Ecco la rivincita dei rustici, dal «manifesto» alla realtà
I rustici si prendono la loro rivincita. L’ultima è quella del Piaröi - un monte sopra Giumaglio, frazione del Comune di Maggia -, dove i lavori di ripristino della prima cascina si sono conclusi proprio qualche giorno fa. Un progetto di recupero per un’area che rischiava di cadere in uno stato di abbandono. «Se questa struttura fosse crollata, non sarebbe stato possibile farci nulla e addio alla valorizzazione», dice Giacomo Garzoli, avvocato e presidente dell’Ente regionale per lo sviluppo Locarno e Vallemaggia. Il traguardo è tale che sabato 16 novembre, alle 17.30 nella sala comunale a Giumaglio, l’associazione che ha raccolto i fondi e avviato i lavori, «Per Giümai», terrà un evento con tanto di presentazioni arricchite da fotografie e commenti.
Gli sforzi danno i primi frutti
Una serata nella quale si ripercorreranno le tappe che hanno portato alla conclusione del restauro del primo rudere, fra l’altro un primo passo di un percorso che si svilupperà su più anni.
L’opera è stata (e lo sarà anche in futuro) seguita e sostenuta proprio dall’Ente regionale di sviluppo e sembra essere l’ultimo frutto del «manifesto» per promuovere, sensibilizzare e incentivare il restauro e la valorizzazione dei rustici in Ticino. Il documento, pubblicato sul sito dell’ente, era stato elaborato nel 2022 in collaborazione con le quattro «antenne» (Vallemaggia, Verzasca, Gambarogno e Centovalli-Onsernone-Pedemonte) e contiene una serie di consigli da seguire, soprattutto indirizzati ai proprietari degli immobili a rischio abbandono, «affinché - si legge - la montagna possa avere ancora un futuro». «Il manifesto rustici - riprende ancora Garzoli - è stata un’operazione per creare una comunione d’intenti. Abbiamo cercato di estendere il discorso a tutto il Cantone, perché tutte le regioni periferiche hanno dei rustici».
Verso la Via Alta
Il 49.enne evidenzia come l’idea alla base non fosse stata quella di far passare la solita rivendicazione verso l’“inflessibile Berna”, ma «dimostrare che c’è la necessità di recuperare un patrimonio del nostro territorio. Bisognava anche sottolineare i bellissimi progetti realizzati nella Svizzera italiana, che dimostrano come si possa restaurare secondo criteri che ne salvaguardano l’aspetto e il valore tradizionale». Era necessario trasmettere un messaggio: «Salvare il nostro patrimonio, promuovendo la presenza umana sul nostro territorio».
Il nostro interlocutore riavvolge ancora il nastro del tempo là dove tutto era iniziato, con il restauro di un Corte dell’Alpe Spluga «che sarebbe poi stato messo a disposizione come capanna sulla tratta della Via Alta». È infatti con questo nome che gli appassionati di escursioni riconoscono il percorso che si sviluppa lungo 200 chilometri in 19 tappe, alternando sentieri bianco-rossi e tracce alpine bianco-blu, tra paesaggi prealpini che si affacciano sul Lago Maggiore e quelli alpini sulle pendici del Basodino, con due varianti nella parte nord.
Una funzione turistica
«Subito dopo, a Maggia, abbiamo avuto un’iniziativa simile, con la messa a disposizione dell’ultimo Corte, all’Alpe Masnée, anche in quel caso sotto forma di capanna sulla tratta della Via Alta. Queste capanne hanno anche una funzione turistica, perché le persone ci passano, dormono e pagano il loro soggiorno».
Attorno alla «spina dorsale» della Via Alta, insomma, si sviluppando progetti legati a monti più in basso, spesso vicini ai sentieri “collettori” che portano al «grande percorso» che si dipana lungo il distretto.
Finanze a carico dei promotori
«L’Ente regionale si occupa costantemente di questi progetti, tramite le sue antenne come quella della Vallemaggia e, in questo caso, quella della Verzasca. Anche se non siamo sempre direttamente competenti noi come ente centrale, ma abbiamo le antenne sul territorio che seguono questi progetti».
Garzoli ricorda come l’aspetto finanziario sia a carico dei promotori delle varie iniziative: «Decidono quale strategia adottare, ma c’è sempre una parte di finanziamento che arriva, non enorme ma comunque utile per iniziare, che non va sull’acquisto ma sul progetto di recupero. Ci sono poi altre raccolte fondi tra privati e fondazioni. Ce ne sono molte, in Svizzera, che si occupano del recupero del territorio, come ad esempio il fondo patriziale».
Garzoli afferma di conoscere bene il monte Piaröi, «l’avevo visto prima di questo cantiere, ma non l’ho ancora visto adesso, dato che la prima fase è appena terminata. Sono costantemente informato, ma appunto non l’ho ancora visitato. Lo farò presto, ci andrò il prima possibile».