Ecco cosa è andato «Storto» alla Torre Hadid

Mentre è ancora in corso l'intervento alla Torre Hadid di Milano, il quarto grattacielo più alto d'Italia e uno dei simboli della «capitale finanziaria», iniziano a circolare le prime ipotesi sulla causa dell'incidente.
Il grattacielo soprannominato «Lo Storto» per la sua forma caratteristica, firmato nel 2014 dall'archi-star anglo-irachena Zaha Hadid, non è un palazzo qualunque: è il quartier generale del colosso assicurativo Generali, proprietario di tutta l'area di CityLife.
Di cosa parliamo
L'insegna - che misura da sola 15 metri e porta l'altezza complessiva dell'edificio a 192 metri, il terzo più alto di Milano dopo la vicina Torre Allianz e la Torre Unicredit - è collassata su sé stessa attorno alle 6.37 di questa mattina, quando la gran parte dei quasi 2mila dipendenti che vi lavorano non erano ancora sul posto: una tempistica che ha evitato un'evacuazione «di massa» del grattacielo e dei palazzi circostanti.
Nei palazzi di CityLife lavorano nel complesso circa 10mila persone, l'accesso all'intera area è stato bloccato per tutta la mattinata dalle autorità. È stata chiusa anche la vicina fermata della M5 di piazza Tre Torri e anche il centro commerciale City Life Shopping district.
In tarda mattinata la stessa Generali ha annunciato che è stata messa «in totale sicurezza» l'area di Citylife. «L'episodio - spiega il Leone di Trieste in una nota - è stato prontamente gestito con l'immediata messa in sicurezza dell'insegna stessa, senza che si registrassero danni a persone né a strutture circostanti» scrive il gruppo in una nota. Tutto il personale del gruppo, ha precisato la nota, lavorerà da remoto fino a nuovo avviso.
Una questione di tubi
Sulle cause del cedimento i Vigili del fuoco e tecnici della compagnia stanno conducendo accertamenti: la prima ipotesi - scrive Repubblica - è che si siano spezzati dei tubi in acciaio che tenevano in piedi l'insegna, sorretta da una struttura a raggiera che parte dal centro del tetto per arrivare alle estremità.
L'insegna di Generali non è un insegna qualunque, dicevamo: non solo perché è il simbolo della prima assicurazione italiana (la quinta in Europa per quota di mercato) tra l'altro finita di recente al centro del cosiddetto «Risiko bancario» a seguito di una discussa offerta da parte di Mediobanca. Per il Ceo Philippe Donnet il crollo odierno è senz'altro un danno anzitutto d'immagine, dunque, in un momento di per sé già delicato.
L'insegna delle polemiche
Il «cappello rosso» di Generali - «the red hat» per gli appassionati del genere - si distingue da sempre per essere un'insegna ambiziosa: è più grande di City Life, quasi a ricordare chi è il padrone di casa, e ha la particolarità di occupare in lunghezza l'interno perimetro dell'edificio (140 metri) con un distacco di diversi metri dal tetto, ricorda il sito Grattacielimilano.it. La struttura in acciaio che la sostiene, a raggiera, si era fatta notare fin dal momento dell'inaugurazione e non ha mancato di attirare polemiche fin dall'inizio.
All'epoca si parlò di «un coro di critiche e polemiche» e di «un pugno in un occhio». I più critici - ricorda il sito specializzato in cronaca urbanistica, un genere di nicchia abbastanza diffuso a Milano - lamentano il fatto che «interrompe» la fluidità progettuale dell’edificio«. Eventuali rischi legati alla stabilità erano sfuggiti, tuttavia, anche ai più scettici. E probabilmente anche all'azienda committente, che ora si ritrova a gestirne le conseguenze d'immagine che - per una compagnia d'assicurazione - non sono indifferenti. L'ironia sui social naturalmente si spreca.