Dazi USA

Bene l'intesa, ora si spera in accordi «completi»

La dichiarazione d’intenti tra Stati Uniti e Gran Bretagna alimenta l’ottimismo finanziario, ma restano incognite sui tempi e sull’effettivo impatto delle politiche commerciali della Casa Bianca - C’è però attesa per i risultati del secondo trimestre quando saranno noti gli effetti delle tariffe
Dimitri Loringett
10.05.2025 06:00

La dichiarazione di intenti, annunciata giovedì di questa settimana, per lavorare a migliori relazioni commerciali tra Stati Uniti e Regno Unito, ha rafforzato il vento di ottimismo che da qualche settimana sta soffiando sui mercati finanziari. Gli indici di riferimento sulle due sponde dell’Atlantico - lo S&P 500 statunitense e lo Stoxx 600 europeo - sono infatti tornati ai livelli pre-2 aprile («Liberation Day»), benché il primo resti sotto del 3% circa rispetto a inizio anno, mentre il secondo segna un incoraggiante +6%.

Quello fra USA e UK non è ancora un vero e proprio accordo, beninteso, ma funge da apripista per altre simili discussioni, a partire da quella tra Pechino e Washington che si svolgerà tra oggi e domani a Ginevra. A ogni modo, anche se sembra che Washington intenda comunque imporre un dazio base generalizzato del 10% sulle importazioni da tutti i Paesi verso gli USA, c’è ancora un certo ottimismo sulla possibilità di eliminare molte delle tariffe «reciproche» più estreme.

Ma i dubbi restano, in particolare riguardo ai tempi di negoziazione e di attuazione di accordi commerciali. Come osserva Benjamin Melman, Global CIO di Edmond de Rothschild Asset Management (France), si stima generalmente che la rielaborazione di un trattato commerciale richieda almeno 18 mesi. «È improbabile che l’Amministrazione Trump riesca a completare i colloqui commerciali con i 14 partner principali in soli 3 mesi, figuriamoci con tutti gli altri», sostiene l’esperto. «Inoltre - aggiunge - con la Cina, che ha optato per una dimostrazione di forza, concludere le principali questioni commerciali entro il 4 luglio sembra un obiettivo ambizioso».

Utili trimestrali solidi, per ora

A rincuorare gli investitori è la «stagione» dei risultati societari trimestrali che, al contrario della primavera meteorologica, è iniziata bene, con oltre tre quarti delle società negli Stati Uniti e la metà in Europa che hanno finora pubblicato i propri dati. In questa fase, scrivono in una nota gli analisti di Edmond de Rothschild Asset Management, «si conferma il previsto rallentamento della crescita degli utili nel 2025, soprattutto negli Stati Uniti, con una crescita media dell’8% rispetto al 12% previsto all’inizio dell’anno e del 4% rispetto all’8% previsto in Europa». Ciononostante, i risultati pubblicati in questo periodo dell’anno «sono relativamente solidi, con quasi l’80% delle società che hanno superato le attese per il primo trimestre 2025 negli Stati Uniti e oltre il 60% in Europa, rispetto alle medie storiche del 69% e del 55%».

Tuttavia, puntualizzano, «occorre mitigare gli eccessi di ottimismo, dato che i risultati del primo trimestre sono stati raggiunti prima del "Liberation Day" e, dunque, delle successive ripercussioni sul commercio internazionale. Le imprese, in particolare negli Stati Uniti, hanno infatti accumulato grandi scorte durante i primi mesi dell’anno grazie alle massicce importazioni effettuate prima dell’annuncio del 2 aprile sui dazi “reciproci”».

Insomma, si dovrà attendere la pubblicazione dei risultati del secondo trimestre per conoscere l’entità dell’impatto delle politiche commerciali americane sulle imprese. E, di riflesso, sui valori borsistici. In questo contesto, osserva ancora Benjamin Melman, «il rischio ci appare asimmetrico: gli investitori stanno gradualmente posizionando i loro portafogli sulla base di una nuova e più favorevole sequenza di eventi - che potrebbero non svolgersi secondo i piani dell’Amministrazione Trump e avere impatti che non abbiamo pienamente misurato. Pertanto, preferiamo ridurre la nostra esposizione alle azioni statunitensi, un adeguamento che ha portato a una modesta sottoponderazione azionaria».