Accordo fra Paesi produttori, petrolio ai massimi da 8 mesi

I prezzi del greggio hanno toccato il massimo degli ultimi 8 mesi dopo l’accordo raggiunto dall’OPEC+, cioè l’organizzazione dei produttori allargata ai nuovi alleati, Russia in testa, dopo quattro giorni di trattative serrate che hanno visto anche posizioni divergenti.
Ieri in serata il Brent londinese quotava al di sopra dei 49 dollari al barile, segnando ancora -25,45% da inizio anno ma in risalita dai minimi di 19,30 dollari dello scorso aprile. Il WTI americano quotava intorno ai 46 dollari (-24,40% da inizio anno).
Raggiunto un compromesso
L’intesa raggiunta dai produttori rappresenta un compromesso all’insegna del pragmatismo e della flessibilità: prevede infatti di mantenere i livelli attuali di offerta per i prossimi 3 mesi e di aumentarli di 500.000 barili giornalieri a partire dal prossimo gennaio. Ciò rappresenta un allentamento nei tagli dagli attuali 7,7 milioni di barili (l’8% della fornitura globale) a 7,2 milioni di barili giornalieri, in previsione di un andamento favorevole della domanda nel corso del 2021, grazie soprattutto agli sviluppi dei vaccini Covid-19.
In realtà alcuni prevedevano il mantenimento integrale dei tagli attuali fino a primavera, mentre altri pensavano ad incrementi di offerta più massicci, pari addirittura a 2 milioni di barili giornalieri.
Nel suo comunicato finale l’OPEC+ indica di voler tenere riunioni mensili, a partire dal prossimo mese «allo scopo di valutare le condizioni del mercato e decidere ulteriori aggiustamenti della produzione per il mese successivo, ma comunque non superiori a 0,5 milioni di barili giornalieri».
La strategia sarebbe quella di riportare il surplus di offerta intorno alla media degli ultimi 5 anni. A sostenere i prezzi è anche la speranza dell’approvazione da parte del Congresso di Washington di un nuovo pacchetto di sostegno fiscale nei prossimi giorni.
Tendenze opposte
La riunione OPEC+ non è stata facile. Il mercato si trova confrontato con due tendenze opposte: da un lato la buona ripresa della domanda asiatica, guidata dalla Cina, e dall’altro il quadro ancora depresso in cui versano Europa e Stati Uniti, con una domanda debole, che potrebbe riprendersi a partire da febbraio e la cui curva potrebbe raggiungere una situazione di normalità solo nel terzo trimestre 2021. A pesare sono poi fattori geopolitici, come la situazione iraniana, l’evoluzione dell’offerta di Paesi quale Iraq e Libia, ed altro ancora.
Il compromesso raggiunto deve realizzare un equilibrio fra prezzi sufficientemente elevati per sostenere i budget dei Paesi produttori (tenuto conto che essi hanno costi notevolmente diversi e diverse esigenze di finanziamento), ma non talmente elevati da favorire i rivali dello shale oil USA. Ricordiamo che le condizioni finanziarie della Russia possono tollerare prezzi più bassi rispetto all’Arabia Saudita. Dal canto suo il fracking americano versa in condizioni finanziarie difficili, ha aspetti tecnici meno favorevoli rispetto ai pozzi tradizionali, è inviso ad ecologisti, a molti politici democratici, e può accrescere la produzione solo oltre la soglia dei 50 dollari al barile.
Il previsto programma di riunioni mensili «di aggiustamento» è visto positivamente dagli analisti e dagli operatori, in quanto l’evoluzione della pandemia, del suo influsso su consumi e trasporti, è incerto e difficile da prevedere. Considerato che l’eccesso di offerta rispetto alla domanda è al momento del 7,5%, un rischio al ribasso esiste, ma la consapevolezza dell’OPEC+ nei confronti di tale fluidità del mercato appare comunque significativa. Va notato come gli investimenti in ricerca ed impiantistica siano crollati nel corso degli ultimi anni e ciò potrebbe contribuire a sostenere ulteriormente i prezzi petroliferi una volta che la domanda imboccasse decisamente la via della ripresa.
Un 2020 difficile
Anche azioni, ETF ed altri strumenti legati al settore petrolifero, dopo un 2020 nell’insieme difficile, fra lockdown, restrizioni ai viaggi e frenate dell’economia, hanno ritrovato vitalità, ed ora ci si chiede se le speranze legate ai vaccini porteranno ad un deciso rimbalzo nel 2021, dopo il parziale recupero segnato negli ultimi mesi. Le situazioni sono diverse a seconda del settore specifico di riferimento, dal greggio in quanto commodity alla produzione, dalla prospezione ai servizi petroliferi. A breve-medio ci si può attendere una certa volatilità.