di utilizzare dei vettori a mRNA per produrre allo stesso tempo differenti proteine mutate in modo da aumentare la possibilità che almeno una di questa venga riconosciuta e attivi la risposta immunitaria».

Quindi cosa dobbiamo aspettarci in futuro?
«In teoria un approccio di questo tipo potrebbe essere di fatto applicato a tutti i tumori o alla maggior parte. Al momento dati positivi sono stati riportati da Moderna e Biointec su melanoma e pancreas, ma in altri casi come nel tumore del colon l’efficacia di questi vaccini è risultata limitata».

Quali sono le principali ostacoli che dovranno essere superati?
«Per funzionare ogni vaccino deve essere prodotto «on demand» studiando il profilo genetico di ogni tumore dei pazienti trattati. Una volta identificato il profilo antigenico del tumore si crea un vettore a mRNA che codifica fino a 20 antigeni tumorali paziente specifico. Ma ci sono anche altri problemi».

Prego.
«Il primo problema è che spesso le predizioni di quali geni mutati possono essere antigenici o scatenare la risposta immunitaria spesso non sono semplici».

Il secondo ostacolo?
«Il secondo problema è che esistono diversi meccanismi del sistema immunitario che sopprime una risposta dei linfociti T che aggrediscono il tumore. Questi due problemi hanno reso inefficaci per tanto tempo questo nuovo tipo di approccio».

Per esempio sia i neutrofili che i macrofagi che sono molto abbondanti nei tumori possono bloccare la funzione dei linfociti T attivati contro il tumore anche dopo l’utilizzo dei vaccini

Come mai?
«Per esempio sia i neutrofili che i macrofagi che sono molto abbondanti nei tumori possono bloccare la funzione dei linfociti T attivati contro il tumore anche dopo l’utilizzo dei vaccini. Ecco perché al momento ci si sta orientando all’utilizzo di questi vaccini in combinazione con terapie immunitarie di diverso tipo».

Si è detto che la ricerca sui vaccini terapeutici contro il cancro è in corso da diversi anni. Perché oggi si sono fatti improvvisamente passi così avanti?
«Oggi gli algoritmi di predizione sono migliorati e sono basati sul sequenziamento di migliaia di tumori. Inoltre, c’è stato un miglioramento del tipo della tecnologia basata sui vettori a mRNA mutato che consente di far esprimere diverse tipi di proteina mutata in modo molto efficiente».

Insomma siamo veramente di fronte a una nuova era nella contro il cancro.
«L’era dei vaccini a mRNA è solo agli inizi. Nel futuro sentiremo parlare sempre di più di studi clinici innovativi non solo nel cancro ma anche in altre malattie. Come detto un giorno si potrebbe addirittura arrivare a una vaccinoterapia sempre più personalizzata in tempi rapidissimi risolvendo anche dei problemi legati alla necessità di avere infrastrutture specifiche per la loro produzione».

Cosa dobbiamo invece aspettarci a breve?
«Al momento come riportato da Moderna recentemente oggi sono in corso circa 20 studi e i più promettenti sembrano associare questi tipi di vaccino a terapie immunitarie già esistenti e sul mercato, come ad esempio quella con il pembrolizumab».

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