Finanza

«Alzare ora i tassi d’interesse avrebbe effetti dirompenti»

Per Antonio Foglia della Ceresio Investors il franco si rafforza perché viene acquistato dagli stessi svizzeri e degli Stati canaglia - Aumentare il costo del denaro scatenerebbe la febbre degli speculatori con danni per l’economia
Da sinistra Antonio Foglia, membro del CdA, l’economista Chiara Casale, e il direttore generale Gabriele Corte. ©CdT/Zocchetti
Erica Lanzi
30.01.2020 06:00

Da un paio d’anni ormai il franco prosegue il suo trend di rafforzamento contro l’euro. Spesso gli analisti giustificano i movimenti della valuta elvetica con la sua qualità di «bene rifugio» di fronte ai rischi geopolitici tanto temuti dai mercati. Secondo Antonio Foglia, azionista e membro del CdA della Ceresio Investors di Lugano, il fenomeno ha invece radici completamente diverse ed è destinato a proseguire.

«Sono gli stessi svizzeri a comprare i franchi, assieme agli Stati canaglia, che acquistano la moneta elvetica per diversificare le loro riserve in euro o dollari, soggette ad eventuali sanzioni dagli USA o dall’UE», ha spiegato ieri in una conferenza a Lugano, illustrando alcuni ‘macro-pensieri controcorrente’ , come lui stesso li ha definiti. «In particolare gli acquisti vengono effettuati dagli investitori istituzionali svizzeri come i fondi pensione che vogliono comprirsi dal rischio di cambio». Infatti la Svizzera, dato che esporta molto, ha un forte surplus della bilancia delle partite correnti e quindi non può che investire una buona parte dei propri risparmi fuori dalla Svizzera. Ma i fondi pensione, su 1.110 miliardi di attivi stimati nel 2019, ne hanno investito la metà in titoli esteri, acquistando poi franchi per coprire il rischio di cambio per almeno due terzi. «Di questo meccanismo se ne è accorta anche la BNS, che infatti dopo anni, dal 2018 ha diminuito i suoi interventi di vendita di franchi», ha continuato Foglia. Da una parte la colpa è della politica dei tassi negativi «che si è rivelata controproducente perchè abbatte la propensione al rischio spingendo i fondi pensioni a coprirsi dal rischio valutario. Dall’altra aumentare ora il costo del denaro sarebbe come sventolare un drappo rosso davanti agli appetiti della speculazione, con il rischio di far salire l’attrattività del franco per gli investitori stranieri e di scatenare effetti dirompenti per l’economia». Una soluzione sarebbe quella di lasciare apprezzare il franco fino alla parità con l’euro, così da indurre i fondi pensione ad assumersi il rischio valutario di altre monete.

I problemi dell’Eurozona

Anche la BCE è alle prese con alcune problematiche dell’euro, che è stato ideato come una via di mezzo tra il sistema del gold standard e della fiat currency. «L’Eurozona manca ancora di un modello funzionante che includa un’unione bancaria e un’unione dei trasferimenti per coinvogliare finanziamenti privati e pubblici. Finora è intervenuta la BCE in caso di crisi, ma la frammentazione del sistema bancario europeo continua a minare l’integrità del mercato comune». Ad esempio le singole banche centrali da una parte continuano a svolgere funzioni che spetterebbero alla BCE, e dall’altra impediscono alle banche commerciale di diversificare il rischio Paese sulla loro liquidità. Secondo Foglia bisognerebbe spezzare questo legame tra le banche e gli Stati nazionali, in modo da incentivare i singoli istituti a diversificare la raccolta e gli investimenti dei fondi nei vari Paesi.

Il riordino del sistema bancario dovrebbe aiutare a risolvere anche il problema del debito pubblico, rendendo possibile una sua mutualizzazione. «Questo concetto ancora spaventa le autorità politiche ed economiche europee, ma in realtà è già stata utilizzato dai tedeschi durante la crisi del debito». La Germania infatti ha mutualizzato il suo problema dei crediti verso i Paesi della Periferia (PIGS) tramite la BCE: con il sistema Target 2 (che regola i flussi di denaro nell’Eurozona) Francoforte ha fornito la liquidità necessaria alle banche spagnole per ripagare quelle tedesche, evitando quindi una possibile crisi finanziaria in Germania. «Berlino però non ha ridotto i surplus commerciali con i Paesi di cui è creditrice come sarebbe stato auspicabile, non dovrebbe quindi opporsi alla mutualizzazione del debito nell’Eurozona dopo averne lei stesso beneficiato».

Più fragili con troppe regole

Quello dell’Eurozona è solo uno di tanti esempi di governance poco adeguata. «Il mondo è un sistema dinamico complesso, le cui reazioni a certi input sono poco prevedibili. Dieci anni dopo la crisi finanziaria, provocata da errori di regolamentazione delle banche, non sono ancora risolti. Anzi al contrario, il mercato monetario è frammentato e alcuni shock che si sono già visti sul tasso repo che sostituirà il Libor dimostrano che i regolatori non hanno ancora imparato la lezione: un sistema dinamico con troppe regole rigide diventa più fragile, non più forte».

Un trasloco in primavera

Ancora novità per la Ceresio Investors. Dopo il rebranding del gruppo avvenuto nel 2019, in primavera la sede di Lugano cambierà indirizzo. Gli uffici traslocheranno da via Pretorio a via della Posta, nello stabile che fino a dicembre è stato occupato dalla società di consulenza PWC. Come ci spiega Gabriele Corte, membro della direzione generale, «in via Pretorio non ci stavamo più. Inoltre la nuova sede offre il vantaggio di ampi spazi pubblici dedicati alla clientela». Il trasloco è previsto tra la fine di marzo e l’inizio di aprile.