L'analisi

BNS, quella pausa nel ciclo di rialzi

Contrariamente alle attese, la Banca nazionale svizzera fa come la Federal Reserve e rinuncia per ora ad aumentare i tassi d’interesse – La strada scelta per attenuare il rincaro è quella di vendere le riserve in divisa estera per mantenere alto il valore del franco
Thomas Jordan. © KEYSTONE / MICHAEL BUHOLZER
Dimitri Loringett
21.09.2023 19:30

Contro (quasi) ogni pronostico, la Banca nazionale svizzera (BNS) ha deciso di prendersi una pausa di riflessione - o meglio, «di osservazione» - e di mantenere invariato il suo tasso guida all’1,75%. Tuttavia, l’istituto di emissione guidato da Thomas Jordan non esclude ulteriori interventi in futuro, lasciando quindi intendere che il ciclo di strette monetarie non sia concluso e che l’obiettivo primario della BNS di mantenere l’inflazione nell’area di stabilità dei prezzi, ovvero nella fascia 0-2%, non sia ancora raggiunto completamente.

«Osserveremo attentamente l’evoluzione dell’inflazione nei prossimi mesi», ha ribadito il presidente della direzione generale della BNS Thomas Jordan in occasione della pubblicazione, ieri, dell’esame trimestrale della situazione economica e monetaria. «Al fine di assicurare condizioni monetarie adeguate, affermiamo anche la nostra disponibilità ad agire all’occorrenza sul mercato dei cambi. Nel contesto attuale sono le vendite di valuta estera ad avere preminenza».

Durante i mesi estivi l’inflazione è ulteriormente diminuita, collocandosi in agosto all’1,6%, «grazie soprattutto al minor rincaro dei beni e servizi importati - ha evidenziato il presidente della BNS - . «Per i prossimi mesi vi è da attendersi che l’inflazione aumenti di nuovo leggermente a causa di un rialzo dei canoni di affitto e dei prezzi energetici (i cosiddetti second-round effects, ndr), ma la pressione inflazionistica di fondo è leggermente calata in Svizzera». Complessivamente nel terzo trimestre la BNS prevede che l’inflazione dovrebbe attestarsi all’1,7%, e nel quarto al 2,0%. Per l’intero anno - così come per il prossimo - il rincaro è però sempre atteso al 2,2%, quindi al di sopra dell’obiettivo tra lo 0 e il 2%. Per il 2025 è stata invece rivista al ribasso dal 2,1% indicato a giugno all’1,9%, rientrando di misura nell’area di stabilità dei prezzi. «Ciò per effetto del rallentamento congiunturale e di una lieve contrazione dellapressione inflazionistica proveniente dall’estero», ha spiegato Jordan.

Per GianLuigi Mandruzzato, senior economist presso EFG Asset Management a Lugano, la decisione della BNS è «una sorpresa “dovish” che probabilmente riflette un’accresciuta preoccupazione per la crescita del PIL, non da ultimo dovuta agli effetti delle passate strette di politica monetaria. Nel complesso la decisione può essere definita una pausa da “falco” e sembra adeguata alle prospettive macroeconomiche della Svizzera».

Lo sguardo sulla crescita

L’istituto di emissione ha anche confermato le sue previsioni precedenti sull’andamento del Prodotto interno lordo (PIL), il quale dovrebbe salire «di circa l’1,0%» quest’anno. Dopo aver ristagnato nel secondo trimestre, nella seconda metà dell’anno la crescita elvetica rimarrà probabilmente debole. Ad avere un effetto frenante, ha spiegato Jordan, sono la domanda estera contenuta, le perdite di potere d’acquisto dovute all’inflazione e le condizioni di finanziamento più restrittive.

In questo contesto la disoccupazione registrerà presumibilmente ancora un lieve incremento e il grado di utilizzo delle capacità produttive dovrebbe diminuire leggermente. Infine, la BNS constata che nel mercato ipotecario e immobiliare la dinamica è calata sensibilmente negli ultimi trimestri, tuttavia permangono le vulnerabilità.

Più liquidità contro le crisi

La BNS oggi ha anche comunicato di voler ampliare le proprie possibilità per fornire liquidità alle banche: in futuro, in caso di necessità, essa potrà concedere prestiti a fronte di garanzie ipotecarie a tutti gli istituti in Svizzera che abbiano completato i lavori preparatori, analogamente a quanto accadeva già per quelli di rilevanza sistemica.

«Gli avvenimenti di alcuni mesi fa relativi al settore bancario statunitense e a Credit Suisse hanno messo di nuovo in evidenza quanto sia importante per le banche approvvigionarsi di liquidità», ha affermato il vicepresidente della BNS Martin Schlegel.

Indipendentemente dalla loro dimensione, le banche «possono trovarsi in situazioni in cui necessitano molto rapidamente di mezzi liquidi in grande quantità. Tale fabbisogno può essere dovuto a una situazione di incertezza nel settore bancario, ma anche a un evento specifico che colpisce un singolo istituto, come un attacco informatico, ha ricordato Schlegel.

Avviata nel 2019, l’iniziativa della BNS è entrata lo scorso anno nella sua fase di attuazione tramite un progetto pilota, e alla fine del luglio scorso l’istituto ha informato tutte le banche al riguardo. L’iniziativa, ha ancora illustrato il vicepresidente, è incentrata sui prestiti ipotecari poiché questi rappresentano le posizioni di bilancio illiquide di gran lunga più significative nel sistema bancario, concorrendo per circa l’85% al volume del credito sul mercato interno.

Affinché una banca possa costituire tali prestiti in garanzia per l’ottenimento di liquidità, deve assicurarne il trasferimento alla BNS adottando a tal fine una serie di misure preparatorie sul piano giuridico e operativo. A questo scopo la Banca nazionale ha sviluppato un processo digitale in collaborazione con SIX Terravis.

Preferire l'intervento sui mercati delle divise è uno strumento particolarmente appropriato per una piccola economia aperta come la Svizzera, sensibile ai prezzi delle importazioni e, di conseguenza, alla forza della sua valuta
Alim Remtulla, Chief FX Strategist presso EFG Bank

Gli indici PMI in Europa determinanti per l’euro

La volontà della BNS, almeno in questa fase, di preferire l’intervento sui mercati delle divise (vendendo valute estere e acquistando franchi) anziché sul tasso d’interesse - una modalità che ha finora contribuito a tenere a bada le spinte inflazionistiche «d’importazione» - è «uno strumento particolarmente appropriato per una piccola economia aperta come la Svizzera, sensibile ai prezzi delle importazioni e, di conseguenza, alla forza della sua valuta», osserva Alim Remtulla, Chief FX Strategist presso EFG Bank a Lugano.

Il rischio che il franco si sopravvaluti troppo preoccupa diversi ambienti economici a cominciare dall’Unione sindacale svizzera (USS) che considera il tasso di cambio «equo» euro-franco attorno a 1,10-1,20 (attualmente è a 0,9650).

L’analista di EFG Bank ci invita tuttavia a tener d’occhio i prossimi rilevamenti PMI (Purchasing Managers’ Index): «Nel breve termine, le indicazioni fornite dai responsabili degli acquisti nelle aziende determineranno la direzione del cambio euro-franco. Indici deboli in Europa spingeranno l’euro al ribasso e confermeranno le preoccupazioni per la crescita manifestate dalle banche centrali nell’ultima settimana. Nella remota possibilità, invece, che questi indici forniranno indicazioni di “espansione”, sarà legittimata la strategia della BCE (di alzare i tassi, ndr) e il cambio euro-franco potrebbe apprezzarsi prima che la BNS intervenga». Remtulla aggiunge, infine, che «la pausa della BoE (v. correlata, ndr) fa apparire la BCE fuori luogo, forse per aver commesso un errore di politica monetaria la scorsa settimana».

L’Inghilterra si ferma, Svezia e Norvegia no

La Bank of England (BoE) ha lasciato invariati i tassi d’interesse della sterlina al 5,25%, dopo 14 rialzi consecutivi. La decisione arriva relativamente a sorpresa rispetto alle attese di un ulteriore ritocco di un quarto di punto, analogo a quello attuato una settimana fa dalla Banca centrale europea (BCE). Lo stop - preceduto da una conferma del calo tendenziale dell’inflazione e in qualche modo preannunciato giorni fa dal governatore Andrew Bailey - era invocato da tempo da vari settori dell’economia e darà sollievo a chi è titolare di mutui.

A differenza di BCE, Fed e BNS, le banche centrali di Svezia e Norvegia hanno entrambi alzato di 25 punti base i loro rispettivi tassi direttori, al 4% e 4,25% rispettivamente, annunciando nel contempo ulteriori possibili rialzi nel corso dell’anno.