Bonus Credit Suisse, la Confederazione presenta ricorso al TF

La Confederazione contesta la decisione del Tribunale amministrativo federale (TAF) che giudica illecite la riduzione e la soppressione dei bonus di ex dirigenti di Credit Suisse. Il Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha quindi deciso di inoltrare ricorso presso il Tribunale federale (TF).
Nel quadro dell'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS nel 2023, il DFF era stato incaricato dal Consiglio federale di disporre, sulla base della legge sulle banche, misure concernenti le retribuzioni. Di conseguenza, a maggio dello stesso anno, Berna ha ordinato all'ex istituto di credito di ridurre o sopprimere i bonus ancora dovuti - le cosiddette retribuzioni variabili - a livello di gruppo ad alcuni dei suoi dirigenti.
In soldoni, si tratta di premi di prestazioni per un totale di circa 60 milioni di franchi a favore di un migliaio di ex dipendenti, tra cui anche numerosi dirigenti. I bonus dovevano essere soppressi per i dirigenti del livello più alto, ridotti del 50% per il livello immediatamente inferiore e del 25% per il livello successivo.
Alcuni di loro hanno dunque presentato un reclamo al TAF, il quale, in una sentenza pronunciata di recente, ha accolto il loro ricorso stabilendo che i bonus in questione sono da considerarsi crediti garantiti in modo vincolante dal datore di lavoro e derivanti da un contratto. Tali retribuzioni variabili sono quindi protette dalla garanzia della proprietà, sancita nella Costituzione. La Corte sangallese ha inoltre stabilito che mancano le fondamenta giuridiche necessarie per violare tale diritto. La legge sulle banche, non prevede infatti questa base.
Stando al TAF, le misure relative alle retribuzioni variabili previste dalla legge sulle banche non costituiscono una sanzione per eventuali mancanze da parte dei dipendenti della banca che ha ricevuto un sostegno statale. Pertanto, la questione della responsabilità dei manager interessati non è giuridicamente determinante. Nonostante ciò, il DFF e UBS, che ha rilevato Credit Suisse, hanno sostenuto che la riduzione e la soppressione fossero giustificate, poiché i dirigenti interessati appartenevano ai tre livelli più alti della direzione di Credit Suisse. Di conseguenza, erano responsabili della sua strategia e del suo fallimento completo.
Né il DFF né UBS sono riusciti a però a dimostrare concretamente che un solo manager in questione, tramite azioni o omissioni contrarie ai propri obblighi, avesse assunto rischi eccessivi e, per questo, fosse responsabile della situazione finanziaria di Credit Suisse.
Il DFF contesta ora la sentenza del TAF e ha deciso di sottoporre la questione alla più alta autorità giuridica elvetica, la quale dovrà pronunciarsi in ultima istanza. Nello specifico la Confederazione ritiene che i giudici di San Gallo non abbiano preso in considerazione degli aspetti essenziali nell'interpretazione delle basi legali, in particolare non tenendo conto delle circostanze straordinarie non prevedibili dal legislatore legate all'acquisizione di Credit Suisse.