Politica monetaria

BCE, ulteriore giro di vite, ma ora potrebbe fermarsi

L’istituto di emissione europeo ha deciso di alzare di ulteriori 25 punti i suoi tassi di riferimento e rivede, al ribasso, le proiezioni per la crescita nella zona euro - La settimana prossima si prevede un ritocco anche da parte della BNS, che potrebbe essere l’ultimo del suo ciclo
Il Consiglio direttivo presieduto da Christine Lagarde è «determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2%». © Reuters
Dimitri Loringett
14.09.2023 20:30

La Banca centrale europea (BCE) ha deciso di alzare i tassi d’interesse (il decimo consecutivo) di un quarto di punto percentuale, portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 4,50%, quello sui depositi al 4%, e quello sui prestiti marginali al 4,75%.

«L’inflazione continua a diminuire, ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato», ha affermato la BCE in un comunicato. «Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine e ritiene che i tassi abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo. Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di interesse di riferimento della BCE siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario».

«Credo che la BCE possa decidere di fermarsi, almeno per ora, con i rialzi», commenta a caldo l’analista e FX Strategist di EFG Bank a Lugano Alim Remtulla, che ritiene anche che nella zona euro nei prossimi mesi si dovrebbe vedere una crescita bassa, più che una fase di stagflazione.

In effetti, gli esperti della BCE «hanno rivisto significativamente al ribasso le proiezioni per la crescita economica, che nell’area dell’euro si situerebbero allo 0,7% nel 2023, all’1% nel 2024 e all’1,5% nel 2025», si legge nella nota diffusa dopo la riunione. «Le condizioni di finanziamento si sono inasprite ulteriormente e frenano in misura crescente la domanda, che rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo». Le previsioni sono così tagliate «alla luce del maggiore impatto di tale inasprimento sulla domanda interna e dell’indebolimento del contesto del commercio internazionale».

In attesa di Thomas Jordan

«In occasione di una conferenza pubblica tenutasi a Lugano, a poca distanza dalla decisione di politica monetaria del 22 giugno scorso, Thomas Jordan (presidente della direzione generale della BNS, ndr) disse che “quando si pensa di essere a uno o due passi dal punto finale del ciclo di strette monetarie è normale procedere con maggiore cautela”. L’affermazione era abbastanza insolita per il banchiere centrale svizzero. Un passo a giugno è stato fatto e quindi quello della settimana prossima potrebbe essere il secondo. E forse l’ultimo». Così la pensa GianLuigi Mandruzzato, senior economist presso EFG Asset Management a Lugano.

E sull’entità del rialzo, l’esperto e il collega Stefan Gerlach, capo economista di EFG Bank, così come il suo omologo alla banca ginevrina Mirabaud Gero Jung concordano che il ritocco sarà di un ulteriore quarto di punto percentuale, il che porterebbe il tasso guida del franco svizzero al 2%.

Ricordiamo che il ciclo di rialzi è iniziato proprio un anno fa, il 22 settembre 2022, quando la BNS alzò il tasso base di ben 75 punti, portandolo dal -0,25% al +0,50% e ponendo fine a quasi otto anni di tassi negativi. Da allora, i successivi rialzi di dicembre e marzo sono stati di 50 punti, mentre quello più recente a giugno di 25 punti.

Per quanto riguarda gli effetti del rialzo della BCE sul mercato valutario, Alim Remtulla di EFG suggerisce di «guardare piuttosto al franco svizzero che, a prescindere dal probabile rialzo del tasso base da parte della BNS la settimana prossima, resta ancora molto “attraente”». Secondo l’analista, c’è anche un diffuso sospetto fra gli operatori che la BNS stia continuando a sostenere la valuta nazionale con acquisti contro divise estere, come ha fatto finora - «sebbene moderatamente», precisa Remtulla - allo scopo anche di attenuare gli effetti dell’inflazione importata.

Lo sguardo macroeconomico

Guardando alla situazione macroeconomica, GianLuigi Mandruzzato osserva che l’inflazione in Svizzera è tornata all’interno dell’intervallo obiettivo dello 0-2% della BNS, «leggermente inferiore a quanto previsto dalla banca centrale a giugno, ma pur sempre nella fascia alta dell’intervallo».

L’esperto di EFG nota che gli annunciati aumenti dei prezzi dell’energia e l’indicizzazione degli affitti ai tassi ipotecari possano impedire un ulteriore calo dell’inflazione. «Inoltre, anche se in diminuzione, il rincaro nell’area dell’euro potrebbe estendersi alla Svizzera. Una politica monetaria più restrittiva quindi attenuerebbe questi rischi grazie a una minore domanda interna e a un franco svizzero più forte», osserva.